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Violenze in famiglia

Davide Paitoni di Morazzone (Varese) ha ucciso il figlio di 7 anni con una coltellata alla gola, ha accoltellato la ex moglie, ma non è riuscito ad ucciderla. Paitoni era agli arresti domiciliari, per aver tentato di accoltellare un collega pochi giorni prima.

La giustizia italiana gli aveva, malgrado ciò, dato l’opportunità di passare il Capodanno col figlio.

Si parla in questi casi di Sindrome di Medea al maschile.

In realtà riterrei più appropriato definire questo comportamento omicida come sindrome di Kronos, perché quest’ultimo nella mitologia mangiava i figli.

Cronisti, editorialisti, opinionisti televisivi si sono affannati a spiegare un comportamento contro natura. Ad essere più precisi si usa dire che la morte di un figlio è un evento contro natura, quindi un figlicidio dovrebbe essere un atto contro natura elevato all’ennesima potenza.

Sicuramente alcuni padri non accettano la perdita di autorità del loro ruolo, vogliono con un gesto così violento affermare il possesso su moglie e prole. Infatti di solito questo tipo di tragedie comprendono l’uccisione della prole, della moglie e il suicidio. È un atto che vuole mettere fine alla famiglia, che vuole distruggerla totalmente.

Altre volte la madre viene lasciata vivere; l’omicida-suicida si accontenta solo di punirla, uccidendo il figlio. Esiste anche la sindrome di Münchhausen per procura, in cui un genitore simula o causa una malattia nel figlio per attirare l’attenzione dei suoi cari. Sicuramente il quadro di riferimento è cambiato in questi ultimi decenni. Sono avvenute molte trasformazioni socioeconomiche.

Ma non scordiamoci che fino a non molto tempo fa esistevano la fuitina, il matrimonio riparatore, il delitto di onore. Da una parte abbiamo una follia omicida, mentre per quanto riguarda la psicologia abbiamo il trionfo dell’ideologia buonista e per quel che concerne la giustizia abbiamo il trionfo del lassismo.

Esiste una psicologia buonista molto ideologica in cui conta molto più l’ambiente rispetto all’ereditarietà, che crede nell’infinita bontà della natura umana e dell’animo. Mi sono ad esempio chiesto quanta ideologia e quanta scienza ci fossero nel metodo permissivista ed antiautoritario del celebre dottor Spock.

Per decenni ci hanno propinato il modello del genitore come amico, quando altre ricerche psicologiche andavano in altra direzione, scoprendo che il modo migliore per educare i figli non erano quello autoritario né quello permissivo, ma bisognava adottare uno stile non violento eppure autorevole.

Questo tipo di psicologia buonista talvolta fa dei danni in ambito giudiziario perché non inchioda quasi mai il reo alle sue responsabilità e ad una pena certa, ma chiude un occhio, anzi spesso li chiude entrambi.

Ci sono psicologi nelle carceri che si preoccupano più dei diritti di energumeni pericolosi che di tutelare le vittime. La colpa secondo questa vulgata è sempre della società e non dei delinquenti.

Io sono a favore di una seconda possibilità e della rieducazione di chi ha sbagliato, ma queste opportunità vanno date al momento opportuno, quando il reo ha pagato il fio e non è più pericoloso, ovvero quando dimostra di essere cambiato veramente. Il problema è che nessun strumento scientifico può valutare il cambiamento interiore di un uomo.

Di solito gli si dà fiducia, spesso senza che l’abbia meritata grazie a chissà quali prove e ci si affida alla buona sorte, i credenti al buon Dio.

Ci sono poi giudici garantisti e lassisti, che completano il quadro, valutando il reo con bonaria indulgenza. Certi psicologi e certi giudici prima di mettersi nei panni dei rei dovrebbero mettersi nei panni delle vittime e dei familiari.

C’è un ordine di priorità anche nell’empatia e quindi nelle decisioni giudiziarie. Una cosa è certa: se una persona ha nell’animo il desiderio di fare qualcosa, anche di delinquere, nessun psicofarmaco può annullare tale desiderio. Possono in modo molto blando attenuare il desiderio certi antipsicotici, che riducono l’ideazione, ma si può fare ben poco. D’altro canto è vero inoltre che francamente nessuno può predire con certezza i comportamenti altrui. Secondo i filosofi deterministi per stabilire con certezza cosa farà il signor X dovremmo sapere tutte le leggi che governano la psiche del signor X, dovremmo sapere tutte le leggi del mondo, dovremmo sapere come le leggi della psiche del signor X interagiscono con le leggi del mondo.

Tutto ciò è impossibile. Se invece del determinismo fosse il libero arbitrio a governare la psiche di ogni uomo allora entrerebbe in gioco un grande margine di autodeterminazione e perciò di imprevedibilità. Ad ogni modo per ignoranza o perché l’uomo è un essere indeterminato nessun psichiatra può prevedere con certezza il comportamento di un uomo al tempo t1 dopo averlo esaminato poco prima, cioè al tempo t0. Una volta a Porta a porta Bruno Vespa chiese a tutti i Soloni della psichiatria presenti in studio se avrebbero potuto prevedere il massacro di Novi Ligure, compiuto dai fidanzatini Erika ed Omar.

Ebbene nessuno dichiarò che sarebbe stato capace di prevedere il massacro. Di fronte all’abisso nel cuore umano anche la psichiatria è impreparata e inadeguata. Spesso non è predittiva, ma spiega a fatto compiuto col senno del poi.

Non solo ma alla credibilità della psicologia italiana è stato inferto un colpo quasi letale dopo lo scandalo di Bibbiano, dove gli psicoterapeuti suggestionavano minori per pilotare gli affidamenti, creando falsi ricordi di molestie.

Sicuramente ci sono molti terapeuti preparati e seri ma questo scandalo ha gettato fango sull’intera categoria e con questo non voglio aggiungere altro perché il caso Bibbiano è stato anche strumentalizzato per fini politici. Nel caso di una tragedia familiare entrano sempre in gioco molti fattori che spesso interagiscono tra di loro. Ammettiamo che il padre di Varese fosse violento, maschilista, retrogrado, patriarcale, disturbato mentalmente. Ma tutto ciò non completa il caso. È stata trovata anche una bustina di cocaina nella macchina. Questo è un aggravante, ma sappiamo che le droghe pesanti facilitano i comportamenti violenti. Bisognerebbe considerare ogni lite come un caso a sé stante e giudicarlo come tale. C’è sicuramente molta conflittualità nelle famiglie italiane e talvolta diventa patologica, sfociando nella violenza. Non esistono solo le tragedie familiari ma anche una violenza psicologica subdola, come la sindrome di alienazione parentale, in cui un genitore mette in cattiva luce la figura dell’ex partner.

Così come esistono molte separazioni con addebito e molti padri poveri. Secondo i dati della Caritas del 31 maggio 2021 su 4 milioni di padri separati ben 800000 vivono in povertà.

Ci vorrebbe un welfare efficace che tutela questi genitori e garantisca loro un minimo indispensabile. In definitiva però tutti questi femminicidi dovrebbero spingere ogni uomo ad un esame di coscienza.

In ognuno di noi c’è un lato atavico, ancestrale, violento. Bisognerebbe chiedersi se in un caso limite, se giunti all’esasperazione in una lite familiare saremmo in grado di inibire il nostro lato oscuro, la bestia in noi che latra.

Dovremmo smetterla con la retorica; dovremmo smetterla di pensare agli omicidi come degli esseri distanti da noi. Saremmo davvero in grado di resistere a degli impulsi distruttivi?

Siamo veramente civili e rispettosi delle donne? Dovremmo chiedercelo sempre quando commentiamo con gli altri questi femminicidi.

Siamo davvero diversi da quegli aguzzini? Oppure siamo più simili a loro di quel che pensiamo? Oppure prendiamo le distanze da questi gesti per quieto vivere e paura del giudizio altrui? Dovremmo guardarci dentro con una sincerità disarmante senza mai giustificare la barbarie propria e altrui.

Davide Morelli

 

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