Principale Arte, Cultura & Società Pierfranco Bruni e Troccoli e l’umanesimo verghiano

Pierfranco Bruni e Troccoli e l’umanesimo verghiano

Il nuovo umanesimo verghiano analizzato da Troccoli  e riscoperto da Pierfranco Bruni al Premio Troccoli.

Il 28 maggio 2022, nel teatro comunale di Cassano all’Ionio, si terrà la cerimonia conclusiva della consegna dei riconoscimenti ai vincitori del Premio Nazionale Troccoli Magna Graecia.

Nel corso della cerimonia conclusiva è in programma, tra l’altro, un focus di approfondimento su Giovanni Verga – nel centenario della sua morte (27 gennaio 1922), a cura del presidente del Comitato scientifico del Premio, Pierfranco Bruni.

Giuseppe Troccoli è legato a Verga in quanto ha pubblicato un corposo saggio critico sull’autore siciliano (Firenze, 1946, editore G. Barbera).

«Il lavoro critico di Troccoli – sostiene Pierfranco Bruni – potrebbe essere accostato, dal punto di vista del rapporto tra poesia e analisi, alle ricerche che hanno svolto personaggi come Sergio Solmi, Mario Luzi. Sergio Solmi poeta finissimo e critico intelligente. Mario Luzi, pur essendo uno dei più sicuri poeti della letteratura contemporanea, ci ha dilettato e ci diletta con dei saggi critici che hanno un acume e un risvolto umano indescrivibile. Troccoli si inserisce in questa direzione e si iscrive sulla pagina di quella critica, che ha sempre valorizzato la letteratura come segno primordiale della capacità umana di esprimersi attraverso la magia della parola-simbolo».

«Non si comprende – continua Bruni – come mai una certa critica continua a tenere il velo su personaggi come Troccoli ed altri che si muovono in un’area espressiva, che pone al centro il recupero della memoria, non come atto reale, ma come mito, metafora, ironia ancora come senso di appartenenza non a una logica geografica, ma ad una memoria come fantasia e come mistero che vivono dentro il cuore dell’uomo».

«La pagina critica di Troccoli si inquadra nelle relazioni umane tra il testo, nel suo complesso, e la parola. Se Verga è un esempio non lo è certamente perché considerato, come si dirà, un autore verista. Troccoli recupera in Verga l’anima. Recupera lo spirito di una cultura popolare che è fondamentalmente cultura del mito, attraverso la quale porta sulla scena i personaggi non come prodotti storici, ma come coscienze di un Sud che non cerca soltanto il riscatto, ma cerca l’uomo nella sua interezza. In Verga ogni personaggio è destino. Catturare questa capacità è catturare il segreto che si muove tra gli spazi della pagina».

«Nei Malavoglia, in Novelle rusticane e in Mastro don Gesualdo, – osserva ancora Bruni – c’è un ritratto limpido di Verga e viene analizzato attraverso un bagaglio di conoscenze che dimostrano come il Troccoli era aggiornato su ciò che succedeva nel contesto storico di quel tempo. Era a conoscenza di come la critica e la storia della letteratura valutava, nel suo complesso, l’opera verghiana e di come il dibattito letterario ed estetico procedeva. Con Verga c’è un sodalizio. C’è un uguale sentimento dell’appartenenza alle radici e alla famiglia. Si pensi ad alcuni racconti di Lauropoli. Si pensi alla sagra e alla malinconia tutta meridionale de La piana illuminata. In questi due libri del Troccoli ci sono segmenti verghiani. Troccoli -conclude Bruni- conosceva a fondo lo scrittore siciliano. E lo conosceva perché quei temi, quei luoghi, quelle metafore, quelle ironie facevano parte della sua cultura e del suo mondo umano».

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