Si terrà lunedì 18 luglio alle ore 19:30 la presentazione del romanzo “La Suggeritrice di Francesco Colizzi, nella suggestiva cornice di Largo Chiesa Vecchia, nel pieno centro storico di Villa Castelli.
L’iniziativa che rientra negli eventi del cartellone estivo “RipartiAmo a Villa Castelli – Estate 2022”, è organizzata dal Blog Villa Castelli on Line e dall’Associazione Pro Loco Villa Castelli e fa parte della rassegna culturale “Una Piazza di Libri”; l’evento è patrocinato dal Comune di Villa Castelli e dall’Assessorato alla Cultura.
Alla presentazione sarà presente l’autore che dialogherà con la giornalista Agata Scarafilo; interverrà Micaela De Marco presidente della Cooperativa Sociale “Se Puede”; la moderazione sarà di Carmela Biondi; previsti saluti istituzionali del Sindaco Giovanni Barletta e dell’Assessore alla Cultura Francesco Nigro.
Per una grave frattura al femore, uno psichiatra vive l’esperienza sanitaria di paziente: l’arrivo del 118, il pronto soccorso, gli esami radiologici, l’intervento chirurgico d’urgenza, il ricovero in reparto, l’avvio alla riabilitazione.
La divisa del malato si unisce a quella di medico e insieme, di giorno e di notte, compiono nel protagonista, con la mente e con il cuore, un affondo nel presente e ancor di più nel passato, con i vivi e con chi se ne è andato.
Emergono, quasi grazie ad una suggeritrice muta, come in sedute di psicoanalisi, lacerazioni e conflitti per un romanzo interiore, in una conversazione serrata, efficace, liberatoria, con sé stesso e con gli altri.
La recensione di Danilo Coppola, scrittore: La suggeritrice è uno splendido racconto interiore di Francesco Colizzi, mio amico da tempo immemore, psichiatra e militante di sinistra, si dai tempi in cui, giovincello, prestavo la mia opera come scrutatore durante le elezioni, per la sezione del Pci di Ostuni.
Partendo da un episodio traumatico occorsogli, la frattura del femore per una rovinosa caduta in quel di Torre Pozzelle, uno dei più incantevoli luoghi di generosa natura mediterranea della costa ostunese, l’autore del testo, prende le mosse per raccontare raccontandosi.
Ora, uno psichiatra è anche un medico, per cui , passo dopo passo, l’autore deve aver vissuto quel che gli è capitato di vedere, nella sua vita professionale su altri da se’, direttamente sulla propria persona.
Qualcosa che normalmente avrebbe potuto essere paralizzante, riguardo e sentimenti e pudore nel raccontarlo.
Invece Francesco Colizzi prende a pretesto questo incidente accadutogli per dar luogo ad un esercizio di ricapitolazione della propria esistenza.
Il racconto autobiografico, all’interno del quale Colizzi incastona mirabilmente, prestandosi come modello di riferimento, citazioni di filosofia, di letteratura e opere d’arte che abbracciano l’ampio panorama delle sue conoscenze culturali generali o specifiche, in accordo con il suo concetto estetico, si snocciola con una facilità di lettura insospettabile. Ma è come vengono tenute insieme queste dotte citazioni semplificate a fini narrativi e i riferimenti autobiografici, specie riguardo alle vicende dei suoi genitori, che costituiscono la cifra letteraria di questo testo. Commovente il racconto autobiografico con per protagonisti suoi genitori, persone umili e d’animo buono, che ad un occhio postdatato riguardo alle vicende del passato, finiscono per dispensare, con il loro semplice gesto del vivere, pillole di saggezza di cui fare tesoro.
Per cui spezzare il pane durante un temporale, nell’acqua che invade l’impiantito delle chianche della Città Bianca, gesto apparentemente pagano operato da mamma Rina, per mitigare le conseguenze della tempesta, trova riferimenti biblici e letterari, allorché si scopre che gettare un seme nel fiume contribuirà in seguito alla rifioritura dello stesso ed al processo di rinascita.
Sdraiato in una corsia d’ospedale, il degente autore, ripercorre molte tappe della sua infanzia: dai lavori umili per contribuire al bilancio familiare, all’amore per i fumetti, che lo instraderanno alla passione per i libri (Blek Macigno e capitan Miki, su tutti), sino alle vicende legate al dolore personale per le malattie indotte dal male del secolo, che si porteranno via i suoi genitori, prima che potessero avere la soddisfazione di vedere il proprio figlio realizzarsi come uomo , come professionista, come filantropo ( Colizzi, tra le altre cose, è stato presidente nazionale dell’associazione Amici di Raoul Follerau, AIFO).
Queste ultime sui genitori sono le pagine che mi hanno commosso di più, nel profondo. E non lo dico per amicizia.
Citando la Metaforfosi di Ovidio pone un fondamento dotto, senza essere per questo sentenziante, al proprio credo alimentare vegetariano…che passa attraverso, appunto, l’amore per gli animali. Cita Mantegna se pensa al corpo di un moribondo, nella descrizione del Cristo morto del grande artista, ospitato, punto, nella Pinacoteca di Brera, non lontano dai luoghi dai quali scrivo e ricorda l’immancabile immagine di Che Guevara, prendendo la stura per precisare, che, egli, pero’, il Colizzi, non è mai stato un rivoluzionario o un violento, bensì un liberalsocialista, fornendo così un quadro di riferimento esistenziale che si dirama nelle vicende della sua militanza politica. La grande suggeritrice, che dà il titolo a questo testo, è la morte, con cui l’autore dialoga amabilmente, sottoforma di voce interiore che si estinguerà con l’estinguersi, speriamo il più tardi possibile, con il proprio compagno di dialogo interiore.
E senza tante cerimonie, come attiene a un uomo che ha tratto dalla saggezza orientale delle Upanishad e del Buddha (più volte citati nello sviluppo della narrazione) l’idea dell’impermanenza come normale processo dell’avvicendamento naturale delle cose e degli esseri viventi. Ne consiglio vivamente la lettura. Gli effetti sono gradevolmente catartici.
Danilo Coppola (autore di libri tra i quali “Nell’acquario”, “Il tropico del maresciallo”, “La pianista cinese”), Milano-Ostuni