Disabilità e barriere architettoniche e culturali
di Denise Latella (5^A classico Liceo Moscati di Grottaglie)
SIAMO TUTTI UGUALI!
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” articolo 3 della Costituzione Italiana.
Quest’articolo si ricollega alla tematica della disabilità che letteralmente significa “non essere abile a…” e indica la mancanza di alcune capacità fisiche o mentali che consentono ad un individuo di acquisire una piena abilità in alcuni movimenti e in alcuni settori operativi, mantenendo quelle fondamentali.
In alcuni casi, però, è meglio parlare di diversabilità, in quanto coloro che non possono svolgere dei determinati compiti come i normodotati, riescono a compierli in modi alternativi.
Fino agli anni ‘60-’70 del secolo scorso i genitori dei disabili si assumevano tutta la colpa di non aver procreato un normodotato, venendo meno al principio di uguaglianza dell’art.3 della Costituzione Italiana.
Grazie ad una successiva evoluzione culturale i disabili sono stati identificati come pari ai normodotati. Infatti nel 1962 sono state eliminate le scuole differenziate e nel 1974 anche le classi differenziate.
Il fine ultimo è quello di ottenerne l’inclusione nella società, però c’è ancora molta strada da fare affinché questo avvenga, perché la “realtà” è soprattutto per i normodotati, dato che i disabili hanno molte inibizioni a livello culturale e architettonico.
Le barriere architettoniche sono elementi costruttivi che impediscono o limitano gli spostamenti o la fruizione di servizio (rampa di scale troppo ripida, marciapiedi poco ampi, porte piccole, percorsi stretti, pali in mezzo al marciapiede, etc). Quindi viene a mancare il “criterio di accessibilità universale”, in quanto tutti dovrebbero avere le stesse possibilità di poter accedere ai vari luoghi. Soprattutto non dobbiamo dimenticare che “gli altri siamo noi”: a chiunque può capitare da un momento all’altro di diventare diversamente abile e dipendere da qualcuno.
Se non c’è il criterio di accessibilità universale, non si lascia la licenza di agibilità di un luogo, ma nonostante questo c’è ancora molta disorganizzazione, infatti in Italia solo il 20% delle scuole sono completamente a norma.
Alcune barriere architettoniche possono essere definite culturali perché derivano dalla mentalità chiusa del passato. Ma ancora oggi, a volte, si ha veramente poca sensibilità con i disabili che spesso sono esclusi e discriminati. Nel 2022, in un mondo così tecnologicamente evoluto, com’è possibile che ci sia ancora così tanta ristrettezza mentale? Si riuscirà mai a raggiungere l’obiettivo dell’inclusione superando completamente le barriere?
Fortunatamente oggi c’è il Peba, un piano di eliminazione delle barriere architettoniche e il Libro Bianco che è a disposizione dell’ente comunale e comprende tutte le leggi che regolano la disabilità e le barriere architettoniche. Infatti sono state inserite in alcuni luoghi le rampe vicino le scalinate e sono stati costruiti dei semafori “intelligenti” che avvisano con un suono un non vedente per poter attraversare la strada senza pericolo.
Non dobbiamo dimenticare che dietro le minorazioni c’è pur sempre un essere umano con sentimenti ed emozioni.
Redazione Corriere di Puglia e Lucania