di Claudia Babudri
Il 7 marzo all’ Istituto Italiano di Cultura di New York sarà inaugurata la mostra “Constancia. Donne e potere nella Sicilia mediterranea di Federico II”. L’esposizione di preziosi di inestimabile valore, provenienti da collezioni pubbliche e private siciliane, sarà dedicata a quattro straordinarie donne legate allo Stupor Mundi – la madre, Costanza d’Altavilla, la prima moglie, Costanza d’Aragona, la figlia naturale, Costanza di Staufen e la nipote, Costanza II di Sicilia – ed è frutto dell’impegno degli uffici regionali preposti alla tutela e alla valorizzazione dei Beni Culturali, dell’IIC – organo del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) e dei docenti dell’Università degli studi di Palermo Maria Concetta Di Natale, Pierfrancesco Palazzotto e Giovanni Travagliato.
L’evento, fruibile nella sede dell’IIC su Park Avenue fino all’8 aprile, sarà aperto da un ciclo di video-lezioni dedicato alla civiltà federiciana, organizzato dall’Università del Salento, curato da Francesco Somaini ,ordinario di Storia Medievale. Studioso di ampio respiro, si è occupato di storia della Chiesa, di politica militare e diplomatica dell’area mediterranea tra Medioevo e Rinascimento. Si è interessato di storia sociale, economica e culturale, cartografia storica e geografia politica dell’Italia del basso Medioevo.
Ha studiato papi, cardinali, vescovi e chiese locali del XV secolo, ma anche gli Stati, le istituzioni politiche italiane, europee e mediterranee tra tardo Medioevo e prima Età Moderna. Ha approfondito studi danteschi e indagini sull’ alto medioevo. Dallo scorso anno coordina il Centro Studi Medievali dell’Università del Salento.
Lo abbiamo intervistato per voi.
La notizia dell’allestimento della mostra “Constancia. Donne e potere nella Sicilia mediterranea di Federico II” che da Palermo approderà a New York dal 7 marzo all’8 aprile, rende fiera la Sicilia ma anche la Puglia, terra assai cara allo Stupor Mundi.
Potrebbe fornirci qualche anticipazione sul contributo dell’Università del Salento e sul ciclo delle lezioni da lei curate?
Nei mesi scorsi abbiamo costituito all’Università del Salento un Centro di Studi Medievali, mettendo insieme – cosa non troppo frequente nel mondo accademico (italiano e non solo) – le competenze e i saperi di una settantina di docenti del nostro Ateneo (in servizio o in quiescenza) provenienti da diversi settori scientifico-disciplinari, ma accomunati dal fatto di occuparsi da vari punti di vista, con diversi approcci e diverse prospettive di temi che a vario titolo intersecano i secoli del cosiddetto Medioevo (una nozione, questa, oggi usata sempre più spesso a sproposito e come sinonimo di pura negatività e sulla quale ci sarebbe forse qualche ragionamento da svolgere). Gli amici e i colleghi dell’Istituto di Cultura Italiana di New York, istituzione di indiscutibile prestigio, sono venuti a conoscenza di questa nostra iniziativa e ci hanno contattato.
E poiché loro avevano in animo di mettere in piedi la bella mostra che prenderà effettivamente il via il 7 di marzo, ci hanno proposto di accompagnare la parte più propriamente espositiva con una serie di lezioni/conferenze (in parte da remoto in parte in presenza) su tematiche, che, seguendo l’approccio interdisciplinare proprio del nostro Centro Studi, possano contribuire a fare luce su quella particolarissima stagione della storia della Sicilia, del Mezzogiorno e del Mediterraneo, che fu l’età di Federico II e di Manfredi di Svevia, o, come potremmo anche dire, l’età della quattro Costanze, volendo con ciò considerare quel particolare periodo anche sotto il prisma peculiare del femminile. Cominceremo con un primo ciclo di 12 lezioni che verteranno su diversi temi: Kristjan Toomaspoeg (storico medievale) parlarà ad esempio de “Il regno pluriculturale di Federico e Costanza”; Paul Arthur (archeologo medievale) toccherà il tema della “Rivoluzione materiale della Puglia Normanno Sveva”; il linguista Rosario Coluccia parlerà dei “Poeti della Scuola siciliana”; Lucina Speciale (storica dell’Arte Medievale) si occuperà del celeberrimo trattato “De arte venandi cum avibus”; l’italianista Valter Puccetti parlerà invece di “Federico II in Dante”; e via via discorrendo.
Al primo gruppo di lezioni ne seguiranno altre dopo l’estate. Tutte le lezioni verranno inoltre registrate, e rimarranno perciò come un materiale didattico non volatile. Non è da escludersi inoltre che le si possa anche raccogliere in un volume di atti.
I monili attestano potere e status sociale. Quanto è importante l’alta oreficeria e quanto possono dirci i gioielli sugli scambi culturali ed economici in epoca normanno – sveva?
Corone, diademi, scettri, anelli, spille, gioielli e monili vari sono ovviamente simboli imprescindibili di potere, di autorità, di status e di dignità. Lo erano nell’Antichità. Lo furono nel Medio Evo. Lo sarebbero stati anche in seguito. L’oreficeria, da questo punto di vista, si può dire che sia sempre stata associata a questa funzione esaltativa ed ostentativa della ricchezza e del potere, e in particolare della regalità. Per esempio la celeberrima corona, con gemme e perle, proveniente dalla tomba palermitana di Costanza d’Aragona, la prima moglie di Federico II, ne è una evidente testimonianza.
Essa sarà tra l’altro uno dei pezzi più significativi della mostra newyorkese e le differenti matrici artistiche che vi si possono riconoscere attestano chiaramente anche il carattere sincretico e multiculturale che connotava il Regnum Siciliae.
La mostra è dedicata a quattro grandi donne legate a Federico II. I gioielli in mostra raccontano le loro storie, i loro gusti. Ma anche la loro epoca.
Quanto della loro vita e del loro privato possiamo capire attraverso queste testimonianze? È possibile tracciarne un ritratto istituzionale e umano?
Certamente i pezzi esposti sono una testimonianza del loro tempo, di una specifica cultura artistica e anche della civiltà materiale in cui si potevano trovare inserite, come committenti e destinatarie, quelle donne appartenenti alle più elevate élites della società del loro tempo (non si dimentichi che stiamo parlando, dopo tutto, di regine e di imperatrici). Il privato e la vita intima di queste lontane figure resta però più difficile da afferrare. Né si può dire che gli oggetti, che servivano più che altro ad esibire il volto esteriore dell’autorità e del potere, possano essere facilmente rivelatori dei sentimenti, delle emozioni, o dei moti più reconditi dell’animo di quelle donne.
Più agevole è semmai cercare di cogliere dei tratti della loro personalità partendo, da quel che possiamo desumere dalla loro condotta come attrici politiche ed istituzionali del resto non proprio marginali (pur nel quadro di una dimensione pubblica che, non va dimenticato, restava comunque a chiara dominanza della componente maschile).
Professore, da autorevole rappresentante del Centro di Studi Medievali dell’Unisalento, ha il privilegio di collaborare con tanti studiosi importanti, tra cui Paul Arthur. Come lei ha dichiarato, il Centro è nato per dare impulso a studi e ricerche sul Medioevo attraverso “diversi approcci disciplinari atti a favorire un incremento della qualità della formazione, proporre una divulgazione scientifica di alto livello e, non ultimo, rendere l’Università del Salento un polo attrattivo per gli studi interdisciplinari sul Medioevo”.
Alla luce delle finalità del progetto, quanto è importante lo scambio internazionale in campo storico, artistico e archeologico per l’Unisalento?
Quanto è importante il ciclo di lezioni in seno all’evento newyorkese?
Quali sono gli obiettivi che intende raggiungere?
L’occasione offertaci da questa collaborazione con l’Istituto di Cultura Italiana di New York è per noi estremamente interessante; e anche ricca di prospettive incoraggianti.
Per il nostro Centro è sicuramente un’opportunità per farci conoscere. Ma al di là di questo credo che questo ciclo di lezioni e di conferenze possa essere utile per far conoscere meglio – al pubblico statunitense ed agli Italiani d’Oltre Oceano, e poi a tutti coloro che vorranno servirsi (anche a scopo divulgativo) del materiale che avremo registrato – quella straordinaria stagione culturale, politica, artistica della storia italiana, europea che fu l’età della dominazione normanno-sveva sul Mezzogiorno della Penisola e sulla Sicilia. Mi sembrano già questi obiettivi importanti e preziosi. E poi, chissà?, da cosa può nascere cosa.
Un filo conduttore tra Mezzogiorno e America, una collaborazione preziosa come il quarzo di taglio cabochon appuntato sul mantello con cui Federico II fu deposto nella Cattedrale di Palermo, prossimamente in mostra a New York con gli altri gioielli federiciani di inestimabile valore, in nome della diffusione della cultura e del sapere.