Principale Economia & Finanza La Gamification nel terzo settore

La Gamification nel terzo settore

Gamification
Gamification

Per incrementare il coinvolgimento dei donatori il mondo non profit approccia con la gamification, un processo strategico incentrato sulle strategie del gioco.

Di Francesca Leoci

In un contesto sempre più digitale le campagne di crowdfunding restano fedeli alla comunicazione sui canali social rendendosi visibili e accattivando l’interesse degli utenti. Eppure ciò a volte sembra non bastare, decidendo quindi di affiancare alla comunicazione online una nuova tecnica di coinvolgimento incentrata sulle strategie del gioco.

Cos’è la gamification?

Fabio Viola
Fabio Viola

Fabio Viola, docente ed espero gamification designer, ci spiega come la gamification è entrata da diversi anni nei processi, nei prodotti e nel design di esperienze tanto di enti pubblici quanto di aziende private. Ci sono una serie di studi che confermano che 8 grandi aziende su 10 hanno introdotto almeno un elemento di gamification in ambito b2c o b2b.

La gamification è “il braccio armato del coinvolgimento” soprattutto nella società del 21esimo secolo basata sul voler fare le cose e non solo più sul doverle fare. L’obiettivo di tutti coloro che mirano a creare un mondo migliore dovrebbe essere quindi proprio quello di coinvolgere il proprio pubblico, che sia costituito da studenti, lavoratori o consumatori. Ad oggi i videogiochi sono una grande fonte di ispirazione perché sono il luogo primario di intrattenimento e coinvolgimento.

“È questo il motivo che mi ha spinto a diventare un gamification designer” – racconta Fabio Viola“Negli ultimi anni ho avuto la fortuna di lavorare con molte aziende come Fiat, Technogym e con molte startup, istituzioni pubbliche e comuni che vogliono avvicinare cittadini e turisti alla scoperta della propria città attraverso il gioco. Al momento sto collaborando con la Reggia di Venaria per realizzare la prima grande mostra sul mondo del gioco per far comprendere gli impatti sociali, tecnologici, politici ed economici di questa nuova forma d’arte.”

Strategie e funzionalità

La gamification è uno strumento strategico che – attraverso le logiche tipiche del gioco – punta a un maggiore coinvolgimento del pubblico. Questo metodo è applicabile, oltre che in settori pubblicitari e di marketing, anche a contesti di crowdfunding in cui evince la capacità di creare una connessione emotiva col giocatore.

I giocatori vengono stimolati a competere per raggiungere un obiettivo che viene posto loro. Spinti dalla curiosità, essi vorranno sapere di cosa si tratta, conoscere la storia e giocare affezionandosi al progetto. Il legame che si istaura con l’associazione tenderà a rendere più sensibili i soggetti che hanno iniziato un percorso, forse, solo da semplici giocatori.

L’elemento essenziale nella gamification è la sana competizione: anche solo rendere meritevole il soggetto che dona spinge ogni donatore a devolvere più dell’altro. Sentirsi parte di un progetto stimolerà il donatore a voler far parte di un gruppo: “Se lo fanno loro, voglio farlo anch’io!”. E, sicuramente, ricevere una ricompensa – che sia un ringraziamento ufficiale, un gadget o una copia di ciò che viene realizzato – farà sentire il soggetto pagante come un vero e proprio vincitore premiato.

Lead Game Designer, il professionista del gaming

Il Lead Game Designer è il responsabile creativo di un progetto videoludico, un misto tra uno sceneggiatore e una figura tecnica che racconta cosa accadrà istante per istante all’interno del videogioco quindi le interazioni di cui il protagonista potrà essere artefice. Questo ruolo precede la vera e propria esecuzione del videogioco a cui concorre un team più o meno ampio che lavora insieme per anni per realizzare insieme un nuovo videogioco.

Abbiamo essenzialmente sei processi principali che si distinguono in:

  • game design, che può avvalersi di una componente di vera e propria sceneggiatura;
  • fase di programmazione, in cui viene scritto il codice in maniera quindi molto tecnica;
  • fase artistica, legata al disegno e all’animazione (in 2D o in 3D);
  • fase legata all’audio e alla musica, gestita professionalmente dall’audio designer;
  • testing del gioco prima che esca sul mercato avvalendosi dei metaverser;
  • fase di comunicazione e marketing grazie a delle figure che una volta che il gioco sarà definito lavoreranno per raggiungere un ampio pubblico.

Si parla tanto anche di metaverso: l’evoluzione totale si prevede dal 2030 in poi e i game designer saranno gli architetti del futuro di internet. “Abbiamo avuto finora tanti web master, ma nel web 3.0 – ovvero quello del metaverso – avremo tanti game designer a lavoro perché sarà un mondo in cui fisico e digitale dialogo e in cui ci saranno larghe forme di interazione oltre a grandi forme di tecnologie di convergenza verso questa nuova realtà.”

Redazione Corriere Nazionale

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

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