Al via i seminari di formazione con le realtà produttive locali per la valorizzazione del patrimonio identitario
Ogni tema cui ci si approccia con maggior curiosità, anche quello apparentemente più scontato, apre un mondo; e così è stato con i tanti multiversi che, intrecciandosi, si sono schiusi con tutto il loro fascino durante il Seminario di formazione e standardizzazione per le tecniche di elaborazione e metodologia per la conservazione dei nuovi prodotti tenutosi all’Istituto Alberghiero Mediterraneo il 18 novembre 2021 nella sede di Maruggio.
L’evento è stato organizzato dal medesimo istituto con la collaborazione dell’U.P.I. Puglia (Unione Regionale delle Provincie Pugliesi), nell’ambito del Programma di Cooperazione Territoriale Europea, con la partecipazione dei comuni di Pulsano e Maruggio. L’Istituto Alberghiero Mediterraneo, mediante l’organizzazione di questi eventi, aprendo le porte ad alunni, genitori e addetti ai lavori, si è proposto quale concreto anello di congiunzione tra il mondo della formazione, che esso stesso rappresenta, ed il mondo imprenditoriale, specie locale, che ha portato a scuola la propria storia, le proprie innovazioni, la propria esperienza, le proprie sfide e – partecipando i ragazzi – l’ispirazione per il futuro.
Sicuramente lodevole è lo sforzo di questo Istituto – che dovrebbe aspirare a divenire uno dei fiori all’occhiello della formazione locale – di avvicinare i propri allievi al mondo del lavoro, nei settori specifici per questo indirizzo scolastico, mediante l’incontro con le realtà imprenditoriali del posto; in particolar modo con quelle che hanno puntato, facendola tornare di moda, sulla tradizione ed il ricchissimo patrimonio identitario dei prodotti locali.
La serata, introdotta dal dirigente scolastico dell’Istituto Mediterraneo, prof.ssa Bianca Maria Buccoliero, è stata moderata dalla prof.ssa Silvia Prontera la quale – dopo i saluti della prof.ssa e consigliere comunale Tiziana Destratis, in rappresentanza del comune di Maruggio e del prof. Martino Schirinzi, delegato dell’U.P.I. – ha ceduto la parola al primo relatore, prof. Francesco Desantis, docente di cucina. Questi, dividendo i prodotti alimentari in tre categorie – anonimi, pubblicizzati ma di scarsa qualità e, infine, certificati – ha evidenziato l’importanza di acquistare questi ultimi per salvaguardare la salute del consumatore e l’ambiente. Ha, inoltre, sottolineato come, seppur lentamente, si stia finalmente diffondendo la sensibilità verso i prodotti biologici.
Successivamente è intervenuto l’allevatore Mimmo Fanuli, titolare della omonima macelleria e braceria sita a Manduria, il quale si è presentato come appassionato di zootecnia (e si è visto!) e macellaio da 4 generazioni. Questi ha aperto la sua relazione con una riflessione sui livelli di eccellenza cui dovrebbe tendere un istituto alberghiero in un contesto geografico come il nostro, che vanta esuberanti potenzialità enogastronomiche e turistiche, altro che “refugium peccatorum”! Ha proseguito denunciando le differenze tra la carne che arriva dall’estero, che ha una scadenza di 4 mesi – dove vien lavata con prodotti chimici tossici – e quella italiana, sottoposta a molti più controlli e con scadenza a 30 giorni.
Approfondendo la sua disamina ha riferito come la qualità della carne dipenda da molti fattori e tra questi: la genetica, il sesso (pare che la femmina sia più buona), l’alimentazione e le condizioni di vita e il benessere degli animali; sostenendo che più è corta la filiera di produzione, maggiore è la probabilità di gustare sulla propria tavola prodotti di alta qualità. Particolarmente interessante è stata l’osservazione che lo stress subito dall’animale – anche negli ultimi attimi di vita – si ripercuote negativamente sulla qualità delle carni (in particolare sul PH), ammonendo che coloro che allevano in maniera intensiva e in spazi ristretti non possono che ricavarne un prodotto mediocre. Alternandosi col suo collaboratore Domenico Nitti, che cura i sui bovini, ha raccomandato l’importanza della tracciabilità del prodotto che si acquista, che può essere verificato – informazione utilissima per i consumatori – da chiunque mediante l’inserimento del cosiddetto codice auricolare sul portale www.vetinfo.it.
Dopodiché ha preso la parola il dr. Vincenzo Fanelli il quale, da qualche anno, ha rilevato la vetusta Centrale del Latte di Taranto – passata anch’essa attraverso le peripezie del caso Parmalat – evolvendola nella Centrale del latte di Puglia, con l’ambizioso progetto di realizzare un prodotto fresco e di nicchia, nonché rappresentativo del territorio, sempre attraverso una filiera cortissima; rivendicando una scelta in controtendenza, tra il nostalgico e il vintage, ovvero la commercializzazione in vetro, ha decantato le virtù del latte quale uno degli alimenti più completi in natura e miglior integratore alimentare per gli sportivi, grazie alle sieroproteine ed ai grassi buoni che custodisce. Sempre in linea con questi intenti, punta su imbottigliamenti in 24 ore, etichette parlanti e punti vendita di vicinato per “un prodotto a portata di click!”.
L’ultimo relatore è stato Alberto Merendino, figlio dei titolari dell’Azienda Agricola Olivaro di Maruggio, il quale, presentatosi come rappresentante della 3^ generazione di questa realtà imprenditoriale a conduzione famigliare, anch’essa a filiera cortissima, ha illustrato quanto sia importante per l’equilibrio della produzione la simbiosi – ad esempio per il ciclo dell’azoto – tra la coltivazione e l’allevamento. A differenza di chi lo ha preceduto, ha spiegato come la sua azienda valorizzi il settore ovi-caprino, meno esigente, rispetto ai bovini, in termini di risorse alimentari ed idriche – perciò più congeniale ad un territorio con scarsità d’acqua come il nostro – da cui ricava formaggi legati alle nostre tradizioni, e perciò identitari, quali il cacioricotta e il canestrato.
Sia Merendino che Fanelli, hanno condiviso la riflessione di Fanuli: “gli animali che vivono in condizione di benessere, senza stress ed in spazi ampi” – che siano destinati alla macellazione o che debbano produrre latte o suoi derivati – “danno prodotti di più alta qualità!”
L’apprezzamento e l’interesse dei presenti è stato palpabile sia per la scoperta di molte cose che non si conoscevano sia per le varie domande che sono state poste ai relatori; particolarmente “toccante” la domanda di uno di costoro che ha chiesto che fine abbia fatto il famoso “casu puntu”, bandito, ahinoi, dall’UE e a cui, cui chi scrive, si associa.
La serata, ottimamente gestita, è proseguita con una “alchemica” dimostrazione pratica di come si produce il cacioricotta – momento tra l’emozionante ed il magico – poi offerto ai presenti, unitamente alla degustazione del miele e delle caramelle prodotte dall’Azienda di Apicultura LaMalupo di San Marzano di San Giuseppe – altro universo ammaliante – e del Primitivo delle Cantine Soloperto di Manduria.
E proprio di vino ha parlato il dr. Fanelli quando ha detto che oggi la comunicazione è il vero investimento: “dobbiamo insegnare a raccontare la storia dei nostri prodotti, perché un vino di cui si apprende la storia avrà, al palato del suo degustatore, un sapore più seducente di un altro di cui non la si conosce”.
Paolo Piccione