Di Pierfranco Bruni
Dovremmo ormai discutere di un Pasolini senza retaggi, ovvero di un Pasolini senza reticenze…
Siamo nel mezzo delle celebrazioni e delle ricordanze di Pasolini ma rileggiamolo con una profondità comparativa tra le luci e le ombre, tra ciò che realmente ha dato sul piano innovativo e ciò che non ha afferrato in termini anche letterari, tra ciò che ha sfidato e le sue e nostre contraddizioni.
Rileggiamolo di prima mano senza farci prendere la mano dalle “vulgate” a tutti i costi.
Pasolini un anti moderno? Ma certamente sì
Una lettura antropologica non è soltanto la questione relativa ai concetti di progresso, di borghesia, di processo alla politica. È anche la sua ricerca di portare nel dibattito italiano, di anni difficili e ideologicamente inquietanti, figure e pensiero di personaggi grandiosi come Pound, Eliade, con la lettura del mito, e Nietzsche con la proposta del tragico greco in Eschilo, Sofocle ed Euripide.
Fu oltre le avanguardie. Non amò Pavese, ma a Pavese deve molto, soprattutto le ragioni delle radici dell’essere paese e quel dialogare tragico che nasce dai dialoghi Pavesiani con Leucò. In fondo Casarsa non era altro che il paese vuol dire non essere soli di la luna e i falò.
Fu un antipolitico?
Ma nel senso manniano delle confessioni di Mann, appunto. Tentò di riprendere il viaggio di Dante con la “mimesis” ma rimase sbalordito dalla grandiosità della divina vita nova. Cercò di unire il Mediterraneo alla letteratura americana passando attraverso la Magna Grecia. Una intuizione che riprese proprio da Pavese, Vittorini, Alvaro e da Pound dell’incontro del 1967 e scritti del 1973.
La letteratura da Witman ad Eliot attraverso Hemingway fu dentro il suo viaggio, ma Pavese era il maestro di ciò e traduceva questi scrittori. Cercò di rileggere il Mediterraneo di Paolo ma fu straziante perché in questo caso la modernità non resse e la sceneggiatura – soggetto rimase incompiuta. Modernità e tradizione furono i due riferimenti che si misurarono con la caduta e vitalità del conservatore. Contraddizioni non da poco.
Fu intellettuale?
Certamente ma seppe andare oltre Gramsci perché non divenne mai organico e il suo essere corsaro ha il fascino di superare il deserto della democrazia e vivere il terreno desolato, eliotiano, della libertà.
Si pensi alla storia della uccisione del fratello Guido, partigiano non comunista della brigata Osoppo, ucciso dai comunisti dell’eccidio di Porzus trucidati dalla brigata Garibaldi. Una storia di cui non si è parlato abbastanza anche se lo stesso
Pier Paolo spesso è ritornato sulla questione con tragico dolore nell’inquieto disagio del suo drammatico pensiero.
Un fatto terribile negli anni della resistenza in quel lembo di terra dominato da comunisti italiani e slavi. Vado oltre perché voglio soffermarmi, in una frammentazione di sintesi, proprio su un aspetto inerente Pound e Pasolini, anche perché Pound rappresenta il riferimento di una cultura tra tradizione e rivoluzione in una cultura certamente non conformista e non consociativista.
Quando Pasolini incontrò Erza Pound erano anni inquieti, eppure nella sua volontà di potenza che non nasceva da alcuna filosofia si inerpicava la curiosità e la volontà, questa volta sì, di leggere nell’arte la creatività dell’uomo nuovo. Pasolini proprio nel 1968, nella stagione di Valle Giulia e de poliziotti arrivati dal Sud e degli studenti figli di papà, volle e cercò l’incontro con il “fascista” e reazionario Pound. Un incontro straordinario che due anni primi della morte dello stesso Pasolini venne ricordato.
Realizzato per la Rai. A 50 anni dalla morte di Pound (1972) e a cento dalla nascita di Pasolini (1922) la poesia resta una comunione non tanto di linguaggi ma di tessere poetiche e di innovazioni sperimentali.
Pasolini resta il critico di “Passione e ideologia”, scritto che molto mi ha aiutato a comprendere la poesia contemporanea, se pur con molte limitazioni, e aperto, comunque delle stanze, da Pascoli a Penna a Caproni sino al legame tra lingua e dialettica ha cercato di penetrare quei “Cantos” pisani per metaforizzare una realtà poetica che si innerva tra le “ceneri di Gramsci” o nella visione della poesia come una rosa rendendosi conto però che la poesia è altro rispetto alla realtà.
Con Pound Pasolini ha in comune Dante
Quel Dante di “Mimesis”, mal riuscito viaggio nel dantesco trasumanar nel navigare che però trova una struttura definita nel Pound proprio dei “Cantos” della desolata terra eliotiana.
Tra i due comunque si esercita anche la funzione del mito. La grecità di Pound è lo scavo di Medea in un Pasolini del viaggio tra i luoghi fatti di conchiglie nelle conchiglie che raccolgono le onde di un mare greco tra Mediterraneo ed Adriatico.
Pound è un maestro tra gli Orienti di una filosofia nella metafisica del racconto poetico che tocca la storia e la destoricizza. Pasolini è altro. Ovvero intuisce e si lascia guidare dalla percezione letteraria e antropologica del presente e rende ogni presente contemporaneità pur recuperando il senso della vita nella lingua come le “Poesie a Casarsa” del 1942 ma non riesce ad “intrappolare” il mistero della parola nella metafisica della profezia come accade nei “Cantos”
poundiani. Restano due inquieti e due personaggi completamente liberi, non democratici: entrambi non sapevano caratterizzarsi nella democrazia, ma con una consapevolezza in cui i valori interagivano, ancora allora nel tempo del loro incontro: 1968, con l’identità e le eredità.
Cosa disse Pasolini di Pound? Un frammento soltanto. “L’ideologia reazionaria di Pound è dovuta al suo back-ground contadino… Ciò che in Pound, attraverso il padre e la mitica figura del nonno è entrato di questo mondo contadino, lo veniamo a sapere attraverso la idealizzazione che Pound ha fatto della cultura cinese… Egli ha voluto, fermamente e follemente voluto, restare dentro il mondo contadino: anzi, andare sempre più in dentro e più al centro.
La sua ideologia non consiste in niente altro che nella venerazione dei valori del mondo contadino (rivelatiglisi in concreto attraverso la filosofia cinese, pragmatica e virtuosa). In questo senso io ritengo che si possano sottoscrivere, anche politicamente, tutti i versi conservatori di Pound dedicati ad esaltare (con nostalgia furente) le leggi del mondo contadino e l’unità culturale del Signore e dei servi: “La parola paterna è compassione;/Filiale, devozione;/La fraterna, mutualità; Del tosatel (giovinetto) la parola è rispetto”… (Pier Paolo Pasolini, 16 dicembre 1973, in Id, “Descrizioni di descrizioni”, a cura di Graziella Chiarcossi, Einaudi , 313-314. Per i versi citatida Pound, cfr. Ezra Pound, The Cantos, XCIX, vv. 424-427: “The
father’s word is compassion; / The son’s filiality. / The brother’s word: mutuality; / The younger’s word: deference”.
La venerazione dei valori e la nostalgia che attrazione di una cultura contadina dono due dei capisaldi che Pasolini cita incontrando Pound. Infatti il mondo contadino senza familismo amorale era il loro collante.
Pound con una formazione conservatrice e chiaramente lontana dall’americanismo che lo condannò cinicamente e restò dentro la tradizione della cultura di appartenenza e Pasolini che cercò di capire la trasformazione dei modelli antropologici legati alla terra ma del suo Friuli recuperò oltre il dialetto-lingua una cultura che rimase feticcio o macerie nel momento in cui cominciò a raccontare i quartieri di “Una vita violenta”.
Un maestro che visse nella tradizione da Omero ad Eliot passando attraverso Dante e un intellettuale che comprese, alla fine, che ogni ideologia, compreso il suo sfumante gramscismo, è la patina delle illusioni che sanno vestirsi di finzioni.
In entrambi la cultura viene vissuta come modello antropologico in una visione in cui “l’omologazione” è l’incastro nella società dei consumi in cui la sconfitta della tradizione porta, appunto, alla civiltà dei consumi anche in una chiave ermeneutica. Sono morti a distanza di tre anni. La storia come sempre è una apologia di una realtà che viene sacrificata da una verità metaforizzata. Quando Pasolini incontrò Pound era un altro tempo o un altro mondo o entrambi erano altro rispetto a ciò che accadrà dopo.
Pasolini e Pound senza alcuna omologazione nel disegno della tradizione tra linguaggi e destino delle culture: un incontro per ricordare senza dimenticare. Ma dove stanno le reticenze? Nel fatto dell’aver voluto insistere su un Pasolini praticamente legato ad una ideologia precisa. Così non è stato. Così non sono i suoi lavori. Un eretico? Forse sì, ma con un mosaico di utopie. Presente nella tradizione di una cultura identitaria? Certamente sì.
La sua posizione su divorzio e aborto è una chiave di lettura che resta fondante per capire il Pasolini legato antropologicamente ad una identità pur nello sperimentalismo delle culture.
Un Pasolini non icone stereotipata ma un uomo libero e come tale vivo nelle contraddizioni. Insomma cerchiamo di leggere Pasolini senza alcuna reticenza e nelle sue contraddizioni tra eresia e utopia.