Principale Economia & Finanza “Rivoluzione balneare”, il governo critica l’UE ma poi vota compatto

“Rivoluzione balneare”, il governo critica l’UE ma poi vota compatto

Col rischio di far fallire circa 30mila piccole imprese italiane (ma “Ce lo chiede l’Europa”), il Consiglio dei ministri vota all'unanimità un discusso emendamento al "DL concorrenza". Gli italiani premieranno questa scelta con il voto?

Le piccole e medie imprese che si occupano di Turismo in Italia si trovano, da tempo, in una difficile situazione a causa delle misure adottate per la “protezione della salute pubblica“, che hanno pesantemente limitato il loro operato. Tra queste, a ricevere un altro duro colpo, ci sono le aziende del comparto spiagge, che ora rischiano di perdere le proprie concessioni a causa di un dibattuto emendamento al nuovo “DL concorrenza“, poi votato però all’unanimità dal Consiglio dei Ministri.

A partire dal 1° gennaio 2024, le licenze per le attività sul pubblico demanio saranno assegnate tramite libera gara, aperta anche ad investitori internazionali (e non sarà più possibile ottenere una proroga automatica dell’affidamento, come indicato da una sentenza del Consiglio di Stato del 20 ottobre scorso). Questa decisione è stata presa principalmente in osservanza della Direttiva Bolkestein dell’Unione Europea, approvata nel 2006 e recepita in patria nel 2010, che ha imposto al nostro Paese di aprire i propri lidi alla “libera concorrenza“, permettendo così anche a multinazionali – vedi il recente caso Red Bull a Trieste – di entrare nel mercato balneare italiano.

La Bolkestein non premia nessuno

Le controversie riguardo a questa questione sono andate avanti per più di 15 anni, ma solo ora la Commissione dell’UE ha concretizzato le minacce all’Italia avviando l’iter della procedura di infrazione, subordinando inoltre l’approvazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) all’adozione di un provvedimento sulla competitività conforme alle proprie “richieste”.

Questa misura, tuttavia, ha sollevato gravi preoccupazioni dal punto di vista politico, poiché potrebbe privare migliaia di famiglie italiane – votanti – dei loro introiti. In più ha scatenato tensioni sia tra gli esercenti concessionari sia all’interno del centrodestra parlamentare. La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, infatti, ha attaccato su questo tema il parigrado della Lega, Matteo Salvini, (si dice) cercando di capitalizzare politicamente la situazione. Secondo alcuni sondaggi, infatti, Fratelli d’Italia pare che stia superando il PD e diventando il primo partito italiano, mentre i leghisti starebbero perdendo consensi, scendendo al 17%, – circa il 50% in meno di quanto ottenuto alle ultime elezioni europee -.

La diatriba istituzionale si è allargata poi anche agli esponenti di “Casa Bruxelles“, con il commissario europeo Paolo Gentiloni che ha parlato di impossibilità di “ignorare il regime di competizione, a cui hanno prontamente risposto l’europarlamentare e coordinatore nazionale di Forza Italia Antonio Tajani (affermando che “È stato commesso un errore quando è stata formulata la Bolkestein”) e il senatore azzurro Maurizio Gasparri (“Gentiloni? Si occupi di quel che gli compete e eviti “invasioni” di campo”).

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Punti di partenza differenti: non funziona

Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera dei Deputati e membro di Fratelli d’Italia, ha criticato aspramente l’approccio indicato, sottolineando con forza le potenziali conseguenze negative che si avrebbero nel portare avanti la scelta di aprire i nostri litorali (ma non solo, ricchezze in genere: porti, mercati, fiere, monumenti, impianti di risalita, strade e piazze – uniche al mondo -) a “soggetti economici tedeschi, francesi, olandesi etc.”.

Rampelli ha sottolineato anche “l’assenza di reciprocità concorrenziale” che esiste tra il patrimonio territoriale del nostro Bel Paese e quella di alcuni Stati dell’Europa settentrionale (Svezia, Finlandia, Danimarca, Paesi Bassi, Lussemburgo), alle cui strutture, da ora, potremo accedere anche noi come gestori, sempre dopo apposita asta. Tuttavia, non è chiaro se questo tentativo di aprire il mercato avrà successo: la legge dovrebbe essere approvata da entrambe le Camere entro la tarda estate e il tempo utile (sei mesi dall’entrata in vigore del Disegno di legge) per adottare decreti legislativi, che spieghino le modalità esatte con cui il settore verrà allargato alla “libera concorrenza”, scade proprio a ridosso delle elezioni politiche.

Al momento, quindi, c’è incertezza sul fatto che il governo avrà il coraggio di andare fino in fondo e “sfrattare” decine di migliaia di famiglie proprio prima del voto. La situazione rimane incerta e sarà interessante vedere come si svilupperà nei prossimi mesi.

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Fonti:

Visione TV (Testata giornalistica italiana; articolo di Arnaldo Vitangeli del 16 febbraio 2022);
Il Sole 24 Ore (Testata giornalistica italiana; articolo dell’11 febbraio 2022);
Sito web di ItaliaOggi (Quotidiano economico, giuridico e politico);
Movimento 5 Stelle Roma (canale video su YouTube);
Sito web di La 7 (Emittente televisiva italiana);
Fratelli d’Italia (canale video su YouTube);
Canale video su YouTube di Cammino Diritto (Start-up innovativa a vocazione sociale, editore dell’omonima rivista scientifica ANVUR e della piattaforma di formazione online “Formazione Cammino Diritto”).

Antonio Quarta

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

Il Corriere Nazionale

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