Antonio Megha ha promesso tremila euro e un posto di lavoro per essere eletto a Nevia.
AGI – Usura, estorsioni, spaccio di droga, detenzione di armi, ma anche voto di scambio grazie al quale ottenere un posto nel consiglio comunale di Neviano.
È lo sfondo di una indagine della Direzione distrettuale antimafia di Lecce contro un’organizzazione mafiosa salentina che ha portato all’alba a 15 arresti. L’indagine si sviluppa nei territori di Galatina, Aradeo, Neviano, Cutrofiano e Corigliano d’Otranto, è stata condotta dai militari del Nucleo investigativo del reparto operativo di Lecce, e ha coperto un arco temporale che va dalla primavera del 2019 sino all’inizio del 2021.
Delle persone destinatarie del provvedimento emesso dal gipdi Lecce, 11 vanno in carcere (e alcune erano già detenute) e quattro hanno avuto il riconoscimento dei domiciliari.
A beneficiare del voti di scambio, per gli inquirenti, è stato Antonio Megha, avvocato, ex sindaco di Neviano e attuale assessore alla Cultura, eletto in una lista civica, ma in passato militante nel centrodestra, ora ai domiciliari.
Nelle indagini compaiono nomi di personaggi storici della criminalità salentina tra cui Michele Coluccia, 63 anni e Antonio Coluccia, 65 anni, entrambi di Noha, frazione di Galatina; Antonio Bianco, soprannominato Stella, 49 anni, di Aradeo, e Marco Calò, noto come Uzzaru, 47 anni, di Aradeo.
L’organizzazione di Michele Coluccia, considerato capo e promotore dell’omonimo clan della Sacra corona unita. e già condannato con sentenza passata in giudicato, ha assicurato almeno 50 voti, a fronte di 3mila euro (solo mille euro, però, sono stati versati in maniera documentata), per le elezioni amministrative a settembre 2020. Megha, oltre al denaro, avrebbe promesso a Coluccia, attraverso N. G. (pure indagato), che è stato intermediario del patto, un posto di lavoro per suo figlio nell’impresa titolare dell’appalto per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti a Neviano.
Il gruppo malavitoso nel mirino dei pm, poi, ha gestito anche una redditizia attività usura, accompagnata da estorsioni, l’imposizione di versamento del cosiddetto punto cassa, ossia la somma di denaro pagata dagli spacciatori per cedere gli stupefacenti in una determinata piazza di spaccio.
Il tasso usurario applicato a piccoli imprenditori della zona oscillava tra il 20 e il 25% mensile, ma in alcuni casi era anche maggiore.
Tra le attività apparentemente lecite gestite dal clan vi è anche un’agenzia che si occupava della stipula di contratti di energia elettrica, gas, acqua e polizze assicurative.
Il titolare di una scuola guida, ha anche stretto un patto criminoso con il clan, assumendo il figlio di uno dei due capi ai vertici dell’organizzazione, consolidato in questo modo la sua posizione sul mercato ai danni di un’altra agenzia concorrente, ma versando una parte dei guadagni nelle casse del clan.