Il presidente della Conferenza dei vescovi cattolici del Paese, monsignor Raymond Poisson, illustra la genesi della trasferta pontificia e le speranze che porta con sé.
di Nicola Graziani
AGI – Riconciliazione e guarigione sono al cuore del viaggio di Papa Francesco in Canada. Il presidente della Conferenza dei vescovi cattolici del Paese, monsignor Raymond Poisson, della diocesi di Saint-Jèrome-Mont-Laurier, illustra così la genesi della trasferta pontificia e le speranze che porta con sé.
“Nel dicembre 2019, ho iniziato a parlare al Santo Padre della possibilità che una delegazione venisse a Roma e dell’ipotesi di un suo viaggio nel Paese”, prosegue, “Questa visita era stata chiesta già nel 2015 dalla Commissione per la verità e la riconciliazione sotto l’egida del governo, e il Papa allora si era dimostrato entusiasta. Dopo due rinvii a causa della pandemia, lo scorso marzo una rappresentanza di persone autoctone si è recata in Vaticano”.
In questo modo “si è concretizzato un primo gesto di riconciliazione e il fatto che fosse stato rimandato per ben due volte non ha fatto che accrescere l’interesse verso questa delegazione da parte dei nostri fratelli e delle nostre sorelle autoctoni. E questo è il motivo per cui, all’udienza del 1 aprile scorso, alla fine eravamo oltre 150 persone”.
“Quella è stata l’occasione per il Papa per ascoltare le testimonianze dei sopravvissuti e delle sopravvissute, anziani e giovani”, prosegue il porporato a Vatican News, “In unione con noi vescovi del Canada, il Papa ha espresso le scuse per gli abusi che in quel periodo storico sono stati commessi da membri della Chiesa. Il viaggio si inscrive dunque in questo cammino e vuole essere un ulteriore passo. è portatore di segni di riconciliazione, forse più di riconciliazione che di scuse, per il semplice fatto che il Papa tra di noi”.
Sul sito di una di queste scuole il Pontefice incontrerà dei sopravvissuti, celebrerà Messe pubbliche, in occasione della festa di Sant’Anna, figura assai significativa per tutti, emblematica per le persone indigene, parteciperà a un incontro autoctono e a uno non autoctono.
“Si tratta dunque di gesti concreti di riconciliazione che, speriamo, daranno seguito alla realizzazione di nostri progetti insieme a loro. Noi abbiamo messo da parte un fondo di 30 milioni di dollari canadesi per sostenere progetti di conoscenza reciproca, della loro cultura, della loro spiritualità, della loro storia, visto che in realtà l’intera società canadese è lontana dalla realtà dei nostri fratelli e delle nostre sorelle autoctoni, e viceversa. Non possiamo certo affermare di conoscerci bene. C’è tanto lavoro da fare, la visita de Santo Padre ci aiuterà”, dice ancora il presidente dei vescovi del Canada.
Infatti “gli autoctoni sono molto legati ai loro territori. Probabilmente il concetto di proprietà e di territorio per noi occidentali si limita alla nostra casa. Per loro, invece, si tratta di uno spazio collettivo, comunitario, un territorio vicino alla natura. Pertanto, il fatto che il Papa camminerà su questo suolo per dire loro ‘sono con voi, vi amo e tutti insieme siamo dispiaciuti per quello che è accadutò è davvero molto importante. Peraltro, abbiamo scelto diversi segni o simboli in occasione degli incontri o delle due Messe pubbliche: gesti di spiritualità cristiana che però avranno il colore e il sapore autoctono, in particolare attraverso le danze, la musica Questi tutti sono gesti di riconciliazione”.
Le 60 nazioni indigene del Canada
In Canada esistono oltre 600 comunità autoctone: oltre una sessantina di nazioni tra le Prime Nazioni; poi ci sono i Mètis, che sono organizzati in associazione nazionale, e poi ci sono anche gli Inuit. Etnie che “non condividono nè la stessa cultura nè la stessa lingua, ciascuno è diverso dall’altro. Per l’organizzazione del viaggio, ci rivolgiamo alle tre organizzazioni nazionali che raggruppano appunto le Prime Nazioni, i Mètis e gli Inuit affinchè tutti possano partecipare all’evento”.
Per esempio, le comunità autoctone sono concentrate maggiormente nell’Ovest piuttosto che nell’Est del Paese. Quindi “va ricordato che ci sono differenze nei rapporti anche secondo le zone”. Inolte “in una crisi come quella vissuta in Canada, il governo federale è implicato alla stessa maniera con la sua politica. Lavoriamo quindi fianco a fianco con il governo per compiere gesti di riconciliazione. Noi seguiamo la nostra pedagogia, che non può essere quella del governo ma che è quella della Chiesa e che consiste nell’essere vicini alle persone sul piano locale e comunitario. Non siamo mai stati assenti dalla vita delle comunità nelle riserve, ci sono preti e missionari sul posto che sono presenti e continuano a essere presenti, sia pure in maniera diversa: lasciamo più spazio alla loro cultura, alla loro spiritualità e abbiamo il coraggio di ammettere questa faccenda”.