Maria Luisa Zhurda, albanese d’origine, a soli 23 anni si è laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” – Corso “BEMC – The Bari English Medical Curriculum”, raggiungendo il meritatissimo e ambitissimo risultato del 110 e lode, con una tesi in Neurochirurgia.
Ho avuto il piacere di porle qualche domanda per conoscerla meglio:
Cosa ti ha spinto ad intraprendere il percorso universitario di Medicina e Chirurgia?
Ho scelto la Facoltà di Medicina e Chirurgia per una tristissima vicenda familiare: nel 2010 è stato diagnosticato a mio padre un tumore neuroendocrino che ci ha portati per due anni a spostarci costantemente da Tirana a Bari per le sue cure presso l’Oncologico. Io avevo solo dieci anni e tutti quei terribili momenti che ho vissuto sulla mia pelle – così come le tragiche scene a cui ho assistito per altri signori/e o bambini – mi hanno portata a empatizzare con il dolore altrui e, di conseguenza, hanno fatto nascere in me il desiderio di essere d’aiuto per alleviarlo. Questo evento ha quindi inevitabilmente segnato il mio futuro. Inoltre, in Albania, ho frequentato il Liceo Scientifico e in quegli anni ho realizzato di avere uno spiccato interesse e propensione per le materie caratterizzanti il mondo della medicina, tra tutte biologia e chimica, rispetto a quelle prettamente umanistiche.
E quindi poi la tua scelta è ricaduta su l’Università degli Studi di Bari e, in particolare, sul corso in lingua inglese.
Sì, indubbiamente. Non avrei scelto altra destinazione e i motivi sono diversi. Innanzitutto, pur essendo figlia di albanesi, sono nata a Bari. I miei genitori erano sul traghetto che li avrebbe condotti qui, quando ho deciso di voler uscire dalla pancia (ride, ndr). L’equipe medica del Palladio si è messa subito a disposizione per accogliermi lì su, ma ho aspettato che i miei arrivassero al Policlinico per fare il mio ingresso nel mondo. Al di là di questo, ho scelto Bari perché mio fratello vive qui dal 1995, quando si trasferì per studiare e laurearsi in Economia e Commercio. Per tale motivo e per le cure di cui mio padre ha avuto bisogno, da Tirana ci spostavamo a Bari ogni due settimane. Questo mi ha permesso di conoscere dei medici eccezionali, sia a livello professionale che etico, ed è stato automatico per me voler imparare da loro tutto il possibile su questo incredibile mestiere.
Ho scelto di provare il test d’ingresso per il corso di Medicina e Chirurgia in inglese, perché sin dai tempi del Liceo padroneggiavo la lingua, avendo una certificazione livello C2, perciò ho pensato che mi avrebbe dato più chance per il futuro e per eventuali esperienze lavorative all’estero, come negli Stati Uniti o in Inghilterra.
A soli 17 anni hai potuto sostenere il fatidico test d’ingresso, come mai? Come funziona il sistema scolastico a Tirana?
In Albania, l’intero iter scolastico dura dodici anni. Dopo le elementari e le medie, sono previsti solo tre anni di scuola superiore, perciò appunto a 17 anni può già iniziare il percorso universitario. Per entrare nella facoltà di Medicina a Tirana non c’è un test d’ammissione all’italiana, per intenderci: viene solo effettuata una somma tra il punteggio conseguito con gli esami di maturità e la media dei voti degli ultimi tre anni di scuola. Nel mio caso io avevo 9.97/10 di media, perciò avrei potuto benissimo iniziare l’Università nella mia città, ma ho riposto tutte le mie speranze su Bari, provando esclusivamente e direttamente all’”Aldo Moro”.
Hai coronato i sei lunghi anni di Medicina con una tesi in Neurochirurgia. Com’è stato?
Il mio progetto di tesi è stato seguito dal Prof. Francesco Signorelli, Direttore generale del Reparto di Neurochirurgia al Policlinico di Bari e l’ho incentrato sui tumori del quarto ventricolo nella popolazione pediatrica e adulta. È stato un periodo di vita e di studio bello ma anche piuttosto complesso, perché questo tipo di tumore è raro ed è stato già un risultato incredibile riuscire ad inserire nella mia analisi 27 pazienti tra Bari, Andria e i ricoverati all’ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti. Lo studio si è focalizzato sui fattori prognostici e statistici relativi a questa malattia, per verificare l’esistenza di una correlazione tra la posizione del paziente, l’approccio chirurgico e la resezione del tumore. Ne è emerso che, mettendo in posizione laterale il paziente durante l’intervento chirurgico, si ottengono outcome migliori rispetto a quelli derivanti da altri approcci.
Dopo questi anni a Bari e il raggiungimento di un traguardo così importante, quali sono i tuoi progetti?
Il 26 luglio mi aspetta il test d’ingresso per la Scuola di Specializzazione e, ovviamente, il mio desiderio è di entrare a Neurochirurgia o Pediatria qui a Bari, perché sono i due reparti in cui ho trascorso i mesi del mio tirocinio curriculare e mi sono trovata benissimo sia con il Prof. Laforgia che con il Prof. Signorelli. Se non dovesse andare come spero, vorrei comunque rimanere in Italia.
Non hai preso in considerazione di tornare a Tirana per dare il tuo contributo professionale?
Per il momento voglio completare la mia formazione qui, perché per quanto ami il mio Paese e riconosca che ci sono tanti bravi medici che si sono formati in tutta Europa, ritengo che in Italia ci sia un più alto grado di istruzione. Dopo la specializzazione, di sicuro nei miei piani c’è l’intenzione di tornare a Tirana e di esportare tutto il know-how da me appreso, professionalmente ed eticamente parlando. Sarebbe per me un onore perché l’Albania rimarrà sempre nel mio cuore.