Riceviamo e pubblichiamo
Da Puglia popolare a Italia popolare
Conviene intanto cercare di inquadrare meglio il nuovo soggetto che vuole usare il nome “Italia popolare”. Si è citato come figura chiave Massimo Cassano, già consigliere provinciale e regionale per Forza Italia (dopo una militanza nella Dc), confermato nell’assemblea legislativa pugliese nel 2010 nelle liste del Pdl. Per quel partito nel 2013 è stato eletto al Senato, per poi passare – all’atto del ripescaggio di Fi – col Nuovo centrodestra di Angelino Alfano: divenuto sottosegretario nei governi Renzi e Gentiloni, si è dimesso il 21 luglio 2017, in corrispondenza del suo abbandono di Alternativa popolare (nome assunto frattanto da Ncd) e del suo ritorno nel gruppo parlamentare di Forza Italia. Contestualmente, lo stesso Cassano aveva fondato un altro soggetto politico regionale, chiamato Puglia popolare: il nome, il carattere e i colori rimandavano decisamente al simbolo degli alfaniani, ma la collocazione era nettamente nel centrodestra, come appunto suggeriva l’adesione di Cassano al gruppo senatoriale forzista.
Col tempo, tuttavia, proprio Cassano ha scelto di appoggiare Emiliano, tant’è che Puglia popolare è stata tra i soggetti che hanno concorso nel 2020, alle elezioni regionali, a costituire e formare la lista Popolari con Emiliano, che nel proprio simbolo su fondo azzurro scuro conteneva l’accenno a un cuore (per riferirsi all’area popolare richiamando in parte il segno usato dal Ppe, insieme ai colori blu e giallo): la lista sfiorò il 6% e ottenne addirittura sette consiglieri, nonché l’ingresso – con l’assessore al personale Gianni Stea e quello al lavoro Sebastiano Leo – nella nuova giunta guidata da Michele Emiliano, confermato presidente della Regione Puglia anche grazie all’amplissima coalizione che lo sosteneva.
Circa un anno dopo le elezioni, però, i rapporti all’interno dell’ex lista – che intanto aveva scelto di trasformarsi nel movimento politico Popolari – avevano iniziato ad apparire più tesi. Lo ha dimostrato, ad esempio, una dichiarazione secca diffusa da Gianni Stea a fine agosto 2021, in cui si diffidavano “tutti coloro i quali in questi giorni e in vista delle imminenti elezioni amministrative, utilizzano o abbiano intenzione di utilizzare sia a mezzo stampa che sui social, i simboli dei Popolari e dei Popolari con Emiliano, o simboli simili che possano generare confusione negli elettori”. Tra luglio e agosto, infatti, proprio Stea – promotore in autunno di varie liste alle amministrative – aveva fatto depositare a proprio nome domanda di marchio per i simboli dei Popolari e dei Popolari con Emiliano, per cui rivendicava di essere l’unica persona legittimata a usarli (e a decidere chi avrebbe potuto usarli): pur in mancanza di nomi nella nota, era facile pensare che si riferisse alle immagini in cui Massimo Cassano appariva accanto ad amministratori e candidati, affiancando al simbolo di Puglia popolare anche quello dei Popolari. Eppure solo un mese prima era stato Massimiliano Stellato, capogruppo dei Popolari con Emiliano, a lamentare usi a suo dire indebiti – e secondo i giornali ce l’aveva proprio con Stea – del nome del gruppo consiliare: “Per il gruppo consiliare parlo io, per il movimento politico ‘Popolari’ parlano Massimo Cassano e Totò Ruggieri”.
Come che sia andata, con l’andare delle settimane la situazione ha conosciuto evoluzioni, fino alla scissione nel gruppo in consiglio regionale. Nel verbale della seduta del 1° marzo si legge infatti: “in data 28 febbraio 2022, il consigliere regionale Saverio Tammacco del Gruppo ‘Misto’ e i consiglieri Sebastiano Giuseppe Leo, Sergio Clemente, Mauro Vizzino, del Gruppo ‘Popolari con Emiliano’, ai sensi dell’articolo 6 del Regolamento interno, hanno comunicato di aver costituito il nuovo Gruppo consiliare denominato ‘Per la Puglia’. Presidente del medesimo Gruppo è stato nominato il consigliere Saverio Tammacco”. Per la Puglia (a fondo blu scuro, praticamente il tono di Puglia popolare, con il segno del “per” in bianco – nel quale è stata evidenziata in giallo una forma stilizzata del cuore – e un piccolo arco tricolore in basso) è dunque il nuovo gruppo, di cui fanno parte tanto Tammacco (che nel 2021 era approdato al gruppo misto dopo essere stato eletto nella lista La Puglia domani, legata a Fitto) quanto i tre ex Popolari con Emiliano, incluso l’assessore Leo.
Alla presentazione del gruppo, avvenuta il 28 febbraio con l’intervento dello stesso Michele Emiliano, c’era pure Massimo Cassano, anche se non ha parlato. I media hanno attribuito a lui il ruolo di artefice del nuovo raggruppamento; l’assessore Leo ha precisato “Noi siamo un gruppo che ha come riferimento Emiliano, la nostra leadership è condivisa, non c’è un capo; è un gruppo coeso e che non vuole andare contro nessuno e che vuole contare di più dentro il Consiglio regionale. Ed è sicuramente un gruppo che è ben visto anche dal direttore di Arpal Cassano”. E se lo stesso giorno della nascita del nuovo gruppo l’assessore Stea ha annunciato una “azione di rafforzamento dei Popolari in tutta la Puglia”, con l’idea – condivisa dal coordinatore Salvatore Ruggeri, già tesoriere Udc – di presentare una lista alle regionali del 2025 (e proprio il 28 febbraio ha pure fatto depositare un’altra domanda di marchio, stavolta per il simbolo Popolari al Centro), da varie settimane Cassano, Clemente e altri lavoravano per restituire visibilità e consolidare il progetto di Puglia popolare, il cui nome è comparso in vari consigli comunali.
“Italia popolare siamo noi dal 2004, non potete usare il nome”
Com’è bastato cambiare Alternativa popolare in Puglia popolare, basterà sostituire il nome della regione con quello dell’intero Paese? Forse no, a giudicare dalla diffida che poche ore fa è stata inviata a Cassano dal moncalierese Giancarlo Chiapello, della segreteria nazionale di Italia popolare, fondata quasi vent’anni fa. “Ci corre l’obbligo – scrive Chiapello nella comunicazione, comunicando di avere da poco appreso dell’uso del nome “Italia popolare” – di segnalare l’impossibilità da parte vostra di utilizzare tale denominazione in uso ad altro movimento politico. Infatti “Italia Popolare” come movimento per l’Europa nasce a Roma nel 2004 con atto depositato presso un notaio, presieduto dal sen. prof. Alberto Monticone, con Presidente onorario l’on. Gerardo Bianco, e inizia le sue attività e il suo impegno legato all’identità del popolarismo, su scala nazionale. La sede nazionale oggi si trova presso i Popolari di Moncalieri (To), ultima sezione operativa sturziana in Italia, che precedentemente, aderenti a Italia Popolare, hanno svolto l’incarico di segreteria organizzativa ed oggi mantengono la piena continuità operativa del movimento anche dal punto di vista elettorale, avendo utilizzato negli anni la denominazione di Italia Popolare in elezioni amministrative piemontesi e campane”.
Oltre all’uso a livello locale, poi, si aggiunge che il soggetto politico Italia popolare può contare su un altro titolo rilevante: nel 2008 il suo simbolo è stato depositato anche al Ministero dell’interno in vista delle elezioni politiche (anche se poi non si sarebbe fatta la lista) e quel contrassegno è stato regolarmente ammesso. Ricordando a Cassano i precedenti qui citati in breve, Chiapello si augura che cessi quanto prima da parte del suo gruppo l’uso del nome Italia popolare “per non ingenerare confusione con una realtà politica preesistente ed operativa”, annunciando in caso contrario azioni (anche giudiziarie) a tutela di Italia popolare. Qui ovviamente il problema non è dato dal simbolo in sé – visibilmente diverso – ma dall’identità del nome (che ancora prima dell’emblema è in grado di identificare un soggetto politico). Ci vorrà tempo per sapere se l’invito di Chiapello sarà accolto oppure no: eventuali sviluppi, ovviamente, saranno divulgati.