Cristina da Pizzano: la forza dell’intelletto
di Claudia Babudri
Venezia, 1365: in casa di Tommaso da Pizzano, professore di Medicina e Astrologia all’Università di Bologna, c’è grande fermento per la nascita della piccola Cristina. Quell’anno fu particolarmente importante per il nostro studioso: alla gioia di una figlia si univa il prestigioso incarico alla corte parigina di Carlo V il Saggio in qualità di medico e astrologo. Cristina ha quattro anni quando si trasferisce con la famiglia a Parigi, una delle capitali più importanti del tardo Medioevo. Impara a leggere e a scrivere, cresce nel rispetto dell’educazione familiare, si sposa e per dieci anni fa vita matrimoniale. La sua fu una unione felice spezzata dalla morte prematura del consorte. Dopo un iniziale scoramento per l’incolmabile perdita, in Cristina cresce una nuova consapevolezza. Rinasce e lo fa per sé e per i suoi cari. Non più nave in balia della tempesta, riprende le redini della gestione familiare coltivando lettura e scrittura. I suoi testi vengono apprezzati dalla corte di Francia. Scrive un libro su Carlo V intervistando chi l’ha conosciuto nel mentre la sua fama di autrice oltrepassa le Alpi arrivando a Milano. Entusiasta, Gian Galeazzo Visconti la invita a Milano. La vuole nella sua corte. Ma Cristina rifiuta: preferisce rimanere in Francia. Donna ed intellettuale di fama, scrive su tutto, anche di politica, conscia del fatto di essere una eccezione per la sua epoca, molto spesso considerata solo per essere donna e scrittrice, dunque cosa insolita per il suo tempo. Al di là delle amare constatazioni, Cristina continua nel suo lavoro. Le commissioni fioccano e lei fonda una azienda, una casa editrice con tanto di copisti e esperti miniatori, avendo cura di assumere donne nel suo team.
Fare libri ha molto in comune con il fare bambini anche se partorire è molto più doloroso rispetto alla composizione di una opera. Da intellettuale, sostiene il sovrano, il dovere di pagare le tasse alla corona al fine della difesa del regno non mancando di essere dura con i funzionari furbetti e corrotti di Francia, rimarcando l’ingiustizia delle esenzioni fiscali a nobili e prelati. Sfida i dotti della sua epoca sull’interpretazione del Roman de la Rose, un libro pubblicato centocinquant’anni prima ancora al centro del dibattito intellettuale. Cristina interviene, invitando i professoroni del suo tempo a non dar retta alle assurde e false teorie sulle donne del Roman, consigliando piuttosto la lettura di Dante! In quel Quattrocento guerrafondaio, Cristina scrive un libro sull’arte del combattimento intervistando i cavalieri del regno per conoscere le tecniche d’assedio e difesa. Invia un fitto carteggio alla regina di Francia per sensibilizzarla sugli orrori dei conflitti in relazione alla condizione femminile. Conscia dell’importanza dell’educazione al rispetto, in un trattatello del 1402, invita il figlio a trattar bene le donne, a dar loro fiducia nella gestione della casa non cadendo in stupidi stereotipi.
La riflessione sull’importanza delle donne nella storia si concentra nella sua opera più importante, La Città delle donne. L’indagine di Cristina parte dalla Bibbia, concretizzandosi in una amara critica verso il patriarcato. Invita le donne a reagire. Il cambiamento è possibile ma devono essere loro a volerlo. Tocca le tematiche della parità di genere, della violenza sulle donne risoluta a smentire tutte le sciocchezze che circolano sul mondo femminile. Con il peggiorare della guerra e l’entrata dei Borgognoni a Parigi, nel 1418 si ritirò in monastero. Il suo ultimo libro uscirà nel 1429. È dedicato a Giovanna d’Arco verso la quale l’autrice nutriva grandi speranze. Scrittrice, intellettuale, imprenditrice, si spense a sessantacinque anni, prima di assistere alla tragica fine della pulzella d’Orléans.
Redazione Corriere di Puglia e Lucania