Principale Attualità & Cronaca Covid 19 e carceri italiane. Sul sovraffollamento l’Italia prenda lezioni dall’Europa

Covid 19 e carceri italiane. Sul sovraffollamento l’Italia prenda lezioni dall’Europa

Da quando prese fuoco la pandemia, il problema del  sovraffolamento delle carceri pare  esistere solo per le associazioni  che  se  ne  occupano  e, politicamente, dei soli Radicali Italiani con Rita Bernardini.

Non si vuole tornare alle polemiche su coloro che furono liberati ai tempi della  giurisdizione Bonafede.

Il  punto  è  che  nel  corso  di un evento così devastante, come si presentò all’inizio, e anche nel suo proseguimento sin qui, sarebbe stato necessario un focus di attenzione più ficcante e concretamente operativo.

Perché i numeri parlano chiaro.

Prendiamo ad esempio la Lombardia, che è stata la regione più colpita dalla pandemia e che, essendo la Regione più popolosa d’ Italia, tende a essere tra quelle con il maggior numero di contagi.

Ebbene, la Lombardia ha il maggior numero di reclusi:7.763. Contro una capienza massima  di 6.139 posti.  Quindi risulta un surplus  di 1.624 detenuti in più rispetto ai posti disponibili.

Si tenga conto inoltre che solo 7  Regioni italiane, quindi una su tre, NON SONO sovraffollate. L’asticella è quindi sotto il livello dei parametri di civiltà. Il problema è di tipo politico culturale. Altre realtà europee sono state in grado di mettere in campo soluzioni di detenzione ad alto grado di civiltà per cercare di tenere testa ai contagi da Covid 19.

Come soluzioni alternative di isolamento rispetto al carcere normale o la liberazione anticipata di carcerati a fine pena.

Ma il problema  italiano è esattamente un problema di cultura politica rispetto al tema  dei rapporti tra carcere e Stato e. di conseguenza, con  la  società,  considerato  che  attorno ai carcerati c’è il loro ambito familiare con la conseguente vita di relazione.

L’Italia è lo Stato  messo meglio nella misura del rapporto tra addetti carcerari e carcerati. È il più alto d’Europa. Ma gli addetti sono in maggioranza assoluta operatori della custodia di Polizia Penitenziaria, l’ 84%. Ne soffre il rapporto tra

carcerati e operatori addetti alle attività di recupero dei carcerati alla normale vita sociale e  attività educative, solo l’ 1,9 % del totale degli addetti carcerari.

Possiamo fare in modo che questi temi non restino confinati solo nelle proteste  con sciopero  della fame di Rita Bernardini e dei Radicali italiani?

Francesco Magisano

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