Nino Sangerardi
In questo tempo sbandato,dominato dal virus Covid 19 e varianti, perviene un libro documentato e prezioso scritto da Elisabetta Mori : “L’Archivio Orsini. La famiglia,la storia,l’inventario”. Inserito dentro Carte Scoperte,collana dell’Archivio storico capitolino(Viella Editrice di Roma).
Nella presentazione del testo,319 pagine,Paola Pavan rileva che trattasi di “un indispensabile strumento di ricerca per chi voglia studiare le vicende di una famiglia che ha intrecciato le sue sorti con gli eventi della storia italiana e europea. Una ricerca più che decennale condotta con intelligenza e passione da Mori che ha saputo mettere a disposizione della comunità scientifica un patrimonio documentario inesplorato.”Ritenuto sempre con somma gelosia” affermava Benedetto XIII riferendosi all’archivio di Famiglia. Espressione che potrebbe ben adattarsi per questo libro ad esprimere la dedizione e l’amore con cui è stato fin qui conservato curato e studiato,e come auspicio per la sua ulteriore valorizzazione”.
L’origine dell’Archivio degli Orsini di Bracciano,San Gemini e Gravina in Puglia si fa risalire intorno agli anni sessanta del Cinquecento.
Benedetto XIII(Pier Francesco Orsini,nato a Gravina il 2 febbraio 1649)eletto Papa in data 29 maggio 1724 nel Palazzo Apostolico e incoronato il 4 giugno dal cardinale Benedetto Pamphilj,aveva una non comune sensibilità per gli archivi. Quando divenne arcivescovo di Benevento si occupò della riorganizzazione dei documentari delle Curie arcivescovili di Benevento,Manfredonia e Gravina. In qualità di Papa con Maxima Vigilantia stabilì norme per la custodia degli incarti.
Il 5 settembre 1729,contemporaneamente alla sentenza della Rota che riconosceva al Duca Filippo Bernualdo di Gravina il diritto alla successione del patrimonio Orsini di Bracciano,Benedetto XIII scandalizzato per le condizioni in cui si trovavano le carte della sua famiglia assegnava tutto l’archivio agli Orsini gravinesi,ordinando di depositarlo nel loro Palazzo sito in Monte Savello,frazione del Comune di Albano Laziale.
Il pontefice, tra l’altro , constatava la mancanza di volumi importanti,le scritture contabili in disordine e ciò “ voleva dire che i creditori,che dovevano avere a disposizione solo i libri dell’Amministrazione,avevano messo mani dappertutto”.
Lo schedario oltre ai furti venne depauperato di notevoli manoscritti sia da parte degli Odescalchi che avevano comprato Bracciano sia dai Lante che continuarono a rivendicare lo schedario generale.
A metà aprile 1904 va all’asta il compendio cartaceo più ricco degli Orsini.Si registra l’intervento del Prefetto di Roma e del Municipio che , interessato dallo storiografo Giuseppe Tommasetti , decide di acquistarlo l’8 febbraio 1905 con rogito del notaio Guidi. Fu trasferito prima nel Palazzo degli Anguillara e successivamente all’interno del Palazzo Borrominiano Chiesa Nuova.
Luigi Guasco,autore di una pratica monografia,nel 1921 verga che “…nell’archivio Orsini non vive soltanto il patrimonio storico di una fra le più illustri famiglie d’Italia : vivono usi,costumi e discipline di un mondo scomparso intorno al quale s’innestano tradizioni e leggende. Il diritto feudale nella vita economica e sociale di Roma e molti altri centri trova in ogni carta la sua storica affermazione , e questo di per sé solo basterebbe a determinare tutta l’importanza della raccolta di documenti ” .
Nel corso degli anni 1966 e 1985 gli Orsini vendono altra documentazione al Comune di Roma e al Department of Special Collections della Charly E. Young Research Library University of California Los Angeles.
L’Arco cronologico del materiale consta dal XIV al XX secolo e si riferisce anche agli interessi meridionali degli Orsini di Gravina tra diciottesimo e diciannovesimo secolo . Durante l’Ottocento gli Orsini erano proprietari ancora del Palazzo Gravina di Napoli in via Monte Oliveto(dal 1936 sede della Facoltà di Architettura dell’Università Federico II) , i feudi di Gravina , Solofra,Vallata,Muro Lucano,Mirabella,vaste estensioni di terra tra Irpinia Lucania e Puglia.
Il palazzo ubicato nella città storica di Gravina e quello di Napoli vengono devastati nel corso delle rivolte popolari messe in opera nel 1647-1648, e a Gravina bruciati non pochi carteggi e trafugate numerose suppellettili.
La gestione dei beni degli Orsini incardinata nel capoluogo campano: qui il vicario del Duca prendeva decisioni e firmava contratti , agenti locali amministravano e corrispondevano da ogni feudo sia con il vicario che con il referente ducale.
Emergono dagli scritti forbiti degli amanuensi il Duca Domenico Orsini d’Aragona(1719-1789) designato alla porpora nel 1743 da Benedetto XIV dopo la morte della consorte Anna Paola Filomeno Odescalchi , suo figlio Filippo Bernualdo maggiordomo di Francesco Re delle Due Sicilie(1742-1824) e il Duca Domenico senatore di Roma per tredici anni sposato con Maria Luisa Torlonia(1790-1864). Da quest’ultima ebbe cinque figli, matrimonio risolutivo per Domenico a fronte del declino della dinastia Orsini. Con l’ingente dote ricevuta dal padre di Maria Luisa, il banchiere Giovanni Raimondo Torlonia Duca di Bracciano, gli è possibile medicare una serie di passività economiche gravi.
“ In capo a tutto c’è Dio, padrone del cielo, poi viene il Principe Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del Principe, poi vengono i cani delle guardie del Principe. Poi il nulla, poi ancora il nulla, poi vengono i cafoni”( Ignazio Silone, 1933).
Con questi tre personaggi Casa Orsini vive momenti gloriosi,soprattutto il primo che sotto l’ombra protettiva di Benedetto XIV riuscì a ottenere notevoli benefici ecclesiastici tra cui l’altare di San Pietro in Vincoli nella Chiesa di San Salvatore in Lauro e l’abbazia Santa Maria di Banzi nella diocesi di Matera.
Tra i fascicoli conservati nell’Archivio capitolino si annoverano registri di atti notarili,cause,documenti personali,copialettere amministrative,liste di debiti e perizie e mutui e crediti,doti matrimoniali. E poi collezioni di Leggi e regolamenti,lettere di Domenico Orsini alla moglie Maria Luisa Torlonia e alla nuora Giulia Hoyos , rendiconti su chiese e cappelle funerarie , inventari di quadri e lavori di restauro.
La famiglia Orsini a sud di Napoli deteneva la cappellania di Muro Lucano,la Chiesa Maria Santissima dei Sette Dolori in Poggiorsini,a Gravina il beneficio della Chiesa rupestre Madonna della Stella e la bella Chiesa barocca dedicata a Santa Maria del Suffragio , popolanamente detta “Chiesa del Purgatorio” fatta costruire dalla duchessa Giovanna Frangipane della Tolfa madre di Benedetto XIII.
“Le sue strade son larghe,quantunque non ben lastricate,e comode le case,frà le quali s’inalza il Palazzo del Duca Orsino,che con tal titolo ab antico lo possiede,fabbricato alla moderna,in forma di Castello con sembianza di espor Colombrine dal cornicione,è capace di trattenere Forestieri”.
Parole di Giambattista Pacichelli allorché,fine Seicento,visita Gravina.
Palazzo ducale che “ pomposamente preparato per tanto ricevimento,e quivi ricevette al bacio della mano tutte le più spiccate personalità del luogo,nonché tutti i deputati e magistrati convenuti dalle altre città vicine e non incluse nell’itinerario. Terminato il ricevimento,il Re assistette nella gran sala del Palazzo,trasformata in teatro,alla rappresentazione di una operetta che fu eseguita in suo onore dai più rinomati artisti della Provincia” scrive lo storico gravinese Domenico Nardone,ospitò Carlo III di Borbone durante la sua visita nella città e nel 1790 la regina Carolina d’Austria con il principe ereditario Francesco I.
Quindi gli Orsini abbandonano Gravina per stabilirsi definitivamente in Roma.