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Storie di ordinaria solitudine di provincia

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Ieri sera sono stato al telefono con il mio amico di vecchissima data, l’unico che mi è rimasto qui a Pontedera. Siamo stati al telefono per un’ora e mezzo. Io ero nel mio sottotetto. Lui era a passeggiare al buio sull’argine. Abbiamo parlato del più e del meno, ma anche di questioni serie e profonde. Lui mi ha reso edotto di cosa fanno e come stanno ex amici e conoscenti. Gli ho detto che l’essere umano è poca cosa, che si fa presto a finire tra le cose morte, che secondo la psicologia il Sé è sfuggente e il pensiero è frammentario. Poi immancabilmente il discorso è scivolato sul sesso. Mi ha detto che è sottoposto a delle tentazioni. Lo so che vorrebbe aver vissuto mille vite e che ha rimpianti. Gli dico che non deve averli. Gli chiedo se lui a venti anni amava sua moglie e se lei lo amava. La risposta è stata affermativa. Allora non deve porsi troppi problemi. Se sua moglie è una cattolica devota e non una pornostar non deve avere rimpianti. Gli dico che si possono fare grandi avventure mentali, che non ci sono solo quelle carnali. Gli cito Kant e Pessoa che non si allontanarono mai dalle loro città. Gli ricordo di Salgari che non visitò mai le terre descritte nei suoi libri. Si può fare grandi viaggi con la mente. E poi chi può dirlo se la nostra vita è solo un sogno di un cervello in una vasca, alimentato artificialmente, come propone un neuropsicologo? Lui mi dice che un certo D. guadagna molto bene e ha girato il mondo, pieno di donne. Mi dice che ora è in Brasile e fa sesso anche con due, tre ragazze ogni notte, imbottito di Viagra. Eppure anche lui da ragazzo qui in Italia non piaceva alle ragazze. Concludo io che le donne italiane sono molto esigenti e vogliono a tutti i costi il maschio alfa. Mi dice lui che in Brasile è un altro mondo. Gli dico che io non ho di questi problemi. Nessuna mi viene a cercare. Io non cerco nessuna. La solitudine un poco mi pesa ogni tanto, ma cerco di non pensarci e andare avanti. Mi dice che a venti anni eravamo donne e champagne. Gli rispondo io che siamo sempre andati a seghe e gazzosa, che lui si ricorda male. I problemi passati la cinquantina saranno altri. Lui mi dice che a questa età si è più saggi. Io preferisco usare il termine consapevolezza esistenziale. Gli dico che c’è troppa competizione al mondo d’oggi e che invece ogni voce dovrebbe essere conosciuta e riconosciuta. Io ho 49 anni. Lui 51 anni. Gli racconto di Fabrizio che si era trasferito a Roma per divertirsi e che è morto da solo per un malore. Aveva 70 anni e i vicini si sono accorti della sua morte per l’odore che fuoriusciva sul pianerottolo dopo giorni che non lo vedevano. Era morto in casa sua. Il suo cugino e i parenti lontani rimasti hanno trasportato la salma qui a Pontedera. Gli dico che poi alla fine siamo tutti soli al cospetto della morte, come cantava De Andrè. Finita la telefonata mi sono preparato e sono andato a cena con mio padre. Era da due anni e mezzo che non andavo a cena fuori. Siamo andati a Bientina da Yuri 2, bar, ristorante, pizzeria. Abbiamo mangiato due pizze, io le patatine fritte, una bottiglia di acqua: 11 euro a testa. Abbastanza economico e abbiamo mangiato bene. La pizza l’ho digerita bene. Il servizio efficiente. Sono stati gentili. Al ritorno mio padre mi diceva di Macari, un paese ormai famoso per la serie televisiva. Poi ho acceso la radio. Mi ha detto che certi cantanti di Sanremo non li capisce quando cantano. La radio passava una musica rap. Lui mi ha detto che così sono tutti buoni a cantare e che se il rap andava di moda ai suoi tempi ci provava anche lui a fare il cantante. Eravamo a casa. Uno sguardo all’ecomostro in fase di ristrutturazione. Hanno già sfatto i vecchi solai perché non erano a norma di legge. Nessun cittadino sa esattamente il rendering. Al di fuori degli addetti ai lavori nessuno sa come sarà in futuro. La serata era finita.

2/

Per molti il problema principale della vita è fottere. Tutto partirebbe da lì. Avrebbe origine da lì. Chi non fotte o non sa fottere è un fallito. Un uomo viene giudicato da quello, dalle avventure, dalle prestazioni sessuali. Pavese si uccise anche per questo, anche se non solo per questo. Si fa un grande parlare di sesso. Come se fosse l’unica affermazione della vita contro la morte. Chi non si adegua è un represso, ha strane inibizioni. Io non faccio sesso e non sono moralista. Non lo sono per niente. Il mio isolamento, il fatto di non avere vita sociale mi porta all’esclusione sessuale. Ma sono questi i problemi della vita arrivato alla soglia dei 50 anni? Non posso avere l’elisir di eterna giovinezza. Oramai chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto…importante è sopravvivere e godere di buona salute…non chiedo altro. In fondo bisogna cercare prima di tutto di non rimetterci. Poi tutto quello che viene in più è qualcosa di guadagnato. Un mio amico mi dice che guardare i siti porno è frustrante: una quantità inenarrabile di ragazze e donne disinibite. Sembra che portarsi una donna a letto sia così facile come bere un bicchier d’acqua. Sembrano non esistere le delusioni sentimentali, le incomprensioni. Tutto sembra semplice. Una persona si sente ancora più sola. Ma sono questi i problemi dell’esistenza? Mi viene però subito in mente un’amica di famiglia che a poco più di 70 anni soffre di Parkinson e cammina malissimo. Cosa mi riserverà la vecchiaia? Si va verso il declino inarrestabile…altro che orgasmi, edonismo, vitalismo disperato. Molti fottono per godersi gli ultimi scampoli della maturità. Alcuni sono eterni adolescenti che non hanno vissuto a dovere adolescenza, giovinezza e cercano di rifarsi. Curano all’inverosimile il look. Si rifanno. Usano qualsiasi accorgimento estetico, sessuale per apparire più prestanti e più giovani. È un caso classico la morte del padre che di solito porta a simili comportamenti da viveur. Per alcuni il padre è censore, è una presenza castrante. Ma alcuni oltre a questa ragione si lasciano andare al libertinismo, sopraffatti dal dolore per la perdita, finiscono allo sbando. Niente da eccepire perché possono viverla come vogliono la loro vita. Ma alcuni mi sembra che abbiano perso l’appuntamento con la vita o almeno con la gioventù e cercano di recuperare. I problemi forse sono altri. Penso a C. che ha tentato il suicidio e si è salvato in extremis. Ora sta facendo la riabilitazione. Forse aveva finito i soldi. Forse si sentiva troppo solo. Ne dicono di ogni. Storia ordinaria di solitudine o di disagio in una provincia qualsiasi. Forse gli italiani sono pieni di problemi e sono sempre più frustrati e alienati. Forse manca a molti, me compreso, la gioia di vivere di un tempo.

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Lo schema mentale di alcuni, talvolta anche il mio, è fatto da rimpianti e frustrazioni. Anche frustrazioni e rimpianti sessuali. Ma è errato. È un circuito psichico disfunzionale. Può portare solo a commettere sbagli. Può portare solo a vivere avventure che portano all’autodistruzione e lasciano il senso di vuoto. Leggevo Andreoli che scriveva di coscienza orgasmica. Mi chiedo se il sesso possa portare davvero all’estasi. I momenti di solitudine e di crisi ci sono per alcuni di noi, anche se non per tutti. Talvolta avrei bisogno di uscire da me stesso, di rompere la solitudine. Ma è un cosa fugace, momentanea. Poi ritorna un minimo di equilibrio interiore, quello solito. Mi metto a scrivere le mie cazzate. Mi sfogo. Passo del tempo. Un tempo scrivevo: chi è più solo di un bambino che ascolta il coito dei genitori? Tutti siamo stati bambini. Ci sono sessantenni che pagherebbero oro per rimettersi in mezzo al letto tra i genitori dopo un incubo. Ma gli incubi nella vita non finiscono mai e i genitori invecchiano e muoiono. I bambini diventano uomini maturi. La domanda precedente è mal posta. La vera domanda è: chi non è mai stato solo? Cammino. Ho questi pensieri. Attraverso la Sozzifanti. Vado verso il bar sotto i loggiati vicino all’ospedale. È pieno. Aspetto fuori. Preparo il green pass e i soldi. Entro. Bevo il cappuccino. Pago. La ragazza è gentile, simpatica, cortese. La saluto, le dico buongiorno. Lei mi saluta e mi risponde altrettanto. È un contatto sociale sporadico. Talvolta basta anche questo per distrarmi dai soliti pensieri, per dare il là alla giornata, per darmi il buonumore. Ritorno a casa. Scalcio un sasso. Evito alcune persone. Sento il tepore del sole. Mi viene in mente una pagina del diario di Guido Morselli, in cui scrive che ha sognato sé stesso che camminava da solo e si è fatto una gran pena. Però penso anche a Piero Ciampi che in una sua poesia scrive che non abbiamo diritto di sentirci soli perché nessuno è davvero mai solo, anche se chi potrebbe capirci e confortarci è lontano e non può raggiungerci. Penso alla solitudine delle persone anziane, che sono rimaste davvero senza nessuno. Penso a chi è malato e nessuno lo assiste. Penso a un donnaiolo che aveva tutte le donne e ora allettato è da solo, senza nessuna. Bisogna sempre vedere se l’amore o l’amicizia sono tali al momento del bisogno. A volte a chi è indeciso tra la moglie o l’amante chiedo chi gli netterebbe il deretano se rimanesse infermo. Penso infine a C. che aveva un bar ed è morto di tumore. È campato un anno, ha lottato ma poi è stato vinto. Andavo sempre a bere dei drink da lui. Ora non bevo e non fumo più da anni. Il suo bar è stato rilevato da una cooperativa e lo gestisce sua figlia. Non sono andato al funerale perché ero solo un conoscente. Una volta mi disse che i baristi dovevano dimostrare un’etica e non potevano dare troppi alcolici alla stessa persona. Lui si sentiva responsabile degli alcolici che versava. Mi ricorda Auden secondo cui i più grandi produttori di tabacco erano tutti uomini pii e devoti. C. invece era un uomo giusto e davvero timorato di Dio. Mi ricordo che quando mia madre fu derubata da due drogati fu lui il primo ad assisterla. Sicuramente anche se sua figlia è sposata e ha prole dalla sua scomparsa si sentirà molto più sola. E io mi chiedo quando sono stato davvero solo. Forse dopo le delusioni sentimentali, forse in alcuni momenti in cui mi sono sentito incompreso. Un tempo mi sentivo solo, anche se non ero solo. Oggi mi sento di meno solo, anche se sono più solo. Sono arrivato a casa.

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L., mio carissimo amico, mi sopravvaluta parecchio e pensa che tutto sia facile con le donne. Appena vede che qualcuna mi mette un like o un cuoricino (anche se è bella e/o colta e/o in carriera) pensa che sia un segno inequivocabile che le piaccio e allora mi dice che dovrei provarci. Insomma non dovrei lasciare niente di intentato. In realtà io non sono mai stato piacente. Ho sempre fatto moltissima fatica con le donne e ho avuto le mie belle delusioni. Non parliamo poi di ora. Potevo andare bene nei primi anni’90. Non oggi. Ora sono tutti 1.85 e molti sono palestrati. Io sono solo 1.75 e sono anche sovrappeso. Cammino un poco ingobbito. Ho un atteggiamento scoliotico. Alle toscane piacciono gli uomini rudi e che camminano col petto in fuori, con pettorali e addominali scolpiti. Insomma non ho chance. A onor del vero ho qualche interazione virtuale con delle donne, ma sono inerenti alla mia passione per la poesia contemporanea e alle mie collaborazioni con riviste online. Non c’è assolutamente niente di sessuale, affettivo, sentimentale. Non mi considerano minimamente sotto l’aspetto sessuale le mie conoscenti online. Non mi sono mai illuso in questo senso. Non ho nemmeno mai forzato la mano. Non ho mai fatto il cascamorto. Penso di essermi sempre comportato correttamente. A riprova del fatto che non piaccio c’è che se provo a chiedere l’amicizia su Facebook a qualcuna mi viene rifiutata. Capisco che oggi il virtuale si mischi al reale, diventi esso stesso reale, che tutto sia più mentalizzato però indipendentemente da quale matrix io giochi alla fine risulto sempre solo. Non riesco nemmeno più a innamorarmi. Posso provare una simpatia. Niente di più. Ci sono donne che mi attraggono sessualmente o mentalmente ma mi fermo sempre lì. È da così tanto tempo che non ho un incontro ravvicinato con una donna che non mi ricordo nemmeno più come si fa. Così dicono gli anglofoni: “Don’t use drugs! Use Expanded Orgasms!”. Così sostengono i sessuologi. Ci sono donne che raggiungono l’orgasmo multiplo, prolungato. Altre che difficilmente lo raggiungono. Io ormai non esco più con qualcuna da anni. L., il mio carissimo amico, si lamenta del solito sesso. Io gli rispondo che pratico l’astinenza sessuale da anni. Sono messo peggio di lui. Ma si ritorna all’aspetto mentale. Io posso stare meglio a farlo da solo piuttosto che con due donne occasionali. Come cantava la Nannini oggi sto bene da me, oggi mi basto. Anche Lucio Dalla scrisse un inno all’amore solitario con Disperato, erotico, stomp. Mi ricorda una poesia di un’antologia di poeti toscani del’900, in cui una prostituta pisana sui lungarni, se la memoria non mi inganna, approccia l’autore e gli dice in francese: “tu viens”. Ma il giovane poeta passa oltre, resta solo. Oggi il poeta è sicuramente morto come la prostituta. Di quell’attimo tra loro non resta niente ormai. Quella antologia l’ho persa nel trasloco e non mi ricordo più il titolo. Resta solo un mio ricordo sbiadito di quella antica solitudine di un poeta ormai scomparso da tempo.

Piuttosto che illudere, illudersi, autodistruggere o distruggere è meglio la solitudine, se è anche una scelta consapevole. A volte bisogna saper rinunciare per non complicare ulteriormente la vita a una donna. Vado a prendere il cappuccino alla Coop. Oggi è domenica e il bar sotto i loggiati vicino all’ospedale è chiuso. Pago prima. Hanno una macchinetta per controllare il Green pass. Non so come funzioni. La ragazza mi illumina. Ero incerto dove passare il Green pass. Bevo il cappuccino. C’è una coppia di anziani seduta. Parlottano tra di loro. C’è una ragazza che consuma come me al banco. Saluto. Esco. Oggi è una giornata soleggiata, luminosa. Ho gli occhi fotosensibili. Mi lacrimano un poco. Non ho portato gli occhiali da sole. Cammino. Penso a quello che diceva un anziano alla televisione ieri: negli anni Settanta facevano scandalo i morti sul lavoro, oggi no. Una macchina che passa ha la radio accesa a tutto volume. All’ecomostro anche oggi lavorano che è domenica. Forse hanno subappaltato dei lavori a dei padroncini. Oggi tranne alla Coop tutti i bar sono chiusi nella zona. Guardo il viavai delle auto sulla circonvallazione. Passa un uomo malandato, povero. Anche io potrei fare la sua stessa fine. Ci vuole così poco. Basta niente. Qualche colpo di sfortuna. Due anziani parlano dei rincari, di Putin e si chiedono dove andremo a finire. Io mi incammino verso casa e penso che poi alla fine siamo tutti soli.

5/

Vado fuori a fare il giro della Coop. È sera dopocena. Mi ha telefonato L., aggiornandomi sullo stato di salute di un suo familiare. Speriamo un bene. Abbiamo conversato per 5 minuti. Avevo cercato di contattarlo via messanger, ma lui raramente guarda i messaggi. Cambio argomento. Ho fatto delle ricerche sulla nuda proprietà. Per vivere tranquilli io e mia sorella non dovremmo sposarci e rivolgerci a una società che si occupa di nuda proprietà. Potremmo usufruire dei pochi beni immobili e avere una piccola rendita. Naturalmente si spera vivamente che i nostri genitori campino a lungo. Viviamo così in armonia in famiglia. Esco fuori con questi pensieri. Cammino. Non sembra esserci nessuno. Dopo la curva all’improvviso mi imbatto in un uomo e una donna. Lui è ottantacinquenne che cerca di essere giovanile a tutti i costi. Lei è una cinquantacinquenne molto stramba. È sempre in bicicletta. Lui ha perso la testa per lei. Lei sta con lui ma si vergogna e a volte lo tratta male. La Coop è chiusa. I due sono amanti. Lui mi bisbiglia: “ti piacerebbe anche a te”. Lei sorride e schernendosi sussurra: “non facevamo niente di male”. L’uomo è sposato. Sua figlia abita a Roma forse. Sua moglie dà la colpa alla donna. Insomma secondo la moglie è l’occasione che fa l’uomo ladro e la donna puttana, sintetizzando volgarmente. La donna quando vuole approcciare qualcuno si avvicina e chiede degli spiccioli. Li ha chiesti ripetutamente a me, a mio padre, a L. Ma non la vedo affatto come una presenza inquietante. È una brava donna con le sue storie. Ha diritto a vivere la sua vita come meglio crede. Alla fine torna sempre a casa da sola. Alla fine anche lei è sola. Penso che nella zona della casa di prima c’era la borghesia, che come scriveva Busi è uccel di bosco. Le ragazze dell’altra zona si facevano le loro storie all’estero nei loro viaggi, ma qui guardavano molto alla reputazione. In questa nuova zona genericamente le ragazze sono più veraci e se ne fregano di più del giudizio altrui. Ma io ormai sono troppo vecchio. Penso che un tempo, un anno fa una coppia parcheggiava sempre il camper davanti casa. La vicina li ha sentiti litigare. Lui lavorava per una ditta, che faceva lavori poco distante. Erano del Nord. Lei si vedeva con un camionista che anche lui parcheggiava qui vicino. Il fidanzato era geloso. Una notte hanno litigato di brutto i due fidanzati. Non si sono più visti. La vicina stamani ha detto che suo marito soffre di una grave forma di depressione. Sono dei vicini eccellenti. Molto bravi. Simpatici, cortesi, mai invadenti. Mia madre un tempo faceva l’happy hour con la vicina. Parlavano dei figli. Guardo un’altra casa del vicinato. Ha una mimosa in fiore e un mandorlo in fiore. Penso ai mandorli in fiore nella Valle dei Templi. L’ho visto in TV. Non ci sono mai stato e non è detto che ci andrò. Sono tornato a casa.

6/

Telefona una dipendente del comune di Pontedera. Si occupa dei cimiteri. Risponde mio padre. Gli dice che due parenti verranno messe nell’ossario comune. È da circa 70 anni che sono morte. Mio padre non si ricorda esattamente l’anno. Sa solo che era un bambino. Una era mia zia, morta appena nata. Il medico quando nacque disse a mia nonna che era un mostro. Era troppo grossa. Il dottore disse a mio nonno che doveva scegliere tra salvare sua moglie oppure la figlia. Non fu molto delicato il medico. Fu molto brusco, senza tatto. Erano altri tempi. I medici potevano fare questo e altro. Esercitavano un grande potere. Gli stessi figli dei dottori avevano privilegi e status invidiabili. I miei nonni poi non avevano studiato. Mio nonno paterno era un operaio, mia nonna era una casalinga che lavorava con la macchina da cucire. Di solito ci sono il trauma della nascita e quello della morte da affrontare. In questo caso i due traumi combaciarono perfettamente. La cosa venne rimossa. Ogni tanto però in casa parlavano della bimba, intendendo questo esserino morto, appena venuto alla luce. A mia nonna le prese il sistema nervoso. Per tutto il resto della vita dormì con la luce del comodino accesa. Una volta rimasta vedova dormiva lo stesso con la luce accesa, anche se per anni dormiva con me. Era anche diventata obesa. Quando mio nonno entrava lo stesso in fabbrica quando c’erano gli scioperi, dato che non poteva permettersi di fare altrimenti, gli dicevano che era un crumiro, gli offendevano la moglie e gli chiedevano come facesse a fare l’amore con lei. Mia nonna mi raccontò che mio nonno le fece anche delle corna. Prima quando andò a lavorare a Biella. Alcuni partigiani comunisti uccisero dei ragazzi di Pontedera molto probabilmente anche per una storia di donne. Mio nonno scappò e ritornò a casa a piedi. Ci mise molti giorni. Per questo motivo venne licenziato e per essere riassunto alla Piaggio ebbe bisogno della raccomandazione della moglie di un dirigente. Naturalmente ci andò a letto con questa donna per ingraziarsela. Una volta a Este conobbi una ragazza di Biella. Il discorso immancabilmente finì su mio nonno che aveva lavorato a Biella. Parlammo dei caduti pontederesi di Biella. Facemmo quel che dovevamo fare. Nell’intimità mi disse piangendo che suo nonno era stato un partigiano comunista responsabile di quel crimine.

L’altra defunta è una parente che aveva problemi fisici e psichici. Era stata messa in un istituto a Livorno. I miei bisnonni se ne vergognavano. Era una vergogna allora. La consideravano un’infelice. Allora era una cosa che marcava la reputazione di una famiglia. Questi sono due traumi transgenerazionali. Ma forse lo stesso transpsichico è troppo mitizzato, anche se c’è sicuramente del vero. Dipende molto se i propri familiari nella nostra infanzia avevano già elaborato e superato i traumi oppure no. A mio avviso li avevano superati senza ombra di dubbio. Della parente vissuta nell’istituto io ne ho saputo da pochissimo. Abbiamo telefonato alle onoranze funebri. Abbiamo spiegato tutto e ci hanno detto che molto probabilmente non ci sarà bisogno neanche di cassette. Siamo poca cosa e di noi non resta niente a distanza di pochi decenni. Il 22 febbraio ci vorrà uno di noi per presenziare al cimitero. A volte penso che la morte ha la meglio su tutti. Senz’altro il cimitero con la sua aria lugubre ricorda la nostra miseria. Forse qualsiasi affermazione di vita è inutile. Forse non è rincorrendo l’eterna giovinezza, ma affrontando la vita in una nuova dimensione spirituale, sotto una nuova luce, che si trova la soluzione a ogni cosa, la chiave di volta di questa esistenza.

Davide Morelli

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