22 Maggio 2022 e non si vedeva il Pala Florio di Bari così gremito di gente, così caldo, così variegato da quasi tre anni. È stato l’effetto Brunori Sas a rendere tutto ciò possibile! Un soldout meritatissimo e attesissimo dopo numerosi rinvii e una trilogia di album pronta a risuonare live ormai da tempo.
Cip!, Baby Cip! e Cheap! Non ne è mancata una. Due ore piene di canzoni sia nuove che vecchie, di sudore, di balli e autoironia. Il mix perfetto con cui il cantautore cosentino, Dario Brunori, da buon “uomo da sagre di paese” – come lui stesso si definisce – ha sempre mosso il suo pubblico che, scalpitante ed emozionato, è accorso per il grande ritorno nel capoluogo pugliese.
Accompagnato da una band di 11 musicisti (fiati, percussioni, chitarre, organi, synth, batteria, archi), sale sul palco completamente vestito di bianco e rompendo gli indugi con i primi tre pezzi in scaletta Al di là dell’amore, Benedetto sei tu e Lamezia-Milano: energia pura e inaspettata. «Scusate l’outfit da stracciatella e pistacchio», dice scherzando mentre riprende fiato prima di ricominciare a dar voce e anima ad alcuni dei suoi più recenti brani La canzone che hai scritto tu, Il mondo si divide e Mio fratello Alessandro, dalle quali emerge la versione di sé più preponderante, quella autorale.
Per scenografia, semplicemente una cascata di fili che grazie al riflesso delle luci cambiano colore in maniera repentina: ogni canzone un colore, o la combinazione di due, e tutti toni vivaci a ricordare quelli dell’arcobaleno. In effetti, i testi di Brunori, gli arrangiamenti fantasiosi, la voglia di cantare a squarciagola del pubblico sono stati i protagonisti assoluti e non serviva niente di più.
Da vero performer, non si ritaglia molti momenti di pausa proseguendo con Capita così e Sabato bestiale, per poi passare a una versione da brividi de L’uomo nero, una delle canzoni-simbolo – a mio avviso – del cantautorato di Dario Brunori. La potenza, l’abilità comunicativa ed evocativa di quelle parole che ti scavano dentro e ti inducono alla riflessione: vince a mani basse il titolo di maestro per questo.
Nonostante l’aria da paroliere impegnato, rimane però sempre un uomo scanzonato, di cuore calabrese, con i suoi piccoli acciacchi sì, ma a cui piace ancora tanto “scialarsi” – come ripete più volte durante il concerto. Invita, infatti, tutti i presenti a prendere un* compagn* e a ballare un valzer sulle note di Bello appare il mondo. E così è stato: il momento balera di Bari.
Dalla goliardia, Brunori torna subito all’amarezza della nostra quotidianità, gridando «La realtà è una merda, ma non finisce qua», introducendo Il Costume Da Torero, uno dei capisaldi del disco “A casa tutto bene”. Come dargli torto? E grazie al cielo ci sono la musica e la magia che regala a trovare un rimedio: «Oggi salvo il mondo intero con un pugno di poesie».
Continua con Come stai, Fuori dal mondo e Colpo di pistola, sua tipica ballad romantica, prima di sparire dal palco per un rapido change di outfit (ora total black) e infiammare il suo pianoforte e i nostri cuori con la straziante Kurt Cobain, creando un po’ effetto karaoke, è vero, ma anche una grande botta emozionale. D’altronde è impossibile rimanere zitti sul “non provare più niente e non avere più niente” del ritornello.
Torce dei cellulari accese a riproporre un gigantesco cielo stellato all’interno del palazzetto durante Per due che come noi, al termine del quale Dario ringrazia il caloroso pubblico per l’atmosfera, facendo con le mani segno di aprire il suo cuore e lanciarlo verso di loro come un regalo. Segue l’attesissima Guardia ’82, versione falò (chitarra e voce), canzone nata proprio nella nostra Giovinazzo tra spiaggia, super santos e la classica storiella d’amore estiva.
Sembra davvero inarrestabile Brunori. Un pezzo dopo l’altro, la reciproca empatia e una carica oltre le aspettative lo portano a muoversi agevolmente tra i vari generi musicali degli arrangiamenti: dal rock, al blues e alla salsa etc. Continua, però, anche con il suo realismo crudo e rassicurante, intonando Anche senza di noi e facendo poi perdere completamente le corde vocali di tutto l’audience con Canzoni contro la paura e il suo intenso e drammaticamente attuale inciso “Ma non ti sembra un miracolo che, in mezzo a questo dolore e tutto questo rumore, a volte basta una canzone – anche una stupida canzone – a ricordarti chi sei”.
E così, dopo una breve pausa e ahimè senza l’iconico “se non metti l’ultimo, noi non ce ne andiamo” (sarà che dopo 2 anni la memoria fa brutti scherzi?!), il live giunge al termine con La verità, un brano immenso, di imponente autenticità e senza dubbio manifesto ad oggi del successo nazionale di Dario. Arrivati a un tale momento altissimo di tensione ed emotività, nonostante la dimensione del palazzetto per antonomasia meno intima rispetto a teatri e club, si respirava un’aria di felicità, amore, sazietà anche se sazi di questa musica non lo saremo mai.
Conclude al piano con Arrivederci tristezza, quasi a fotografare con una macchinetta istantanea le tipiche vibes da fine concerto, con le parole “oggi mi godo la mia tenerezza, perché non durerà”.
Tra il tripudio incessante di applausi, immancabili i ringraziamenti finali alla band, a tutto il suo team e ai tecnici che hanno sofferto moltissimo a causa della pandemia e delle chiusure forzate, ma soprattutto i grazie più forti li rivolge a sua madre, alla sua compagna e alla sua amata figlia Fiammetta.
«Ladies and gentlemen, ha cantato per voi Brunori Sas».