La centrale nucleare di Akkuyu è un progetto da 20 miliardi di euro che il governo turco ha appaltato all’azienda di stato russa Rosatom, con quattro reattori da 1.200 megawatt dovrebbe sopperire al 10% del fabbisogno energetico del Paese.
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AGI – Le sanzioni con cui la Russia è stata colpita in seguito all’attacco all’Ucraina mettono a serio rischio la realizzazione della centrale nucleare di Akkuyu, un progetto da 20 miliardi di euro che il governo turco ha appaltato all’azienda di stato russa Rosatom ed emblematico degli ottimi rapporti tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il collega russo Vladimir Putin.
Si tratterebbe del primo impianto nucleare turco, costruito sulla costa sud del Paese non lontano dalla città di Mersin.
L’entrata in funzione del primo reattore è prevista nel 2023. Tuttavia blocchi a finanziamenti e accesso ad attrezzature potrebbero bloccare Rosatom e finire con il prolungare i tempi di realizzazione di un centro di produzione energetica che, con quattro reattori da 1.200 megawatt dovrebbe nei piani del presidente turco Recep Tayyip Erdogan sopperire al 10% del fabbisogno energetico della Turchia, Paese praticamente privo di risorse energetiche proprie.
Il progetto è finanziato al 100% da capitali russi e la stessa Rosatom, al momento immune dalle sanzioni, potrebbe finire presto nel mirino dei prossimi provvedimenti decisi dalla Casa Bianca, così come accaduto a Sberbank, la più grande istituzione finanziaria russa e “portafoglio” della centrale di Akkuyu, finanziata con 1.2 miliardi di dollari dal 2019 a oggi.
Sanzioni che hanno colpito anche Sovcombank, altro istituto di credito che lo scorso marzo aveva iniettato un capitale di 300 milioni di dollari per la costruzione della centrale.
In un’intervista rilasciata ai media turchi appena prima dell’inizio del conflitto in Ucraina, l’amministratore delegato di Akkuyu, Anastasia Zoteeva aveva sottolineato il fatto che “gran parte delle attrezzature” necessarie alla costruzione della centrale siano prodotti in Repubblica Ceca, Ungheria e Corea del Sud, GE Steam Power, ramo di General Electric, fornisce componenti, mentre la francese Assystem ha la supervisione di alcune parti del progetto.
Ad allarmare il governo turco e a spingere turchi e russi allo stesso tavolo il fatto che il modello scelto per la costruzione della centrale prevede che sia la Russia totalmente responsabile per le spese relative la costruzione e realizzazione dell’impianto di cui però Mosca sarà proprietaria per i 25 anni successivi.
Una mossa criticata sin dall’inizio, perche’ invece che ridurre la dipendenza di Ankara da Mosca non fa che aumentarla, sebbene per un periodo di tempo limitato, ma certo non breve.
Il fatto che la Rosatom sia un’azienda statale rende più difficile, con le sanzioni in vigore, stanziare capitali e aumenta la pressione sulle riserve di capitali all’estero, molte delle quali già congelate.
Una situazione che fa aumentare i dubbi se Rosatom potrà utilizzare, ed eventualmente in che misura, capitali per la realizzazione di un reattore in Turchia e fa aumentare le probabilità che Rosatom chieda ad aziende turche o straniere di entrare nel progetto.
Allo stato attuale delle cose una bella scommessa, considerando che è difficile che aziende occidentali ora abbraccino un progetto russo in Turchia. Per quanto riguarda le aziende turche va invece ricordato che già tre di queste non raggiunsero un accordo con Rosatom nel 2018 e che la crisi economica nel Paese non consente di guardare con ottimismo a questa ipotesi.
Mosca considera il progetto di “importanza prioritaria” e Rosatom ha ribadito il massimo impegno per rispettare i tempi previsti per la consegna del primo reattore nel 2023.
Ankara non applica le sanzioni alla Russia, che dal proprio canto vuole dimostrare di poter costruire una centrale nucleare, in più all’interno di un Paese Nato, anche se colpita da sanzioni da parte di tutta la comunità internazionale.