Norma Cossetto e l’ipocrisia sinistra
di Rita Lazzaro
Dal racconto di Licia Cossetto, sorella di Norma.
“Ancora adesso la notte ho gli incubi, al ricordo di come l’abbiamo trovata: mani legate dietro alla schiena, tutto aperto sul seno il golfino di lana tirolese comperatoci da papà la volta che ci aveva portate sulle Dolomiti, tutti i vestiti tirati sopra all’addome […] Solo il viso mi sembrava abbastanza sereno. Ho cercato di guardare se aveva dei colpi di arma da fuoco, ma non aveva niente; sono convinta che l’abbiano gettata giù ancora viva”.
Il 17 maggio 1920 nasceva Norma Cossetto, studentessa italiana, istriana di un villaggio nel comune di Visignano, uccisa dai partigiani jugoslavi nei pressi della foiba di Villa Surani.
Oggi ricordiamo la triste ricorrenza. E già, perché proprio oggi 17 maggio, amara coincidenza, la sinistra e l’Anpi saranno in prima linea per la lotta contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, queste nuove piaghe umane, sociali e oltraggio al vivere civile. Tuttavia mi chiedo come si possa lottare contro le discriminazioni in nome dell’ inclusività e contestualmente sollevare dubbi sullo stupro di una giovane donna destinata a una morte barbara. Proprio come ha fatto il consigliere di Sinistra Civica Ecologista Federico Auer, che nel corso della seduta del consiglio del I Municipio (Roma), quando è stata discussa la mozione a prima firma di Fratelli d’Italia per la realizzazione di una targa intitolata a Norma Cossetto, ha convintamente manifestato i suoi dubbi sullo stupro subito dalla 23enne: “Una persona che sicuramente non era una combattente, ma certamente apparteneva a una famiglia fascista. Questo è storicamente accertato – poi, a proposito della violenza e del ritrovamento del suo corpo nudo, ha aggiunto – La ricostruzione della sua vicenda storica è tutt’altro che certa.
Il consigliere sostiene infatti di aver “approfondito” e di aver riscontrato “molte fonti che mettono in dubbio la narrazione fatta da uno storico che ha dichiarato che è stata violentata e trovata nuda.” Basta la certezza che “apparteneva a una famiglia fascista”. Frase questa che fa riflettere, ma soprattutto accende qualche ricordo di chi “stranamente” è vicino all’umana sinistra: l’Anpi
E già, la stessa Anpi che si oppose fermamente alla targa da dedicare a un’altra vittima dell’odio partigiano: Giuseppina Ghersi. «Non si dovrebbe omaggiare una fascista con una targa» – ha commentato il segretario Samuele Rago – «La pietà per una giovane vita stroncata non allontana la sua responsabilità per aver scelto di fiancheggiare e schierarsi con i nazifascisti che tanto dolore hanno portato in tutta la provincia di Savona».
Ma non contento poco dopo, come riporta l’Huffington Post, Rago è riuscito a dire anche di peggio: «La violenza sessuale, che oggi appare incomprensibile, va contestualizzata in un clima di guerra e in un periodo risalente a oltre 70 anni fa».
Onestà intellettuale porta però a specificare altresì che, dopo queste dichiarazioni, alcune sezioni dell’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani si è nettamente dissociata: «Non possiamo condividere l’ostilità a una iniziativa, come quella del Comune di Noli, che si limita a rendere la dovuta memoria a una vittima innocente degli eccessi della guerra di Liberazione».
Ma altrettanta onestà intellettuale comporta a dire anche che, verso chi dichiarò tali oscenità, non fu preso alcun tipo di provvedimento. Almeno così risulta.
Ma chi era Giuseppina Ghersi? E perchè così tanta acredine, da portare un essere umano a quasi giustificare certi orrori su un altro essere umano?
Aver scritto un tema in favore di Mussolini. Ecco la “pecca” di Giuseppina Ghersi , la ragazza di 13 anni violentata, presa a calci, umiliata e poi assassinata dai partigiani, il 30 aprile 1945, a Noli, in provincia di Savona.
Ma parliamo anche delle femministe, pardon femministe, precisamente delle transfemministe che oggi probabilmente saranno anche loro a dar man forte per commemorare questa giornata arcobaleno.
Possiamo aspettarci una parola o una riflessione sugli orrori subiti da due giovani ragazze o forse son troppo impegnate a dar la caccia all’alpino che ha osato fare un complimento alla sensibile di turno?
E a proposito di sensibilità, vorrei ricordare che anche quella a intermittenza è una forma di violenza. Sensibilità che varia a piacere, a seconda del tipo di vittima. Violenza tra le più subdole, perché figlia dell’ignoranza e dell’ipocrisia del politicamente corretto.