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Appunti di un provinciale

Ma chi l’ha detto che per voler bene bisogna essere gelosi? Perché la paura di perdere la persona amata deve per forza manifestarsi con la gelosia? Perché per una nostra paura dobbiamo necessariamente sottrarre libertà alla persona amata?

La gelosia non è forse egoismo?

Eppure chi è geloso invoca il rispetto reciproco e la difesa dell’onore. In favore del libero amore c’è il fatto che con l’andare del tempo ci si annoia, che non tutti riescono a ravvivare il desiderio, a inventarsi nuovi giochi per passare le notti. La mistica ci dice che si può stare bene anche da soli.

La psicologia ci dice che siamo fatti per stare in due. Alcune persone si fanno convincere di essere proprietà esclusiva della dolce metà oppure si fanno convincere all’amore libero per paura di ritrovarsi da sole. Alla fine è la paura della solitudine che muove tutto nel bene e nel male, gelosia ossessiva o libertà sessuale sfrenata? Alcune persone stanno insieme per abitudine, perché hanno della prole, perché insieme sono una società per azioni.

E dell’amore neanche la parvenza…

Uno di questi giorni ho sentito parlare una psicoterapeuta alla televisione. Diceva di chiedere sempre ai propri pazienti/clienti single se sono liberi o se sono soli. Forse sarebbe un poco meglio chiedere se si sentono più soli o più liberi. In realtà anche il più aitante maschio alfa può avere notevoli momenti di solitudine e sentirsi solo. In realtà io che non sono per niente piacente potrei uscire fuori più spesso, viaggiare e avrei anche io una remota probabilità di cuccare qualcuna, nonostante la maggioranza delle donne scelgano il partner in base ai soliti criteri estetici.

Se viaggiassi, uscissi anche io per quanto solo potrei sentirmi anche libero. Inoltre non credo molto alla filosofia Incel o dei celibi involontari. Un fondo di verità ci sarà senz’altro: le donne saranno anche più esigenti e c’è stata una trasformazione sociale, dei costumi, etc etc.

Ma è anche vero che l’offerta sessuale per un uomo è variegata, se non infinita. Ci sono nightclub, club privé, escort, belle pornostar disponibili. È vero che il sesso in questo modo è mercificato totalmente e impersonale, che al supermarket del sesso non si vende affetto, ma se un uomo sfigatissimo si sente solo può rompere gli schemi, andare oltre i moralismi e sposarsi con una prostituta, con una pornostar, una ragazza di un nightclub.

Un uomo può sempre cambiare giro di amicizie, città, regione, nazione. Diciamocelo francamente, arrivati a una certa età, per un uomo anche la solitudine può essere una scelta di comodo, un’abitudine, quasi una necessità.

A volte si sente troppo forte il rischio di mettersi nuovamente in gioco, di finire sotto esame, di capire una donna, di cercare di soddisfarla. A volte certi uomini hanno perso l’abitudine del corteggiamento, hanno disimparato a fare l’amore. La domanda che mi faccio spesso è se una potenziale donna possa comprendere a pieno il mio vissuto e se io possa fare altrettanto. Per quel che mi riguarda la mia solitudine è quasi una seconda pelle.

Sia ben inteso: il concetto di bambino come perverso polimorfo di Freud, quello di pansessuale di Mario Mieli sono solo delle ipotesi per quanto possano essere considerate plausibili. È vero: esiste l’Anima nell’uomo e l’Animus nella donna per dirla alla Jung. Ma promuovere senza se e senza ma la femminilizzazione dell’uomo può avere i suoi inconvenienti. Chi l’ha detto che una minore violenza, una maggiore sensibilità e empatia passino a tutti i costi dalla femminilizzazione dell’uomo? La sensibilità deve essere considerata per forza una caratteristica femminile? Niente contro la fluidità né contro gli orientamenti incerti. Sono cose assolutamente legittime. Così come è legittimo che una persona possa sperimentare. Però a mio avviso da una identità maschile basata tutta sulla virilità all’egemonia di nuove mode culturali/sessuali il passo è breve. A mio avviso tutto dovrebbe avvenire non per imposizione/accettazione sociale ma spontaneamente. Delle pressioni sociali però a onor del vero le riceviamo sempre. Forse anche in questi condizionamenti di origine sessuale la vera democrazia consiste nella contrapposizione di forze opposte. Io se avessi un figlio mi augurerei che scegliesse col suo cuore e che fosse felice. Resta da chiedersi se il proprio orientamento sia una libera scelta oppure se siamo totalmente determinati dal nostro passato e dagli ormoni (spero di non aver urtato nessuno. Mi sembrano leciti i miei dubbi). Forse in parte siamo liberi e in parte siamo determinati. Un poco e un poco.

Sono finiti gli uomini che sanno tutto

Petrarca con la sua libreria di 500 volumi ad Arquà sapeva tutto per il suo tempo. Dante sapeva tutto. Marx sapeva tutto al suo tempo: economia, sociologia, antropologia, filosofia, psicologia. Ma sono finiti gli uomini che sapevano tutto o forse è solo finita l’epoca in cui alcuni potevano sapere tutto. Oggi coloro che sanno tutto lo sanno in modo talmente generico da risultare dei dilettanti. La natura umana è sempre la stessa, ma il mondo cambia continuamente e con esso anche l’interazione tra io e mondo. Un tempo c’erano le ideologie. Oggi per decifrare il mondo non bastano più dieci ideologie. Oggi molti marxisti si aggrappano con rigore critico al determinismo economico ma poi sanno ben poco dell’economia di oggi. Quasi ignorano o fingono di ignorare che ai tempi di Marx il plusvalore si faceva solo con la produzione, mentre oggi si può fare anche col contributo del marketing e dell’ingegneria gestionale. Forse le ideologie non bastano più e il mondo è diventato indecifrabile, irrapresentabile. Forse il mondo non ha più alcun senso compiuto, è diventato irrazionale, assurdo. Non ho mai trovato descrizioni mirabili, spiegazioni e comprensioni onnicomprensive della vita odierna. Poi qualsiasi teoria non si traduce mai efficacemente in pratica. Se uno legge “Avere o essere?” di Fromm per circa 130 pagine viene rapito dalla sua analisi della società contemporanea. Poi però la ricetta non ce l’ha nessuno.

Deluso dal mondo non mi è restato che ritirarmi a vita privata o per meglio dire: faccio vita ritirata. La mia singletudine talvolta mi pesa. Ho qualche ombra sul cuore. C’è un combattimento in me tra carnalità e spiritualità. Ma spesso non ci penso. Forse ho raggiunto l’equilibrio interiore. Talvolta penso di aver raggiunto stati di coscienza superiori. Ma è solo questione di qualche attimo, poi ritornano molti dubbi. Certo a volte avrei voglia di una donna. Eppure non ho più quel desiderio di un tempo, come nell’epoca dell’esplosione ormonale. Ma forse avrà la meglio l’esperienza interiore. Penso ai familiari di Emily Dickinson, che alla sua morte trovarono 1775 poesie e raccolsero centinaia di lettere. Io non lascerò un tesoro simile. Per dirla alla Montale lascio poco da ardere. Ma cosa è importante? Stare bene e far stare bene i propri cari? Forse importante è vivacchiare, sopravvivere, sopportare il tollerabile, farsi forza. Non porteremo niente nella tomba. La roba non si porta nella tomba, scrisse il Verga. Forse il fatto di non avere occasioni di amare/peccare mi può portare a essere più spirituale, a essere migliore. Non ho tentazioni e posso ricercare me stesso, posso accordare il mio battito al respiro del mondo. Però ogni tanto mi chiedo da quanto non faccio un tratto di strada insieme a una donna. Qualche volta provo l’orgasmo della mente, l’acme interiore (niente di sessuale), talvolta dopo ore di raccoglimento. Penso ad Aurobindo, alle sue ascese e discese, al surmentale e al subconscio. Penso a Gurdjieff e al suo risveglio della coscienza. Penso a altri che parlano di coscienza universale. Forse talvolta mi sento in armonia, in sintonia con il mondo da cui rifuggo. Forse è meglio che cercare a tutti i costi di rappresentare la propria visione del mondo o inseguire a tutti i costi lo spirito dei tempi. Perché devo faticare di soddisfare, di comprendere, di farmi capire a una donna? Non è edonismo e materialismo questo? In fondo alcuni si sentono soli pur essendo in coppia perché si sentono incompresi e allora cercano altrove. E poi sono ancora in grado di amare ed essere amato? In fondo talvolta mi chiedo che me ne faccio del sesso?

Mentre sta per scoppiare la terza guerra mondiale non fanno altro che parlare del triangolo Alex Belli, Delia, Soleil. Nel frattempo molte aziende chiuderanno per i rincari delle bollette e altre per ulteriori rincari per la prossima guerra. L’importante è distrarsi, non pensare (tanto non possiamo farci niente).

Siamo arrivati a un piccolo cimitero di un paese limitrofo.

Mio padre ha messo la macchina poco distante. Camminiamo fianco a fianco. All’improvviso nel parcheggio del cimitero subito a ridosso del muro scorgo dei fazzoletti e dei preservativi. Lì la notte si appartano le coppiette. Consumano i loro amplessi. Trovano la loro intimità al buio negli abitacoli delle loro auto-alcove. Mi chiedo se non abbiano rispetto dei morti e di chi li piange. Oppure se è un segno inequivocabile che la vita vinca sulla morte. Forse c’è un patto di non belligeranza, una tacita intesa tra anziane vedove, pensionati che piangono i genitori e giovani coppie. In fondo c’è umana comprensione per chi è giovane, non sa dove andare a fare l’amore e poi tutti siamo stati giovani, in balia degli ormoni. Forse se qualcuno si lamenta fa la figura solo del sessuofobico o del vecchio antiquato moralista. Però è una questione di decenza e igiene: a chi spetterebbe pulire o ancora prima non sporcare? se tutti facessero sesso lì quel posto a cosa si ridurrebbe? Cammino. Dall’altra parte della strada c’è una chiesa di campagna. C’è il viavai dei fedeli. È finita la messa della domenica mattina. Qualcuno di loro ha l’aria sonnolenta. Ho le mani un poco intirizzite dal freddo. Una moto sfreccia lontana. Una macchina viene contromano. Si sente un poco l’odore sgradevole della discarica a poche centinaia di metri. In questo piccolo paese i prezzi delle case sono crollati da quando c’è la discarica. Le cose sono due: resistere a oltranza oppure svendere la casa. Mio padre ha un amico che si è trovato di fronte a questo aut aut impietoso, drammatico. Ma in fondo è questione di abitudine. Dicono che ci si abitua a tutto. Guardo la strada principale e l’inizio della zona industriale. Oggi lì tutti i bar sono chiusi. Ci avviciniamo alla parrocchia. Ci sono dei ragazzi. C’è un campo di basket ma nessuno vi gioca. Scanso una pozzanghera. Il marciapiede è dissestato. Mi ricorda una ragazza che anni fa guardavo. Adesso si è sposata, fa l’avvocatessa e tra l’altro si preoccupa di infortunistica stradale. La passeggiata, la messa, la visita al cimitero, il caffè al bar scandiscono la vita di provincia. Sono rituali quasi quotidiani, quasi irrinunciabili. Penso ai corpi giovani che si avvinghiano, si contorcono, si compenetrano. Penso a quei sospiri di piacere, a quella voglia di cercarsi e di perdersi in un orgasmo nelle auto.

Forse l’erotismo resta sottotraccia in me. Forse sto bene così. Ci sono stati periodi della mia vita in cui ero più appagato sessualmente e nonostante ciò stavo peggio. Invece ora sto in una forma invidiabile a livello psicofisico. Non bevo e non fumo più da anni. Forse non ho più bisogno di qualcuna o qualcosa, come cantavano i Cccp. Forse queste donne per alcuni schiette ma per me rozze, pettegole, provinciali, toscane posso lasciarle tranquillamente e serenamente a voi senza rimpianti. La solitudine è solo una condizione esistenziale, uno stato mentale più che un dato di fatto. Forse vive meglio chi cerca Dio o il Nirvana. E mentre sono intento a pensare queste cose ritorniamo verso la macchina e ripartiamo.

Davide Morelli

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