Principale Ambiente & Salute La neutralità climatica del PNRR

La neutralità climatica del PNRR

La neutralità climatica è perseguita dal PNRR, attraverso varie voci.

La seconda missione delle sei del PNRR è denominata “Rivoluzione verde e transizione ecologica” e, ad essa sono destinati quasi 70 miliardi di euro dei circa 235 miliardi totali che, fanno dell’Italia la prima beneficiaria tra i Paesi europei del fondo NGEU.

Missione divisa in cinque componenti tra le quali agricoltura sostenibile, mobilità sostenibile, efficientamento energetico degli edifici pubblici, tutela della biodiversità, risorse idriche.

Incomprensibile come queste ultime tre componenti possono coniugarsi con i progetti di infrastrutturazione ferroviaria va di RFI, in particolare la Salerno/Reggio Calabria con il 40% di gallerie, quindi cemento e acciaio ovvero materiale ad elevatissima generazione di CO2.

Vorrei però parlare dell’idrogeno, del ruolo e delle risorse che il PNRR assegna, a questo vettore.

Un totale di 3,19 miliardi di euro: 500 milioni al recupero di aree industriali dismesse per riconvertirle alla produzione locale di idrogeno e, alla creazione di aggregati industriali ed economici fondate sull’uso dell’idrogeno con potenza installata per ciascun sito variabile da 1000 a 5000, Kw. Inoltre laddove esiste una rete del gas l’idrogeno al 2% può essere miscelato al metano.

Acciaierie, impianti di raffinazione del petrolio possono ottenere 2 miliardi utilizzando idrogeno, in sostituzione parziale del carbone.

Duecentotrenta milioni sono previsti per creare stazioni di rifornimento, a base di idrogeno e per il trasporto stradale.

Infine sono previste 9 stazioni di rifornimento su 6 linee ferroviarie. Progetti definiti più avanzati, previsti in Val Camonica, linea Brescia/Edolo e nel Salento.

Premesso che il consumo di elettricità del Gruppo FSI ammonta all’1,8% dei consumi di energia elettrica italiana e al 5,9% se rapportato al settore terziario la opzione “treni all’idrogeno” senza comparazione di costi e rendimenti appare come uno dei tanti sperperi di preziosi e scarsi soldi pubblici.

Nel Piano Industriale 2022/2031 si parla di attrezzare 1500 Km di mobilità ferroviaria a idrogeno e anche di autonomia energetica perseguita attraverso le fonti energetiche rinnovabili in particolare fotovoltaico.

Osserviamo che comunque le leggi della termodinamica nemmeno politici e loro consiglieri economici possono stuprarle. Ipotizziamo che tutto l’idrogeno prodotto sia verde (lo è nel mondo solo il 2%), resta il problema del bassissimo rendimento cumulato.

Nelle trasformazioni che vanno dalla “divisione”, in idrogeno e ossigeno (elettrolisi) dell’acqua, alla pressurizzazione dell’idrogeno, al rendimento della cella a combustibile che, ritrasforma l’idrogeno in elettricità l’energia utile che resta delle 100 iniziali è pari al 36%.

IL rendimento dì un mezzo elettrico alimentato da una linea elettrica è pari al 95% e del 77% se l’alimentazione è a batteria. Inoltre se voglio conservare l’integrazione del servizio tratta a idrogeno e poi a diesel o elettrico devo avere treni multimodali.

Opportuno sarebbe verificare caso per caso la convenienza ad andare, a idrogeno costi meno che elettrificare. Evidente la pressione lobbystica di creazione del mercato dell’idrogeno utilizzando le ferrovie.

IL rapporto Hydrogen Hype, redatto da varie associazioni utilizzando il diritto di accesso agli atti e visionando 200 documenti ha verificato la concertata campagna di lobbying delle compagnie del gas per premere la Commissione UE verso l’idrogeno.

Evidente che, per queste lobby l’idrogeno è quello prodotto da utilizzando le fonti fossili. Alcune delle associazioni che hanno redatto il rapporto sono molto note , come Re Common, Corporate Europe Observatory.

Molti sanno che un idrogeno prodotto con fonti fossili e sequestro e confinamento della CO2 è un grande imbroglio. La battaglia delle lobby del fossile italiane è tutta centrata sull’uso futuro della rete dei metanodotti, per trasportare idrogeno.

Una domanda però resta sospesa (…in parte !!). Chi paga? Senza sostegno pubblico la hydrogen parity è un sogno.

Infatti a proposito di elettrolisi nel Report H2IT (di un anno e mezzo fa a pag. 22) è scritto “tutti i costi sono a carico del GSE e contribuiscono alle accise di rete”. Forse l’unica proposta serie di Idrogeno Verde è quello della Rete Spac fatta di imprenditori, ricercatori e l’opera instancabile dell’Ing. Michele Lauriola.

Osservo anche che la bio raffineria di La Medè progettata al servizio di un elettrolizzatore da 40 MW per produrre cinque tonnellate al giorno di idrogeno occupa all’incirca 45 ettari.

Incomprensibili, per il sottoscritto le parole dell’ex Ministro Patuanelli su una Italia hub dell’idrogeno proveniente dal Sahara.

Tanto sole di certo, ma dovrebbe indicare anche dove prende i nove litri di acqua per Kg di idrogeno necessario per l’elettrolisi.

Erasmo Venosi

Redazione Corriere Nazionale

Redazione Corriere di Puglia e Lucania

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