Sono Mahmood e Blanco a vincere il 72° Festival di Sanremo, con la canzone “Brividi”. Una vittoria già annunciata, sin dalla prima serata, per i consensi unanimi ricevuti in teatro e dal mondo del web, ma probabilmente anticipata dai fan dei due giovani cantautori, sin dall’annuncio della loro partecipazione a questa edizione. Chi li ascolta, segue e stima da tempo, aveva, infatti, presagito che il connubio tra Alessandro Mahmoud, in arte Mahmood, e Blanco, all’anagrafe Riccardo Fabbriconi, avrebbe regalato proprio quei brividi di cui parla la loro canzone: l’unione di due mondi moderni, rappresentazione dell’attuale panorama italiano, due voci riconoscibilissime e fortemente comunicative e un messaggio d’amore in cui ognuno di noi, in qualche modo, può riconoscersi. Insomma, la tipica formula sanremese ma 2.0, che, senza alcun stupore, colpisce nel segno.
“Brividi” ha raggiunto in sole ventiquattro ore un record di ascolti su Spotify mai accaduto prima e sin da subito si è guadagnata il quinto posto nella Top 50 Globale, più di 11 milioni di visualizzazioni su YouTube, dominando praticamente ogni sera anche il primo posto nelle classifiche del Festival. Possiamo dirlo: avevano già vinto e aggiudicarsi il celebre Leone d’oro di Sanremo è stato solo la consacrazione di un successo già scritto.
Nasce spontaneo il raffronto con la vittoria dello scorso anno dei Maneskin, vittoria al contrario inaspettata e divisiva del pubblico, tra chi li reputava dei ragazzini rabbiosi che hanno portato mediocremente un po’ di rock sul palco dell’Ariston e chi non aspettava altro che sradicare finalmente le consuetudini classicheggianti del Festival. A posteriori, dopo solo un anno, la band romana è tornata a Sanremo come super-ospite, da rockstar internazionali, per aver portato l’Italia sulla cima del mondo nella musica e per aver conquistato ogni continente. È indubbiamente un fenomeno straordinario che ha rilanciato il nostro Paese, donandogli una nuova credibilità musicale. Una netta rottura di quegli schemi sonori e artistici, che tutti erano abituati ad ascoltare dai nostri cantanti.
In tal senso, allora, non sarà che con Mahmood e Blanco, invece, si è compiuto un passo indietro? Siamo tornati alla “ballad all’italiana”, benché cantata dai due giovani esponenti più di spicco del nostro attuale panorama? La risposta la darà il tempo e arriverà certamente da sé, in occasione dell’Eurovision Song Contest 2022, che si terrà a Torino, dal 10 al 14 maggio. Per ora, ciò che è evidente è che “Brividi” è una canzone estremamente sensibile ed emozionalmente potente, che ha meritato la vittoria a furore di popolo. E ha vinto senza dubbio non solo come opera dell’ingegno in senso tecnico e vocale, ma anche come immagine di un genere musicale insediatosi, ora più che mai, nelle nostre radici, capace di incantare e veicolare il valore dell’amicizia e della contaminazione di anime.
Occorre sottolineare che, in generale, l’edizione di quest’anno del Festival di Sanremo ha superato le aspettative, oltre che per gli straordinari ascolti, anche per la palpabile aria di spensieratezza che si respirava e soprattutto per le canzoni in gara. Al di là della scelta discutibilissima di Amadeus di riportare su quel palco alcuni degli artisti che hanno segnato la storia della musica italiana, ci sono stati degli importanti ritorni, delle conferme degli anni scorsi e anche tanti nuovi volti e nuove sonorità.
Lo hanno detto già in tantissimi: “è stato il Festival di tutti”. E sì in effetti è stato così ma, a mio avviso, nel senso che è stato anche fin troppo studiato per accontentare ogni telespettatore. Senza soffermarsi sugli ospiti delle cinque serate e tutto ciò che concerne il lato del puro intrattenimento, penso sia palese come, sin dal podio, si sia voluta privilegiare la commistione di artisti di tre diverse generazioni, piuttosto che le canzoni maggiormente entrate nel cuore e nella mente degli italiani. Mi riferisco ad esempio al brano di Irama, “Ovunque sarai”, a quello de La rappresentante di lista, “Ciao ciao” e a quello di Dargen D’Amico, “Dove si balla”, veri protagonisti del Festival insieme chiaramente ai vincitori.
Non sarebbe stato ugualmente nobile e ossequioso premiare la canzone di Elisa solo per l’incantevole composizione musicale e Gianni Morandi, con il premio Lucio Dalla, assegnato dalla Sala Stampa, come testimonianza di un grande artista extra-generazionale?
La classifica finale appare, tranne che per Mahmood e Blanco, antitetica rispetto alla risonanza raggiunta dai pezzi in gara sulle principali piattaforme digitali e i social media. Anziché nascondersi dietro le solite frasi fatte quali “Non vincono sempre le canzoni migliori”, “La fortuna di un brano si vede nei mesi successivi al Festival” e “Spesso fuori hanno più successo le canzoni che non vincono”, avremmo potuto dare fin dal principio un vero titolo a tutti i feedback giunti dall’esterno, cioè dal pubblico.
E se vogliamo, invece, parlare di capacità espressiva e testuale, è passato del tutto inosservato il brano meraviglioso, anzi la poesia, portata sul palco di Sanremo da Giovanni Truppi, “Tuo padre, mia madre, Lucia”. Che i tempi non siano ancora maturi per questo genere di scrittura e di canzone? Ahimè, sembra proprio così. Eppure in tv spesso e volentieri ci si vanta dell’attaccamento della musica attuale ai capolavori del “vecchio” cantautorato, come peraltro confermano gli omaggi a Dalla, Battisti, De Andrè, Battiato che in varie forme sono stati presenti anche in questa edizione del Festival. Quindi i risultati non tornano e non torna neanche il mancato riconoscimento per il miglior testo della gara a Truppi, capofila da anni ormai di un cantautorato impegnato, in cui sono le parole a catalizzare davvero l’attenzione, non l’estetica ma il testo, l’urgenza comunicativa. Probabilmente, però, non sono ancora tutti pronti ad allontanarsi dal conosciuto, per apprezzare anche il conoscibile.
Bisogna ammettere, comunque, che nonostante tutto il Festival di Sanremo 2022 è riuscito a raggiungere i suoi obiettivi principali: ha regalato al pubblico la possibilità di ascoltare musica per cinque intere giornate, di distrarsi e sdrammatizzare il brutto periodo che stiamo ancora attraversando e ha rappresentato, soprattutto, la prima grande occasione per tutti i cantanti di esibirsi nuovamente su un grande palco, di fronte ad una platea gremita di spettatori, segnando – si spera – una vera rinascita per il settore dello spettacolo.
Viva la musica dal vivo!