La Consulta boccia tre degli otto quesiti referendari presentati, e ne ritiene ammissibili cinque, tutti sul tema della giustizia, per i quali gli elettori saranno chiamati a votare in primavera. In particolare, la Corte giudica ammissibili i referendum che riguardano l’abrogazione del decreto Severino in materia di incandidabilità, la limitazione del carcere preventivo, la separazione delle funzioni dei magistrati, la riforma del Csm e il voto nei Consigli giudiziari. Vengono bocciati i tre quesiti sulla responsabilità civile dei magistrati, sulla cannabis e sull’eutansia.
“Leggere che chi ha deciso non sa cosa sia la sofferenza, mi ha ferito. Ha ferito tutti noi”. Il presidente della Consulta, sull’eutanasia, è netto: “L’uso della parola eutanasia ha portato a questo. Perché quello è un quesito sull’omicidio del consenziente”, e così com’è “apre all’immunità penale per chiunque uccida qualcun altro con il consenso di quel qualcun altro, che sia malato oppure no”.
Poi spiega: “Occorre dimensionare il tema dell’eutanasia a coloro ai quali si applica, a coloro che soffrono. E questo noi, sulla base del quesito referendario, non lo potevamo fare, ma, con altri strumenti, se ne può occupare il Parlamento”. Il cosiddetto referendum sulla cannabis, “avrebbe violato accordi internazionali”, prosegue, perché comprendeva sostanze stupefacenti, “come papavero e coca, cosiddette droghe pesanti”.
”Non è stato accolto il quesito che in sostanza richiedeva di trasferire le norme sull’aiuto al suicidio all’omicidio del consenziente, attraverso la pronuncia della Corte. Ciò non è possibile con un referendum abrogativo che non può comportare aggiunte al quesito e al testo”. Giovanni Maria Flick spiega al Corriere della Sera il no della Consulta al quesito del referendum sull’eutanasia. Il presidente emerito della Corte costituzionale spiega che già tre anni fa la Corte ”aveva detto che anche l’aiuto al suicidio rimane reato.
Proprio a difesa dei soggetti fragili. Ma in casi particolari, ovvero quando c’è sofferenza intollerabile, infermità irreversibile e necessità di interventi salvavita continui, aveva previsto la possibilità di non punire chi aiuta il suicidio. Ma qui è diverso, perché l’aiuto al suicidio è cosa diversa dall’omicidio. Anche di chi lo consenta o lo chieda.
Se fosse stato accolto il quesito sarebbe rimasto punito solo l’omicidio dell’infermo di mente o del minore. Non di colui che accoglie la richiesta dell’amico: ‘Premi tu il grilletto perché non me la sento’. O di chi lancia una sfida. Pensiamo a TikTok: ci sono le sfide per gioco tra ragazzi che possono essere mortali: chi rimane più a lungo con un sacchetto di plastica in testa o su un binario di un treno. Tutto sarebbe stato legalizzato”.
Il si è arrivato su cinque dei sei quesiti presentati, sul tema giustizia, da Lega e Radicali, per i quali si voterà in una data tra aprile e giugno. In particolare vengono ammessi: – Riforma elezione Csm. In caso di vittoria del sì, verrebbe abrogato l’obbligo, per un magistrato che voglia essere eletto a Palazzo dei Marescialli, di trovare da 25 a 50 firme per presentare la candidatura. –
Separazione delle carriere dei magistrati. In caso di vittoria del sì, il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, di giudice o pubblico ministero, per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale. – Limiti custodia cautelare. Con una vittoria del sì resterebbe in vigore la carcerazione preventiva, per il cosiddetto ‘pericolo di reiterazione del reato’, solo per chi commette i reati più gravi.- Abolizione del decreto Severino.
La legge, del 2012, prende il nome dell’allora ministra della Giustizia, Paola Severino (Governo Monti) e prevede l’incandidabilità, ineleggibilità e decadenza per i parlamentari, per i rappresentanti di governo, per i consiglieri regionali, per i sindaci e per gli amministratori locali in caso di condanna. – Il quinto quesito ammesso è quello sui Consigli giudiziari. Si chiede di riconoscere, anche ai membri ‘laici’ dei Consigli giudiziari, avvocati e professori, di partecipare attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati.