“Più di due terzi delle app utilizzate con l’iPhone dai bambini raccolgono e inviano le loro informazioni personali al settore pubblicitario”.
Questa è la rivelazione scaturita da una ricerca condotta da Pixalate, un’azienda specializzata in privacy e protezione da frodi digitali. Lo studio, poi citato dal Washington Post, dipingerebbe un quadro allarmante: “È come se uno sconosciuto parcheggiasse un’auto di fronte alla finestra della camera di vostro figlio”, ha scritto Geoffrey A. Fowler, autore dell’articolo sul quotidiano di Jeff Bezos.
L’indagine rivelerebbe le modalità con cui le applicazioni presenti nei negozi di Apple e Google sono in grado di raccogliere i dati personali degli utenti durante il loro uso: e non sarebbero solo i giochi come Angry Birds 2 e Candy Crush Saga a farlo, ma anche alcuni programmi utilizzati “per scopi educativi“.
Una “Business-connection” sin dalla tenera età
Tra le oltre 390.000 app scansionate da Pixalate il 7% avrebbe inviato informazioni sul GPS o sull’indirizzo IP a partner pubblicitari. Inoltre, delle 164 app contrassegnate come “educative” che sono state verificate, ben il 90% avrebbe condiviso feedback con il mondo del mercato.
Già nel 1998, però, era stato emanato negli Stati Uniti il “Children’s Online Privacy Protection Act” (COPPA), proprio per impedire alle “Big Tech” di raccogliere dati privati di utenti sotto i 13 anni senza il consenso dei loro genitori.
Ma secondo Fowler, queste grandi aziende tecnologiche e i creatori di applicazioni avrebbero sfruttato un’enorme “falla” presente nella legge sulla riservatezza, finendo con il poter affermare di non sapere nulla della raccolta di informazioni sui minori: la “fregatura” risiederebbe nel fatto che queste app non vengono etichettate come “destinate ai bambini“.
Ad esempio esiste un’applicazione per colorare sviluppata gratuitamente da Easybrain e il software non richiede né l’età dell’utente né se ci siano nei paragi un genitore o un tutore per autorizzarne l’uso. Ma l’app, i cui temi sono immagini di gelati, unicorni e dinosauri, si dice ufficialmente non indirizzata ai bimbi.
Volano via milioni di dollari ma si sorvola più in alto
Il modo in cui Google e Apple si starebbero comportando a proposito del delicato argomento “dedicato a minori” è abbastanza differente: seppur Google abbia una categoria che elenchi i software “approvati dagli insegnanti“, secondo Pixalate solo il 5% delle app più popolari tra i bambini sarebbe correttamente contrassegnato nel Google Store. Per Apple la situazione è anche più complessa: la sezione per i bambini non viene evidenziata e, pertanto, è difficile da ricercare e individuare.
Sembra quindi che entrambi i giganti del web (i cui repositori per le applicazioni sono i più grossi in assoluto) continueranno per ora, in un modo o nell’altro, a sorvolare sull’argomento. Almeno che in futuro non vengano richiamati per legge…
Ad esempio, YouTube ha cominciato a distinguere i video “destinati ai bambini” solo nel 2019, dopo essere stata condannata in giudizio a pagare 136 milioni di dollari alla Federal Trade Commission e 34 milioni allo stato di New York per aver violato il “Children’s Online Privacy Protection Act“.
Fonti online:
Visione TV (testata giornalistica nazionale; articolo di Antonio Albanese del 15 giugno 2022), sito di Pixalate, sito del Washington Post, sito istituzionale della Federal Trade Commission, sito della Children’s Health Defense, Play Store e Blog di Google, NordVPN e CNBC Television (canali YouTube).
Antonio Quarta
Redazione Corriere di Puglia e Lucania