Principale Arte, Cultura & Società Marocchinate: “provocazioni dal sapore di razzismo” o comodi abomini?

Marocchinate: “provocazioni dal sapore di razzismo” o comodi abomini?

Marocchinate: “provocazioni dal sapore di razzismo” o comodi abomini?

di Rita Lazzaro

Don Alfredo Salulini nel suo libro “Le mie memorie del tempo di guerra”, racconto autobiografico, riporta una serie di abomini aventi ad oggetto l’orrore delle marocchinate:

«A S. Andrea, i marocchini stuprarono 30 donne e due uomini; a Vallemaio due sorelle dovettero soddisfare un plotone di 200 goumiers; 300 di questi invece, abusarono di una sessantenne. A Esperia furono 700 le donne violate su una popolazione di 2.500 abitanti, con 400 denunce presentate. Anche il parroco, don Alberto Terrilli, nel tentativo di difendere due ragazze, venne legato a un albero e stuprato per una notte intera. Morirà due anni dopo per le lacerazioni interne riportate. A Pico, una ragazza venne crocifissa con la sorella. Dopo la violenza di gruppo, verrà ammazzata. A Polleca si toccò l’apice della bestialità. Luciano Garibaldi scrive che dai reparti marocchini del gen. Guillaume furono stuprate bambine e anziane; gli uomini che reagirono furono sodomizzati, uccisi a raffiche di mitra, evirati o impalati vivi.”

Si parla di circa 60 mila stupri, anche se è un numero difficile da quantificare tanto quanto lo è capire la barbarie umana al punto da chiedersi se realmente “l’inferno sia vuoto e tutti i diavoli sono qui.”

Ma vedendo lo stato in cui versiamo, si ha altresì l’amara conferma che “la storia insegna ma non ha scolari”.

E già, visto che, in Italia, il 42% delle violenze sessuali avviene per mano straniera e non lo dice il razzista di turno ma i dati Istat che, infatti, hanno certificato come quasi la metà dei reati contro le donne avvengono da cittadini di origine straniera, soprattutto extracomunitaria.

A sottolinearlo è un articolo di Gianluca Veneziani su Libero. Nel 2018, ultimo anno per il quale l’Istat ha al momento reso noti i dati, sono stati denunciati alle autorità giudiziarie 4.802 episodi di violenza. Di questi, 2.009 sono stati commessi da stranieri. In termini percentuali, il dato corrisponde al 41.8%.

Numeri che riportano chiaramente il fenomeno, specialmente se si considera che gli stranieri nel nostro Paese compongono appena l’8.6% del totale della popolazione. In poche parole: da una fascia che rappresenta la minoranza, arriva quasi la metà di tutti i reati contro la donna denunciati due anni fa.

Percentuali molto alte di stranieri anche per quanto riguarda lo stalking, dove si tocca il 16.4%, e gli atti sessuali con minorenni, la cui cifra è del 24.65%.

I dati hanno inoltre evidenziato l’alta incidenza, tra gli extra comunitari che compiono questo tipo di reati, di giovani: tra i non italiani denunciati per violenza sessuale, il 64.2% ha tra i 18 e i 24 anni, mentre il 59.7% tra i 25 e i 34 anni.

Almeno una donna su quattro vittima di violenza è straniera, spesso connazionale del carnefice. Tra queste, molte sono giovanissime e hanno un’età compresa tra i 18 e i 24 anni.

Il dubbio che però i dati non siano del tutto esatti è più che fondato: l’Istat inserisce infatti solo le denunce effettuate, di conseguenza potrebbero mancare molti casi di donne che, per paura o per altri motivi, hanno timore a fare nomi e cognomi dei propri carnefici.

Rebus sic stantibus: la popolazione straniera è quindi la principale a essere coinvolta nei reati contro la donna. Sia perché in essa si trovano i carnefici e sia perché tra le straniere si trovano altresì tante e troppe vittime.

A tal proposito, è a dir poco assordante il silenzio di una certa politica e paradossalmente la stessa che, giornalmente, difende a spada tratta le donne: dalle quote rosa al ddl zan, dalla vocale sessista alla lotta al patriarcato, per poi star zitta e muta su crimini efferati che lacerano la donna nel corpo e nell’anima.

Ma alla fine perché sorprendersi, dopotutto è lo stesso politicamente corretto che considera le marocchinate “provocazioni dal sapore di razzismo” oppure “sceneggiate propagandistiche di stampo razzista”.

Coerentemente incoerente o semplicemente a convenienza in base al colore politico e di pelle della vittima e del carnefice, questa è la difesa politicamente corretta delle donne.

Se questa è lotta alla discriminazione, che dire, qualcuno è un po’ confuso sul principio di uguaglianza.

Redazione Corriere di Puglia e Lucania 

Corriere Nazionale

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