Straordinaria! È la “foto” dell’ombra del buco nero massico al centro della nostra galassia, la Via Lattea.
L’immagine è stata ripresa dalla collaborazione internazionale Event Horizon Telescope (EHT): possiamo tradurre come “telescopio per l’orizzonte degli eventi “.
EHT è costituito da un gruppo radiotelescopi da terra, progettati con lo scopo di catturare le immagini di un buco nero. L’EHT collega gli otto radiotelescopi dislocati in vari punti della Terra dando vita a un virtuale telescopio, che ha le dimensioni uguali a quelle della Terra.
La prima “foto” fu ripresa tre anni fa proprio nel centenario della teoria della Relatività Generale di Einstein e, i buchi neri erano proprio previsti da questa teoria.
Tre anni fa il buco nero M87 con una massa pari a 6 miliardi di volte quella del Sole, distante 55 milioni di anni luce (un anno luce è pari a 9460,8 miliardi di Km). M 87 è la sigla della galassia supergigante Virgo A.
Fu definita la “foto del secolo”
Venerdì scorso il grande annuncio, sulla prima immagine dell’ombra del grande buco nero supermassico al centro della nostra galassia, la Via Lattea e conosciuto come “Sagittarius A “.
L’immagine non rappresenta proprio il buco nero, ma la cattura della luce distorta dal potentissimo campo gravitazionale del buco nero.
Sagittarius A, ha massa pari a 4 milioni di volte quella del Sole (la massa del Sole è circa 333 mila volte quella della Terra) e si trova a una distanza di 27 mila anni luce.
La collaborazione internazionale EHT comprende 300 ricercatori di 80 istituti sparsi ,in tutto il mondo. Gli istituti italiani che partecipano sono l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), l’università Federico II di Napoli e l’università di Cagliari.
Fondamentale per questo risultato è stato il contributo di ALMA ( Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) ,il radiotelescopio più potente esistente e collocato in Cile nel deserto di ATACAMA.
Dal punto di vista scientifico questo evento riscontra le teorie di Einstein
A questo punto è opportuno chiedersi cosa è un buco nero e il connesso orizzonte degli eventi.
I buchi neri sono stati costantemente studiati dal compianto Hawking. Le sue scoperte hanno dato un contributo fondamentale su quanto sappiamo dei buchi neri.
Sono oggetti celesti molto massivi al punto, che neppure la velocissima luce è in grado di sfuggire all’intenso campo gravitazione da essi generati.
Come si forma un buco nero?
È conseguenza della morte di una stella molto massiva cioè almeno tre volte più massiccia del Sole. Quando una stella termina la sua “benzina”, che è l’idrogeno, arriva ad un punto in cui non le rimane altro che bruciare l’elio, che è stato prodotto fino a quel momento.
Successivamente vengono prodotti elementi sempre più pesanti come il silicio, l’ossigeno, l’azoto, il litio.
Nelle stelle con massa pari a 1,4 volte quelle del Sole non succede nulla e alla fine diventa una nana bianca, che è un corpo celeste in equilibrio gravitazionale con sé stessa.
Oltre 1,4 masse solari, ma inferiore a 3, le reazioni nucleari sono più intense e si arriva alla produzione di ferro e alla fine, per effetto della gravità, genera una violentissima esplosione che conosciamo come supernova.
Resta alla fine una stella a neutroni, cioè un corpo non di grandi dimensioni, ma dove la forza di gravità è così intensa che protoni ed elettroni si fondono trasformandosi in neutroni. Superate le tre masse solari, la pressione è così intensa che tutte le particelle presenti nel nucleo non hanno la forza per resistere: nasce così un buco nero.
Il punto dell’universo dove il tempo rallenta
Fino agli studi di Hawking si pensava, che dai buchi neri nulla potesse fuggire compresa la luce che rappresenta la forma di radiazione più veloce che conosciamo nell’Universo.
I buchi neri generano nei fisici davvero grattacapi nel senso, che concetti come la “singolarità” (un punto con densità infinito e dove il tempo cessa di esistere).
Nei pressi dei buchi neri, a quanto ne sappiamo dalla Relatività Generale, il tempo rallenta rispetto a chi è più lontano dalla singolarità.
I buchi neri hanno tre caratteristiche fondamentali, la massa, la carica elettrica e la velocità di rotazione (momento angolare).
Il contributo più grande di Hawking nella conoscenza dei buchi neri è la formulazione delle leggi della termodinamica dei buchi neri.
L’orizzonte degli eventi di un buco nero è la zona dello spazio tempo, il confine “materiale” di un buco nero, cioè quell’area in cui appena prima la velocità di fuga è inferiore a quella della luce e subito dopo è maggiore.
Grazie alla meccanica quantistica, Hawking ipotizzò che i buchi neri non sono davvero neri (questo attributo indica il dover essere completamente invisibile proprio a causa dell’impossibilità per la luce di giungere a noi), ma che emettano un po’ di radiazione, la famosa radiazione di Hawking.
I buchi neri sono oggetti che contengono al loro interno molte delle risposte alle domande aperte della fisica soprattutto, per quel che riguarda il Big Bang.
Due anni fa il premio Nobel per la fisica fu assegnato, a scoperte che riguardavano i buchi neri. Metà premio a Roger Penrose “per la scoperta che la formazione dei buchi neri è una robusta previsione della teoria generale della relatività”, e l’altra metà congiuntamente a Reinhard Denzel e Andrea GHz “per la scoperta di un oggetto compatto super massiccio al centro della nostra galassia”.
Il termine “buco nero” è stata la metafora che ha avuto successo e proposta da un grande fisico, John Wheeler, nel 1967.
Redazione Corriere di Puglia e Lucania