Padre Pio e Vincenzo Tasciotti: Una piccola lapide in ricordo
Padre Pio ha raccolto intorno a se in modo inusuale i suoi figli spirituali. Si era all’inizio di gennaio del1947 e Vincenzo Tasciotti era da poco tornato dalla prigionia trascorsa in Rodesia (Sud Africa), dopo essere stato preso nel 1940 dagli Inglesi ad Addis Abeba (Etiopia), dove si era recato nel 1935 per lavoro partendo da Roma.
In poco tempo aveva impostato fuori città una cava di pietra basaltica, che forniva materiale per lavori edili e stradali nella città e nei suoi dintorni.
Nel 1938 Vincenzo tornato in Italia portò con se in Africa anche la moglie Maria Bianca ed il figlio Carlo, lasciando a Roccasecca dei Volsci (LT), il piccolo paese d’origine, le sue figlie più grandi Pina e Marisa, che erano in età scolare, ma con l’intento di venirle a riprendere in aereo, che erano state lasciate in custodia alle due cugine nubili Amalia e Geltrude Tasciotti, che abitavano nel Palazzetto Celli – Morichini – Tasciotti, costruito nel 1700, che era la grande casa di 18 stanze dove abitavano in mini appartamenti con le famiglie altri due fratelli ed anche sua madre Rosa.
Nell’ aprile del 1941 gli Inglesi entrati ad Addis Abeba rastrellarono tutti gli uomini, che inviarono in prigionia nei vari paesi del Commonwealth.
A Vincenzo che fu internato come prigioniero in Rodesia- Sud Africa, il pensiero della famiglia in Italia turbava i suoi sonni, specie per il fatto che si sentiva debole nel fisico e debilitato nello spirito, tanto da pensare che non sarebbe più tornato a rivedere i suoi. Ma una notte del 1944 sognò un frate con la barba, che lo rassicurò che sarebbe tornato a rivedere i suoi.
Nel 1947 la cugina Amalia Tasciotti era partita in treno dal piccolo paese insieme ad altri paesani per recarsi a San Giovanni Rotondo ad incontrare Padre Pio.
Erano circa 10 persone, compresi due bambini; essi alloggiarono tutti in un garage, dormendo su materassi in terra; ognuno recava il suo bagaglio di dolore, per figli un po’ ritardati mentali o per mariti non tornati dalla guerra o per fistole alla gamba mai guarite.
Amalia era andata per potersi confessare da Padre Pio. Tra di essi vi era anche Domenico De Simoni, detto Mimmo Pastella per via del suo negozio di alimentari che aveva in paese, il quale ebbe a dire con Padre Pio. Si era nel 1947, l’ anno di inizio dei lavori per la Casa Sollievo della Sofferenza ed era mezzogiorno. Padre Pio che era uscito dal Convento per vedere i lavori, stava rientrando in convento quando si sentirono gli spari delle mine per fare saltare le rocce per le fondamenta.
Al che Mimmo Pastella esclamò: “E che è questo ora!” Gli fu detto che erano le mine per le fondamenta del nuovo ospedale da costruire, al che lui disse: “So coce mo’so riso” (e quando si cuoce questo riso, ossia quando ci sarà la costruzione dell’ospedale) e per tutta risposta Padre Pio che rientrava in convento gli disse: “So coce, so coce” ( si cuoce, si cuoce). E cosi è stato.
Il 26 dicembre 1949 a San Giovanni Rotondo (FG) Vincenzo incontra per la prima volta Padre Pio da Pietrelcina, che lo aveva “assistito” in sogno in prigionia nel 1944, quando ormai pensava di non ritornare più a vedere i suoi cari. Nell’atto di confessarsi Padre Pio gli dice: Visto che sei tornato!
Quindi Vincenzo chiede e diventa figlio spirituale di Padre Pio e poi suo collaboratore insieme a Mons. Giuseppe D’Ercole, originario di Guarcino e professore di Storia del Diritto Canonico dell’Università Lateranense di Roma. L’incontro con D’Ercole era stato previsto da una lettera fatta scrivere da Padre Pio a Vincenzo.
D’Ercole fu quindi incaricato da Padre Pio di studiare le questioni giuridiche sospese e dopo ricerche, analisi e consulenze durate alcuni anni nel 1957 fu trovata la “Soluzione Giuridica”, che è tutt’ora operante ed impostarono il Programma di Sviluppo della Casa Sollievo della Sofferenza, l’Opera terrena di Padre Pio.
Ciò fu necessario realizzare poiché inizialmente la Casa Sollievo della Sofferenza era una SPA intestata Padre Pio, che però con il suo voto di povertà non poteva possedere nulla. Con la detta Soluzione ora la Casa Sollievo è di proprietà delle Opere di Religione dello Stato del Vaticano, quindi non cade sotto la giurisdizione italiana, ma collabora con le ASL di zona, cura i non abbienti ed a livello internazionale opera con altri istituti di ricerca, mentre la gestione è effettuata dai membri del Terz’ Ordine francescano del Santuario di Santa Maria delle Grazie di San Giovanni Rotondo.
Ma la cosa più importante è che già nel programma di sviluppo letto da Padre Pio 5 maggio 1957, la cui bozza fu predisposta da Mons. D’Ercole in collaborazione con Vincenzo Tasciotti, nella Soluzione Giuridica già si prevedeva che l’Opera diventasse un’ Ente di Ricerca.
Fu un atto di Preveggenza.
Tutto quanto sopra è sintetizzato in una lapide posta all’ingresso della casa natia di Vincenzo Tasciotti a Roccasecca dei Volsci (LT), in Via Piagge n. 5, che è ubicata al centro del paese, proprio dietro l’abside della chiesa madre Santa Maria Assunta in Cielo.
Così il nome di Padre Pio è sul muro di una casa di un paesetto della Ciociaria, nel territorio dell’antico popolo dei Volsci, in una lapide posta con la presenza anche del Sindaco, la dott.ssa Barbara Petroni. In ricordo perenne.