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Redazione
Una singolare “Domus templi”, in pieno centro storico ad Altamura accende i riflettori sul caseggiato che circonda l’antica abitazione situata in via Mario Direnzo n. 34; ne dà notizia il giornalista e scrittore Giovanni Mercadante da oltre 40 anni a setacciare il borgo antico, i cui lavori sono confluiti nel primo volume “Altamura nobilissima”/Schena Ed./Fasano/1997 e un altro in fase di stampa “Altamura, palazzi nobiliari e masserie”.
Siamo nel quartiere che costeggia l’ultrasecolare forno di via S. Caterina, a ridosso delle mura medievali, dove ancora oggi insiste un tratto delle mura megalitiche (Porta Matera), sulla cui facciata della muraglia è alloggiato un bassorilievo in pietra rappresentante una coscia e le iniziali G.P. a ricordare l’atroce vicenda di cui fu vittima il Principe di Altamura e Conte di Minervino Giovanni Pipino, despota del territorio, in contrasto con la regina Giovanna nel 1350.
Catturato nel castello di Matera, fu trasferito ad Altamura dove la popolazione, per i soprusi subiti, lo fece squartare da quattro cavalli e i suoi resti appesi ai merli del castello.
Un episodio, per quanto orribile a quei tempi, fu probabilmente dettato da un desiderio di vendetta del popolo altamurano stanco di subire passivamente la tracotante ed esuberante superbia di questo feudatario.
La ricerca sulla collocazione temporale del locale di proprietà del vicino B&B S. Francesco, situato accanto a Arco Monitillo, propone seri approfondimenti.
L’unico indizio di partenza al momento è la presa d’atto che il locale si trova in un’area ad elevata concentrazione abitativa, nel quarto latino del borgo antico, addossato alle mura megalitiche. A pochi metri più avanti a destra è situato l’Arco Fratelli Marvulli, un piccolo claustro recuperato dai residenti uguale al precedente dove sono presenti diverse abitazioni a piano terra.
Proseguendo oltre si giunge in un suggestivo piccolo slargo dove un arco, ritenuto il più basso d’Europa, consente di accedere ad un altro dedalo di viuzze dell’area e quindi all’uscita sull’estramurale.
L’attento studio della struttura interna – spiega il giornalista e scrittore G. Mercadante – ci dà motivo di ritenere che l’ambiente fosse una “Domus templi”/un locale sacro risalente al XII-XIII secolo.
Gli indizi più decisi e incontrovertibili sono le nervature di rinforzo che partono dalle pareti laterali, attraversano la volta e scendono su quelle opposte: questo tipo di costruzione è detto volta d’ogiva; è un elemento architettonico di chiaro stile gotico.
Le volte d’ogiva a nervature multiple sono presenti maggiormente nelle chiese gotiche normanne, inglesi e tedesche che sviluppano dei costoloni che terminano su mensole poggianti su pilastri ad altezza d’uomo.
I costoloni o le nervature come dir si voglia, posti in rilievo, incrociandosi danno luogo alla volta cosiddetta a crociera. In questo caso le chiese e i castelli medievali presentano ancora oggi questi elementi costruttivi che rendono le strutture solide e affascinanti.
Questo locale dall’ambiente così suggestivo, finora mai riscontrato in altre abitazioni dallo scrittore per esperienza vissuta nelle ricerche del centro storico, oltre a suggerire la predetta datazione, fa ipotizzare il suo utilizzo originario come “Domus templi”/edificio sacro.
Nel corso dei secoli è stata inglobata dalle strutture adiacenti fino ad aggiungere una sopraelevazione.
I due portacardini in pietra posti ai lati dell’ingresso ad archetto, suggeriscono che la “Domus” fosse dotata di un ampio portale.
Non va dimenticato che l’imperatore Federico II di Svevia, allorquando nel 1232 giunse nel sito dove oggi insiste la città, era accompagnato da cavalieri, sue guardie del corpo. Lasciati sul posto per riprendersi dalla lunga convalescenza, possiamo immaginare che questi abbiano costruito una “domus” per loro necessità.
Sempre nel solco dell’immaginazione – aggiunge G. Mercadante -un altro dettaglio conosciuto da pochi e solamente dai cultori locali, la chiesa Madonna della Croce fu edificata nel 1296, la cui data è scritta, in caratteri medievali, nell’edicola votiva dell’altare maggiore. Le tre cupolette della chiesa presentano nelle volte la Croce degli Ospedalieri, detti anche Giovanniti, simbolo che dal 1500 in poi prenderà il nome di Cavalieri di Malta, a seguito della perdita dell’isola di Rodi loro sede naturale per proteggere i pellegrini sulla rotta per Gerusalemme.
Cosa significa questo indizio? E’ ipotizzabile che i soldati lasciati da Federico II ad attendere la costruzione della cappella palatina (oggi cattedrale), contraendo matrimoni con donne del luogo, si costruirono una cappella propria, probabilmente completata dai loro figli.
La Croce a 8 punte, detta degli Ospedalieri e successivamente di Malta, è presente in molti luoghi: nei palazzi nobiliari, nelle chiese pubbliche e private.
Questo simbolo araldico fu scoperto dal giornalista e scrittore G. Mercadante oltre 40 anni fa (1980) e riportato nel libro Altamura nobilissima”. Precedenti storiografi locali non ne hanno mai fatto riferimento.
Dei soldati al seguito dell’Imperatore Federico II di Svevia si stabilirono definitivamente nel nostro territorio, tanto che la letteratura locale ne fa menzione di diversi, per esempio; Spirito Baccaro, Colonnello; Raino Sabini.