Argomento delicato e sensibile su cui vale la pena di riflettere
di Nunzia Bernardini
La dichiarazione della Corte costituzionale sulla inammissibilità del quesito referendario riguardante il c.d. “omicidio del consenziente” ripropone con forza il dibattito sul tema del fine vita.
L’argomento è un “tema sensibile” in quanto coinvolge aspetti giuridici, etici, filosofici e religiosi con argomentazioni articolate, la cui trattazione deve tener conto della complessità e delle diverse opinioni in campo.
Questo dibattito potrebbe, molto più utilmente, riportare l’attenzione di tutti su quanto si è già -faticosamente- realizzato sugli Hospice e le cure palliative: argomento che affronta il delicato momento del “fine vita” in maniera meno divisiva e più concretamente vicina alle Persone siano esse ammalati, familiari, medici e personale socio-sanitario
Il termine, lungi dal significare cure “inutili” deriva dal latino “pallium”, che significa “mantello”: il pallio, nella Grecia e nella Roma Antica, era il telo che si poggiava su una spalla e si drappeggiava intorno al corpo, sopra la tunica e dunque la scelta del termine sta a significare il senso di protezione assegnato a questo tipo di cure.
Pietra miliare dello sviluppo delle cure palliative è rappresentata nel 1990, dalla definizione, da parte dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) di cure palliative come: “la cura attiva globale di malati la cui patologia non risponde più a trattamenti volti alla guarigione o al controllo dell’evoluzione delle malattie (medicina curativa). Il controllo del dolore, di altri sintomi e degli aspetti psicologici, sociali e spirituali è di fondamentale importanza. Lo scopo delle cure palliative è il raggiungimento della miglior qualità di vita possibile per i malati e le loro famiglie”
I primi passi in Italia risalgono al 1999, quando le cure palliative sono state ufficialmente riconosciute ed inserite nel nostro Sistema Sanitario Nazionale, e da allora hanno avuto una crescita esponenziale che ha portato a più di 250 centri sia residenziali che domiciliari sparsi su tutto il territorio Nazionale.
Dunque il tema dell’accompagnamento dell’ammalato e dei suoi familiari rappresenta una conquista rispetto ad un tempo “recente” in cui non si trovava nessuna risposta in ambito sanitario e soprattutto ospedaliero.
E non si può parlare di cure palliative senza ricordare il coraggio e la lungimiranza di coloro che si sono impegnati e che per primi hanno creduto nei valori quali la qualità della vita unita alla dignità della persona malata, il rispetto delle volontà espresse e l’attenzione verso le famiglie come oggetto e soggetto di cura.
Di fondamentale importanza per l’assistenza ai malati in fase avanzata di malattia è l’approvazione della legge n.39/99 che di fatto ha sancito in Italia la nascita ufficiale degli Hospice a cui si è aggiunta la legge n. 38/2010 che disciplina le “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”.
Secondo tale norma le cure palliative rappresentano un diritto inviolabile di ogni cittadino definendole come: “l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici”.
Il potenziamento di queste strutture potrebbe essere un valido argomento per affrontare in maniera non divisiva la riflessione del Parlamento non “solo” sul tema dell’omicidio del consenziente ma soprattutto sull’accompagnamento dell’ammalato terminale in ottica multidisciplinare e rispettosa dei valori giuridici, etici ed anche religiosi che sono patrimonio fondamentale della nostra civiltà e del senso di Umanità che ci appartiene e ci contraddistingue.
Fine Prima Parte: la seconda riguarderà un esempio virtuoso di Hospice nel nostro territorio rappresentato dalla struttura “Aurelio Marena” che ha sede a Bitonto
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