Otto sono quelli che rientrano nella definizione dell’Oms, dodici invece quelli in via di accertamento. La malattia, di origine misteriosa, potrebbe essere causata dall’adenovirus F41.
AGI – Sono venti le segnalazioni di epatiti acute di origine misteriosa nei bambini in Italia, di cui 8 sono i casi che rientrano nella definizione dell’Oms, mentre 12 sono in corso di accertamento. A fare il bilancio aggiornato della situazione è stato il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, che però ha invitato “a non fare allarmismi”: non c’è una catena di contagio conosciuta, i casi sono ancora molto pochi e nella “stragrande maggioranza le cure sono state risolutive”.
Rimane comunque il grande interrogativo su quale sia la causa di questa inattesa diffusione di casi di epatite acuta senza che vengano trovati nei piccoli pazienti i virus “classici” dell’epatite. Ieri l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato un primo focus sul tema, chiarendo con fermezza che il collegamento con il vaccino anticovid è del tutto infondato, se non altro perché, essendo i bambini molto piccoli, la maggioranza non era nemmeno stata vaccinata.
Mentre L’Oms ha escluso anche legami con il consumo di alimenti o la somministrazione di medicinali. “Improbabile”, secondo l’Iss, anche l’ipotesi adenovirus, avanzata da molti scienziati, e rilanciata invece oggi dall’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito (UKHSA), secondo la quale ci sarebbero sempre più prove crescenti che sia proprio un virus il responsabile, per l’esattezza l’adenovirus F41.
“Le informazioni raccolte attraverso le nostre indagini suggeriscono sempre più che questo aumento dell’insorgenza improvvisa dell’epatite nei bambini è legato all’infezione da adenovirus. Tuttavia, stiamo indagando a fondo su altre potenziali cause”, hanno affermato gli scienziati Oltremanica.
Si valuta anche l’eventualità che ci sia stato un cambiamento nella composizione genetica del virus che potrebbe innescare più facilmente l’infiammazione del fegato. Un’altra possibile spiegazione è che le restrizioni imposte nella pandemia possano aver portato i bambini piccoli a essere esposti per la prima volta all’adenovirus in un momento successivo della loro vita, portando a una risposta immunitaria “più vigorosa” in alcuni.
Si muove anche l’Unione Europea
L’Ecdc domani esprimerà una prima valutazione del rischio: “L’Ue sta seguendo ovviamente da vicino la situazione. Ed è una situazione preoccupante. Come forse sapete, dal 25 aprile abbiamo confermato circa 40 casi in 12 Stati e sono di origine ignota. Altri circa 110-112 casi sono stati riportati in Gran Bretagna”, ha dichiarato la commissaria europea alla Salute, Stella Kyriakides.
“Finora i casi riscontrati sembrano riguardare i bambini dall’età di un mese e i sedici anni. Alcuni di loro hanno avuto un trapianto di fegato. Ciò che vediamo è che l’origine sembra virale, una sorta di adenovirus ma come ha detto l’Ecdc, servono ulteriori informazioni, e sta lavorando a una valutazione del rischio che verrà pubblicata nella giornata di giovedì. Quello che chiedo è che gli Stati membri condividano tutte le informazioni per essere in grado di monitorare al meglio la situazione”.
“Bisogna evitare le fughe in avanti: al momento l’indiziato numero è l’adenovirus – spiega all’AGI l’infettivologo Matteo Bassetti, direttore della clinica malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova – L’ipotesi, a mio parere, è credibile visto che per due anni i bambini non sono stati a contatto con i patogeni. Inoltre dallo studio inglese emerge che il 50% dei bambini che avevano sviluppato questo erano positivi all’adenovirus. Bisogna dunque essere attenti, ma non fare fughe in avanti, perché si tratta solamente di un’ipotesi”.
Mobilitati anche i pediatri, che hanno fatto scattare la rete nazionale di sorveglianza: saranno segnalati e registrati tutti i casi sospetti.
Come riconoscerli?
In Gran Bretagna, sottolinea l’Iss, “la presentazione clinica dei casi era di epatite acuta grave con aumento delle transaminasi (AST/ALT) superiore a 500 IU/L e in molti casi ittero.
Nelle settimane precedenti, alcuni casi avevano presentato sintomi gastro-intestinali tra cui dolore addominale, diarrea e vomito“.
“La maggior parte dei casi non ha presentato febbre. Alcuni casi hanno usufruito di cure specialistiche in unità epatologiche pediatriche e alcuni di questi hanno ricevuto un trapianto di fegato”.
In maggioranza un decorso benigno insomma, ma una quota non irrilevante ha invece avuto una forma grave, tanto da dover ricorrere al trapianto.