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Pedofilia nella Chiesa: contro la crisi della credibilità si ricorre a riforme e sinodalità

Markus Krienke

«Mi vergogno» – ecco le parole più pronunciate da alcuni vescovi tedeschi che in questi giorni hanno reagito all’ultimo rapporto pubblicato giovedì scorso dallo studio Westphal Spilker Wastl (WSW) di Monaco sui casi di pedofilia nel clero dell’arcidiocesi tra il 1945 e il 2019. L’attenzione internazionale è suscitata però non soltanto dai numeri paurosi, che purtroppo confermano i dati di molti rapporti precedenti. Nel concreto furono accertate 497 vittime – di cui il 60% tra gli 8 e i 14 anni – e 235 presunti criminali – tra cui 173 preti e 9 diaconi. Purtroppo il margine di casi sconosciuti, come in tutte le indagini degli ultimi 20 anni, è piuttosto ampio. Ciò che rende il documento dirompente è però che tra gli accusati per “comportamenti erronei” cioè mancato intervento doveroso nei confronti di preti pedofili, c’è il Papa emerito Benedetto XVI e il membro del Consiglio dei Cardinali per la Riforma della Curia, l’attuale arcivescovo di Monaco Reinhard Marx. Le reazioni da parte dell’arcidiocesi di Monaco e del Vaticano sono annunciate per la settimana prossima.

La presentazione di questo documento avviene quasi esattamente dopo vent’anni che il Boston Globe ha svelato per la prima volta casi di abuso sistematico di minorenni da parte di preti della Chiesa cattolica: all’epoca si accusarono prima 13, poi 90, e infine 249 preti della diocesi di Boston, una valanga che portò alle dimissioni del cardinale Bernard Law. Nel 2010 il caso del Canisius-Kolleg di Berlino ha portato i riflettori sulla Germania, dove la Conferenza episcopale ha pubblicato nel 2018 un report complessivo (MHG-Studie) che ha rilevato per il periodo dal 1946 al 2014 un minimo di 4.4% dei preti (1670) ad abusare di 3677 vittime. Solo tre mesi fa, uno rapporto commissionato dalla Chiesa francese ha stimato 216.000 vittime minorenni tra il 1950 e il 2020, di circa tremila preti criminali. Per i risarcimenti, la Conferenza episcopale francese ha annunciato di vendere immobili e proprietà. Le vicende nella diocesi di Colonia che coinvolgono non solo il suo Cardinale – che è stato sospeso da Papa Francesco per sei mesi – ma anche l’arcivescovo di Amburgo nell’accusa di aver coperto preti pedofili, hanno portato nel 2021 ad un record storico di cancellazioni dalla Chiesa cattolica. Il 10 dicembre scorso uscì, quasi senza suscitare attenzione mediatica, il report della diocesi di Treviri in cui vengono accusati tra l’altro tre vescovi attuali per inadempimento dei loro doveri di sorveglianza e responsabilità.

Dopo un 2021 che ha posto la Chiesa tedesca – e chi all’interno della stessa con onestà e trasparenza vorrebbe fare chiarezza – di fronte a una dura prova, è uscito proprio in questa settimana il rapporto di oltre 1700 pagine circa le vicende nell’arcidiocesi di Monaco, che formula accuse concrete di negligenza e mancato controllo nei confronti di preti pedofili anche contro Papa Ratzinger – alla guida della diocesi dal 1977 al 1982 – e l’arcivescovo Marx. Non bisogna però dimenticare che il Papa tedesco è stato colui che ha cambiato la linea vaticana sugli abusi avviando la linea della “zero tolleranza” di Francesco, e che Marx, con le sue dimissioni che infine non furono accettate nel giugno scorso da Papa Francesco, ha voluto dare una spinta forte ai suoi colleghi, affinché si assumano le loro responsabilità. Il fatto che proprio loro due ora sono finiti nel mirino delle accuse, è parte della “crisi di credibilità” in cui la Chiesa – non solo in Germania – è slittata, anche per alcuni errori manifesti con cui ha affrontato questi casi.

Nel prossimo futuro inevitabilmente si parlerà molto di questo ultimo documento bavarese, e mentre da un lato sarebbe sbagliato usarlo acriticamente solo per servire i soliti attacchi contro la Chiesa, dall’altro lato sarebbe ugualmente irresponsabile continuare a pensare che questi casi non possono avere delle ripercussioni sulla struttura stessa della Chiesa. Queste ripercussioni saranno di almeno due tipi: primo, è richiesta l’assunzione di responsabilità anche a ranghi alti, il che implica la collaborazione con la giustizia civile e il giusto risarcimento delle vittime, e secondo, bisogna procedere a riforme strutturali che consentano non solo di fare chiarezza sui casi e sulle responsabilità del passato, ma che riescano anche di prevenire efficacemente futuri casi.

Un grande passo in avanti, certamente, è il fatto che con il report MHG e i tre documenti per le diocesi di Colonia, Treviri e Monaco, nonché con il documento francese e quelle precedenti negli Stati Uniti ed altrove, la Chiesa stessa si è resa, nonostante tutte le inadempienze, protagonista dell’impegno di fare chiarezza e giustizia. Le ultime documentazioni indipendenti contengono anche nomi e cognomi di autorità altolocate nella Chiesa. Allo stesso momento è sconcertante quanto tempo la Chiesa sta perdendo prima di affrontare con vera decisione questa sfida, e questi ritardi sono a danni non solo delle vittime, ma anche di se stessa: più il processo di far chiarezza va per le lunghe, più l’opinione pubblica identifica l’istituzione con questi crimini.

Con una serie di riforme dal 2019, Papa Francesco ha cercato di reagire agli abusi e segnalare ai suoi vescovi la necessità inderogabile di cambiare atteggiamento nei confronti dei preti pedofili; e solo sei mesi fa ha riformato il diritto penale ecclesiale in merito. Il famoso Synodaler Weg della Chiesa tedesca – una consulta in cui clero e laici insieme vogliono elaborare proposte per un’efficace riforma della Chiesa – è anch’essa espressione della presa di coscienza che urgono riforme. L’importanza di rispondere ai mali della Chiesa con riforme strutturali, perché altrimenti la Chiesa stessa rischia di spezzarsi di fronte all’enormità della pressione esterna, è stata formulata dal grande prete e filosofo, cattolico liberale ed esponente del Risorgimento Antonio Rosmini (1797-1855) nella sua famosa opera Delle cinque Piaghe della santa Chiesa.

Quando Papa Francesco ha ripreso la dinamica del sinodo tedesco a cui si è associato anche l’avvio di quello della Chiesa italiana, inserendoli nel mese di ottobre scorso nel sinodo mondiale per l’intera Chiesa, egli ha sottolineato che l’unica frase proibita è “si è fatto sempre così”. In questo momento, il sinodo – che concretamente si svolge in ogni diocesi del mondo – è nella fase consultoria (fino all’aprile prossimo) in cui si ascoltano i fedeli in tutto il mondo. Francesco insiste che la Chiesa deve ripartire dall’incontro: quindi vede nel recupero di fiducia – anche dei propri fedeli – il compito più urgente, dopo le riforme che ovviamente continuano. Perché la condizione indispensabile per ogni fiducia è, senza dubbi, far chiarezza e giustizia – il prima possibile – nello scandalo della pedofilia.

foto: La Repubblica

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