Principale Arte, Cultura & Società Artemisia Gentileschi, chi era costei?

Artemisia Gentileschi, chi era costei?

Artemisia Gentileschi, chi era costei?

di Lara Vanni

Salve, il mio nome è Artemisia e sono nata nel 1593 a Roma: che brutto periodo per noi donne, quello. Siamo considerate come servitrici dell’uomo, e in questa età, definita “barocca”, a determinati mestieri possono accedervi solo gli uomini.

Io sono una donna, e, sin da giovane, mi piace dipingere: sono anche piuttosto brava anche se, mi hanno detto, che i migliori pittori sono tutti uomini. Mio padre, Orazio, è un pittore e mi ha insegnato moltissime cose, come la preparazione dei materiali, degli oli, delle tele.

Ma poi mia madre è venuta a mancare e mi sono dovuta occupare della casa e dei miei tre fratelli. Credevo che mio padre potesse capire la mia passione, ma spesso mi rimproverava di non occuparmi abbastanza delle faccende domestiche come fanno tutte le brave ragazze della mia età: addirittura, mi ha costretta a rimanere in casa, solo perchè mi sarebbe piaciuto molto andare in giro per Roma a vedere tutte le opere d’arte che offre questa città.

Ma ho imparato comunque le tecniche pittoriche del tempo. Immaginate che ho anche conosciuto Caravaggio e il suo affascinante stile pittorico realistico. Ho dipinto la mia prima opera nel 1610: mi sono ispirata alla condizione della donna vista solo come oggetto. Ho preso ad esempio un episodio biblico, quello di Susanna che venne sorpresa nuda da due “Vecchioni”.

Mio padre, colpito da queste mie doti, mi affidò agli insegnamenti di Agostino Tassi, un pittore talentuoso, ma con un brutto carattere: aveva già avuto a che fare con la giustizia ed era un uomo vendicativo, sempre pieno di rabbia e rancore. Un giorno, egli, approfittando dell’assenza di mio padre, mi prese con la forza, dopo che fin troppe volte mi ero negata a lui. Era il 1611 e, addirittura, per riparare il danno, mi promise di sposarmi, come era usanza in quel tempo, ma non lo fece mai, anche perchè lui era già sposato.

Egli subì un processo e io venni sottoposta a umilianti visite e interrogatori sotto tortura. Finalmente tutto finì con la condanna di quell’uomo che si allontanò da Roma, ma la mia onorabilità venne distrutta per sempre. Mio padre mi costrinse, quindi, a sposare un altro uomo e con lui mi sono trasferita a Firenze.

Qui tutto era diverso: ebbi molti amici come Galileo Galilei, Michelangelo Buonarroti detto “Il Giovane”. Che ambiente stimolante e pieno di insegnamenti! Venni anche ammessa all’Accademia delle Arti e del Disegno: non so quante donne prima di me sono state ammesse, ma credo di essere stata la prima.

Ma non dimenticherò mai quella brutta esperienza: da quel momento ho sempre voluto dipingere donne che hanno vinto sul proprio nemico. Ho dipinto Giuditta, Ester, Betsabea ed altre, tutte eroine bibliche che non si sono lasciate sopraffare dagli uomini, ma che hanno fatto valere la loro forza di donne. Mi sono anche autodipinta in diverse situazioni, come suonatrice o come martire. Ho dipinto anche scene di violenza, scene del crimine, come l’uccisione di Sisara da parte di Giaele.

Ho sempre dipinto donne, comunque. Mi ricorderanno tutti come una pittrice, una donna pittrice di donne, un’artista donna accanto a quei grandi nomi maschili che tutti conoscete: spero che ricorderete anche me, che ho avuto la mia rivincita sulle ingiustizie di quel tempo, ed anche se sono passati molti anni, vorrei che qualcuna prendesse esempio dalla mia forza e riscattasse se stessa dalle ingiustizie del tempo in cui vive.

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

Corriere Nazionale

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