Principale Politica Diritti & Lavoro Primo maggio: l’ Italia è un Paese per lavoratori?

Primo maggio: l’ Italia è un Paese per lavoratori?

Primo maggio: l’ Italia è un Paese per lavoratori?
di Rita Lazzaro 
Art 4 Cost: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”
Art 36 Cost: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se’ e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa e’ stabilita dalla legge.”
Articolo 38 Cost: “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.”
Ma è davvero così?
L’Italia è davvero un paese per lavoratori?
Facciamo parlare i fatti anzi i dati:
Inail: in 3 mesi 189 morti sul lavoro (+2,2%), infortuni +50,9%. Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail tra gennaio e marzo sono state 194.106, con un aumento del 50,9% rispetto allo stesso periodo del 2021. Lo rileva l’Istituto nella Giornata mondiale per la salute e sicurezza sul lavoro, spiegando che si tratta di dati provvisori che richiedono “cautele”. Il dato si confronta con un periodo di restrizioni. Le denunce di incidenti con esito mortale nel primo trimestre sono state 189 (+2,2%). Sono in aumento le patologie di origine professionale denunciate con 14.517 denunce (+6,9%).
Amara ironia della sorte, poco prima del primo maggio, “festa”dei lavoratori “, il 28 aprile è stata la Giornata per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro, istituita nel 2003 dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil) con l’obiettivo dell’ Anmil (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati ed Invalidi del Lavoro) di richiamare l’attenzione sulla piaga sociale della mancanza di prevenzione nei luoghi di lavoro e delle malattie professionali.
Il tutto con la sua presenza in diverse iniziative dislocate su tutto il territorio nazionale.
Nel gennaio-febbraio 2022, quindi solo in questo primo bimestre, in Italia le denunce per malattie professionali in generale risultano ben 8.080, ovvero il 3,6% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (7.801).
Questo, secondo i dati riportati dall’ Anmil.
Ma ciò che più preoccupa in questo momento, è il notevole aggravamento delle morti sul lavoro. L’ultimo dato ufficiale disponibile, relativo all’anno 2020, parla di 1.270 decessi: un dato allucinante se si considera che la media annua dell’intero decennio 2011-2020 è stata esattamente di 1.250 morti l’anno. Ciò dimostra che il 2011-2020 è il primo ed unico decennio della storia repubblicana, in cui non vi sia stata una diminuzione ma una sostanziale stazionarietà dei morti sul lavoro.
E la situazione tende a degenerare notevolmente.
Infatti, dopo il 2021, (1.221 morti, dato peraltro del tutto provvisorio) nel primo bimestre dell’anno in corso, si è verificata una crescita degli infortuni di ben il 47,6% e del 9,6% di morti sul lavoro rispetto allo stesso bimestre 2021. Ma oltre alla statistiche anche la cronaca, soprattutto quella delle ultime settimane, dimostra il dilagare ormai a macchia d’olio delle morti sul lavoro nell’adempimento del loro dovere. Come, ad esempio, di un lavoratore edile che cade da un tetto, da un ponteggio o da un’impalcatura, oppure di un agricoltore che rimane schiacciato nel ribaltamento del proprio trattore.
Ed è proprio da questi due settori, ossia: Costruzioni e l’Agricoltura, che emerge il maggior numero di decessi lavorativi nel 2021: 128 morti in occasione di lavoro in Agricoltura (erano 113 nel 2020) e 127 nelle Costruzioni (erano 114 nel 2020). Settori in cui, la modalità di morte avviene gran parte delle volte allo stesso modo. Secondo l’Inail infatti, quasi la metà dei decessi tra i lavoratori agricoli avviene per il ribaltamento del trattore; mentre circa il 60% dei morti in edilizia avviene per caduta dall’alto. Ma c’è ancora un altro settore che sta pagando un prezzo altissimo in termini umani: nel periodo gennaio-febbraio 2022 i trasporti hanno subito un incremento di infortuni di ben il 250% mentre i casi mortali si sono più che sestuplicati (da 2 casi del 1° bimestre 2021 a 13 del 2022).
Vista la situazione agghiacciante tra dati e cronaca, più che di diritto al lavoro si dovrebbe parlare di dramma umano e vergogna istituzionale, cui si aggiunge altresì l’aggravante della situazione pandemica.
Altra piaga che ha indubbiamente colpito i lavoratori e non solo, negli ultimi due anni.
Un’aggravante di una situazione già disastrata di suo, che tra isolamento e crisi economica, ha infatti portato un’ ondata mondiale di suicidio al punto di parlare di «suicidi da coronavirus».
Secondo uno studio, negli Usa, 75mila persone si toglieranno la vita per la crisi del Covid-19,
classificate come “morti per disperazione”. Morti che comprendono sia i suicidi che i decessi per abusi di sostanze stupefacenti. E’ una cifra enorme, vicina alle 80mila vittime ufficiali statunitensi del Covid-19.
Suicidi in aumento anche in Italia, più della metà sono imprenditori.
Lo scoppio della pandemia da Covid-19 ha infatti trasformato l’andamento dell’economia mondiale.
La vendita al dettaglio è stato uno dei settori che ha faticato maggiormente.
La pandemia ha penalizzato fortemente anche il turismo, che in Europa ha vissuto un rallentamento uniforme in tutti gli stati membri. Rispetto allo stesso periodo del 2019, gli arrivi nelle strutture turistiche sono diminuiti del 44 per cento su base annuale, calcolata come media mensile.
Turismo, commercio e ristorazione sono i servizi più colpiti dalla pandemia.
Significativa è stata altresì la riduzione del personale nel 2020, del 4,4% nel commercio e dell’8,3% per gli alberghi e i ristoranti.
Aspetti questi, che hanno avuto conseguenze sui redditi delle famiglie, in evidente peggioramento, con un aumento di oltre un terzo sul 2019 dei beneficiari del Reddito e Pensione di Cittadinanza, al di sopra della media nazionale”.
Il primo maggio è la festa del lavoro anche se, visti i dati, più che di festa si dovrebbe parlare di commemorazione di ciò che sarebbe dovuto essere ma che sembra invece sempre più utopico, come il diritto al lavoro e di conseguenza a una vita dignitosa.
E a proposito di ristorazione, che è tra i settori più colpiti, uno dei gesti che indubbiamente si ricorderà in questo periodo di crisi economica, sociale, giuridica ma soprattutto umana, è quello di un ragazzo che brucia le bollette delle utenze e le rate dei leasing, accompagnando l’atto di disperazione/esasperazione con le seguenti parole: “Ho un’enoteca, non sono un essenziale”.
Il ragazzo è Manuel Ciardelli, titolare dell’Assenzio, il quale non è riuscito a trovare (e pagare) indennizzi adeguati al rischio di impresa. Le attività come quella dell’enoteca L’Assenzio, in via Capuani a Teramo, a causa della pandemia erano sull’orlo del baratro: “la pressione fiscale e le tasse sono rimaste uguali e le spese corrono nonostante le chiusure: come facciamo?”
Parole che descrivono in modo più che esaustivo la situazione, che ha afflitto e tuttora affligge onesti lavoratori, la cui “pecca” è quella di lavorare in un settore che è uno dei motori dell’economia e che, paradossalmente, è stato tra i più abbandonati, calpestati, dimenticati e i fatti lo hanno dimostrato e tuttora lo confermano, proprio come lo sfogo che fece lo stesso Ciardelli mentre compiva il gesto di protesta contro una situazione tanto allucinante quanto disumana:
“Faccio parte della categoria non essenziale dell’Italia, quella categoria che nei mesi si è sentita dare dell’untore, quella categoria additata come evasore fiscale, che ha dovuto chiudere per mesi senza alcuna base scientifica, faccio parte di quella categoria che si è reinventata decine di volte per sopperire alla totale assenza di aiuti della macchina amministrativa, e che anzi ha continuato con gli aumenti impropri delle aliquote sulle bollette, che non ha bloccato alcuna spesa, che non è pervenuta alle richieste di aiuto”.
Per questo motivo, in occasione della “festa del lavoro”, abbiamo deciso di intervistarlo.
1)Quali sono, secondo lei, le cause che hanno portato a questi dati allarmanti concernenti le morti sul lavoro?
-Per quanto riguarda le morti sul lavoro, credo che il classico “chiudiamo un occhio qui e chiudiamo un occhio lì”sia quello che maggiormente ha creato conseguenze in ogni ambito lavorativo, a partire dalla sicurezza, specialmente di chi è meno esperto.
2)A proposito di morti sul lavoro, ultimamente si sono verificati e per di più a poca distanza di tempo, i decessi di due giovani intenti a sperimentare un fenomeno ormai diffuso, ossia quello concernente l’alternanza scuola /lavoro. Cosa pensa di questo modus operandi per avviare i giovani nel mondo del lavoro?
– La tragedia immane di quei due ragazzi dovrebbe darci una grande lezione, ovvero che non è più tempo di giocare, non lo è mai quando si tratta di mettere a rischio la vita altrui, mentre per quanto riguarda l’idea in se dell’alternanza scuola lavoro, la reputo una buona idea ma da migliorare, dà la possibilità di creare un percorso a medio termine e retribuito, mi pare la soluzione più intelligente così da avere alla fine dei ragazzi formati e con del denaro in tasca, si otterrebbero dei professionisti pronti a entrare nel mondo del lavoro e anche nella vita.
3)Un boom di depressione e suicidi durante il periodo pandemico, dovuto non solo all’isolamento ma altresì alla forte crisi economica. E la chiusura di un notevole numero di attività, che ha colpito principalmente la ristorazione, ne è inconfondibile prova.
Tutto ciò si sarebbe potuto evitare o quantomeno attutire e in che modo?
-Quali misure si sarebbero potute attuare non lo so, non è il mio campo, ma vedendo altri paesi meno rigidi, si è notato che hanno avuto una ripresa economica migliore ed hanno anche avuto meno morti di noi.
La pandemia ha colpito duramente, specialmente in Italia, che è stato il Paese con più restrizioni, lo Stato è stato un partner assente così come le associazioni di categoria. Ritrovarsi da soli in un momento difficile, ha dato il colpo di scure a chi già galleggiava anziché navigare ed è davvero un peccato, ma il lato positivo se così posso dire, è che la pandemia ha creato dei clienti più informati ed esigenti e questo è da stimolo per chi fa questo lavoro, perché ci siamo reinventati in tutto.
4)Lei essendo ristoratore, ha vissuto in prima persona questo calvario pandemico, al punto di arrivare a un’esasperazione tale da bruciare le bollette in segno di protesta.
Un gesto che porta a chiederle come ha affrontato questo periodo, indubbiamente non facile, a livello personale e professionale e di conseguenza come l’ha cambiata.
Di quali esperienze seppur amare farà tesoro e quali invece getta nel limbo? Come pensa abbiano affrontato questo periodo sia i suoi colleghi sia il popolo Italiano?
-Il mio gesto esasperato era di pura rabbia, perché sentirsi additare come untore ed evasore è veramente brutto, come goccia finale ci è stato detto che non eravamo essenziali e questo nessuno potrebbe e dovrebbe mai dirlo, poi come in ogni gesto di rottura, ci sono state conseguenze positive, nel mio campo, perché ho potuto contribuire a creare un’associazione di ristoratori per ristoratori in difficoltà, una realtà forte e coesa.
Le esperienze io le tengo tutte strette, cerco di trarre insegnamento da tutto, attualmente diciamo che sto ancora metabolizzando questi anni perché è stato un frullatore, ma di una cosa sono certo, ho reinventato il mio locale da zero ben due volte in due anni e i frutti li sta dando, quindi come dicevo prima, la pandemia ha voluto locali più performanti e gente più preparata, che lavori in modo professionale.
6) Cosa sente di dire a chi si trova ad affrontare una situazione disastrata a livello lavorativo e quindi economico?
-Posso solo consigliare di ascoltare tutte le persone che passano, perché è da loro che si deve partire per avere un locale in grado di accoglierli e far sì che tornino, l’umiltà è alla
base della crescita, sempre.
7)Che aspettative ha per il futuro dell’economia della Nazione tra pandemia e guerra?
-Questa è una domanda difficile, sinceramente non ho aspettative rosee, perché questo governo non mi piace per niente, soprattutto con la questione guerra.
Sta giocando ad un gioco che non credo sia in grado di vincere e sinceramente, mi fa abbastanza paura sapere che le ripercussioni partiranno dal basso e quindi da noi cittadini, la loro incompetenza sine vista, con aumenti spropositati e senza ragioni valide e ancora si deve vedere un tetto massimo per i prezzi.
8)Quali sono le politiche da condannare e quali da applicare affinché il lavoro diventi un diritto non solo scritto ma anche di fatto?
-Credo che la prima cosa da fare sia semplificare la parte burocratica per le assunzioni, e poi bisogna adeguare gli stipendi, sono troppo bassi, bisognerebbe creare molto corsi professionalizzanti alle regioni e creare molto più dialogo tra istituzioni a medio livello e attività commerciali. Le persone devono aver voglia di lavorare e non sentirsi sfruttati. Basta con la scusa del reddito di cittadinanza che è diventata una barzelletta.
“Le esperienze io le tengo tutte strette, cerco di trarre insegnamento da tutto.
L’umiltà è alla base della crescita, sempre.”
Incredibile come un giovane sia maestro di vita, soprattutto a chi ne dovrebbe essere un esempio e invece, a confronto, non ne è neppure uno scolaretto.

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