La Lega appare sempre più in difficoltà con i sondaggi e giocare bene la partita per il Colle potrebbe essere l’inizio di un rilancio verso il 2023. Anche Giuseppe Conte, alle prese con la lunga fase di rigenerazione del M5s, spinge per tenere il presidente del Consiglio al suo posto
Da Silvio Berlusconi a Matteo Salvini, passando per Giuseppe Conte ed Enrico Letta. Si allarga il partito trasversale che chiede a Mario Draghi di rimanere a Palazzo Chigi fino al 2023. Se Silvio Berlusconi può giocare fino in fondo la partita per il Colle – pur rifiutando di commentare l’ipotesi, “per rispetto del Presidente Mattarella” – Matteo Salvini sottoscrive.
La Lega appare sempre più in difficoltà con i sondaggi e giocare bene la partita per il Colle potrebbe essere l’inizio di un rilancio verso il 2023. Anche Giuseppe Conte, alle prese con la lunga fase di rigenerazione del M5s, spinge per tenere Draghi al suo posto: “Lascerei lavorare il premier Draghi. C’è anche la recrudescenza della pandemia. Abbiamo il piano di resilienza, il contesto europeo in movimento, le vecchie politiche dell’austerity da superare. Tanti obiettivi per il governo in carica. Non tirerei Draghi per la giacchetta un giorno sì e l’altro pure”, spiega Conte.
E dopo giorni di rumors e rassicurazioni, il segretario del Partito Democratico spazza il campo da ogni dubbio sulla sua volontà di sostenere il governo guidato da Mario Draghi fino a fine legislatura. “I partiti come il nostro vogliono che ci sia un buon governo fino alla fine della legislatura”, dice.
Un impegno che il leader dem conferma anche all’indomani dei nuovi sondaggi che vedono il Partito Democratico come prima forza politica, staccando anche Fratelli d’Italia. D’altra parte, fin dal suo esordio davanti all’assemblea del Pd, Enrico Letta aveva parlato di “democrazia malata” osservando come si fosse arrivati al terzo governo in tre anni e con tre maggioranze diverse.
Mettersi di traverso sul cammino dell’esecutivo sarebbe apparso come una contraddizione difficile da far digerire anche al proprio elettorato. E chi guarda al Pd sembra apprezzarne l’approccio improntato alla responsabilità, dicono i sondaggi.
Un approccio confermato anche dalle parole con cui Letta accompagna l’impegno del Pd per il governo: “In questo momento dobbiamo fare di tutto per dare continuità e applicare bene quello che c’è nella legge di bilancio. Ci sono segnali di fiducia, è un momento positivo per il Paese”.
Insomma, far venir meno il sostegno al governo sarebbe uno sgambetto prima di tutto per il Paese. Può dirsi così accontentato anche Carlo Calenda: il leader di Azione guardava infatti con un certo sospetto al riserbo mantenuto fino a oggi dal segretario Pd. “Da quando abbiamo chiesto ai segretari dei partiti di prendere posizione su Draghi fino al 2023 si sono espressi Berlusconi, Conte e Salvini. Manca Letta”, scrive in mattinata su Twitter.
Certo, Letta aveva già detto di non volere il voto anticipato, ma questo evidentemente non basta a chi studia le mosse dei dem in chiave Quirinale. Con una eventuale elezione di Mario Draghi al Colle, quella del voto non sarebbe infatti l’unica strada ad aprirsi. Un governo guidato dal ministro dell’Ecomnomia Daniele Franco, infatti, rimane uno scenario lontano, ma che le segreterie dei partiti non possono escludere.
Con l’ufficializzazione dell’ingresso di Enrico Letta nel partito trasversale che vuole Draghi a Palazzo Chigi fino al 2023 questa ipotesi si fa ancora più lontana.
Unico a dribblare il tema è Matteo Renzi, come sottolinea lo stesso Calenda: “Ho omesso, per lapsus forse freudiano, Renzi. Ma ovviamente all’appello manca lui. Sbrighiamoci oppure ci troveremo su un piano inclinato.
Cartabia, Gentiloni, Severino, abbiamo molti candidati di qualità per il Quirinale, nessuno per sostituire Draghi a Palazzo Chigi”.
Quanto si sta muovendo sulla legge di bilancio, lascia ben sperare il segertario dem. “La legge di bilancio è stata approvata dalla maggioranza più larga di sempre.
Questa stessa maggioranza parlamentare affronterà nel mese di gennaio la scelta del nuovo capo dello Stato.
Tutto ciò ha bisogno di questo sforzo di unità in cui ognuno deve fare due passi avanti per evitare di fare passi indietro tutti insieme. Dobbiamo fare passi avanti che siano passi avanti fatti di comune accordo”, sottolinea Letta.