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Tutti assolti gli imputati per il delitto di Serena Mollicone. Rabbia in aula

I giudici della Corte d’assise di Cassino non hanno creduto alla ricostruzione secondo cui la diciottenne fu uccisa, 21 anni fa, per un colpo alla testa contro la porta dell’alloggio di servizio.

Assolti i coniugi Mottola, il figlio Franco e altri due carabinieri.

Serena Mollicone

 

AGI – Resta senza colpevole l’omicidio di Serena Mollicone, la studentessa del liceo socio pedagogico di Sora scomparsa da Arce, in provincia di Frosinone, il 1 giugno del 2001 e ritrovata cadavere due giorni più tardi in località Fonte Cupa, in un bosco. Per i familiari, i parenti, i vecchi amici questo doveva essere il pomeriggio della verità ma la sentenza della Corte d’assise del Tribunale di Cassino ha scritto un finale diverso, per molti sorprendente, spingendo ancora un po’ di più questo ‘giallo’ nella lunga teoria dei misteri italiani irrisolti.

Cinque imputati, tutti assolti: l’ex comandante della caserma dei Carabinieri di Arce, Franco Mottola, la moglie Anna Maria, il figlio Franco e altri due militari, il vice maresciallo Vincenzo Quatrale e l’appuntato Francesco Suprano. Per insufficienza di prove i Mottola, con formula piena gli altri due.

I pm Beatrice Siravo e Maria Carmen Fusco avevano chiesto condanne pesanti, da 30 a 21 anni per i tre Mottola: “la famiglia è tutta coinvolta nell’omicidio di Serena Mollicone, così come la famiglia Ciontoli lo era nell’omicidio di Marco Vannini”, il fil rouge dell’accusa. Ma evidentemente le prove raccolte non sono bastate a convincere la Corte delle responsabilità dei cinque.

“Vergogna”, “Assassini”, hanno gridato dall’aula mentre veniva letta la sentenza, e c’era chi protestava, chi piangeva e chi si abbracciava. Una bagarre iniziata dentro e proseguita fuori, quando decine di persone hanno insultato Franco, Anna Maria e Marco Mottola, salvati in extremis dalle forze dell’ordine da un tentativo di aggressione della folla inferocita.

“Eravamo convinti, noi non c’entriamo niente”, le prima parole dei coniugi Mottola, mentre Antonio, lo zio di Serena, poche decine di metri più in là parlava di “giustizia che non esiste” e prometteva che non finisce mica qui, che la battaglia per la nipote va avanti.

“Questa Procura prende atto della decisione che la Corte di Assise nella sua libertà di determinazione ha scelto – scrive negli stessi minuti il procuratore di Cassino, Luciano d’Emmanuele – La Procura non poteva fare di piu’. Gli elementi a sostegno dell’accusa hanno superato l’esame della udienza preliminare. Il contraddittorio tra le parti nel corso delle numerose udienze celebratesi davanti la Corte evidentemente ha convinto i giudici circa la non colpevolezza degli imputati – prosegue la nota – Sarà interessante leggere le motivazioni sulle quali si farà un analitico e scrupoloso esame per proporre le ragioni dell’accusa innanzi al giudice superiore“. Ha ragione lo zio di Serena: non finisce qui.

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