Sono esclusi i lavoratori con meno di sette mesi di lavoro durante l’anno. La media europea è il 65% di beneficiari di aiuti.
AGI – “In Italia, solo il 50% dei lavoratori poveri percepisce una qualche prestazione di sostegno al reddito rispetto al 65% in media europea.
In particolare, in Italia manca uno strumento per integrare i redditi dei lavoratori poveri, un in-work benefit (letteralmente trasferimento a chi lavora), che permetterebbe di aiutare chi si trova in situazione di difficoltà economica e incentiverebbe il lavoro regolare”.
Lo evidenza il Gruppo di lavoro ‘Interventi e misure di contrasto alla povertà lavorativa’ nella Relazione presentata oggi.
Secondo gli esperti, “un in-work benefit in Italia dovrebbe assorbire gli ’80 euro’ (ora Bonus dipendenti) e la disoccupazione parziale per arrivare a uno strumento unico, di facile accesso e coerente con il resto del sistema (in particolare, Reddito di Cittadinanza, ma anche il nuovo Assegno Unico e Universale per i Figli)”. La discussione sulla riforma fiscale in corso, secondo il gruppo di lavoro, rappresenta “il luogo ideale per il disegno preciso di questo tipo di strumento”.
“È opportuno promuovere in sede europea una revisione dell’indicatore” di povertà lavorativa “che estenda la platea di riferimento e meglio prenda in considerazione i redditi da lavoro individuali, incrociando retribuzioni individuali e redditi familiari”.
L’indicatore di povertà lavorativa utilizzato dall’Unione europea, spiegano gli esperti, “esclude i lavoratori con meno di sette mesi di lavoro durante l’anno e presuppone un’equa condivisione delle risorse all’interno della famiglia.
Così facendo, l’indicatore Ue esclude i lavoratori che sono tra i più esposti al rischio di povertà e non permette di identificare se qualcuno è in grado di avere una vita dignitosa con i propri guadagni”.
“In un programma di lotta al lavoro povero, è possibile prevedere forme di accreditamento (o ‘screditamento”’) a fronte di comportamenti virtuosi (o, viceversa, di comportamenti non in linea con gli obblighi di legge)”.
Lo evidenza il Gruppo di lavoro ‘Interventi e misure di contrasto alla povertà lavorativa’ nella Relazione presentata oggi. “Nello stesso spirito – spiegano – è possibile immaginare campagne di informazione o strumenti specifici per aumentare la consapevolezza di imprese e lavoratori sul problema e la conoscenza dei potenziali strumenti per affrontarlo”.