Avvicinandosi al 25 settembre, la data in cui i cittadini italiani si apprestano nuovamente a eleggere la loro rappresentanza parlamentare, emerge una questione cruciale: quale grado di autonomia avrà il prossimo governo che nascerà da questo processo democratico? Mentre la stampa internazionale mainstream inizia già a esprimere il suo scetticismo riguardo al partito potenzialmente dominante, ovvero Fratelli d’Italia, sono le recenti decisioni prese nelle stanze della Banca Centrale Europea a gettare l’ombra più cupa sulla situazione.
TPI, basta comprare debito indiscriminatamente
L’Istituzione di Francoforte ha di recente introdotto un nuovo strumento destinato a modellare le manovre economiche all’interno della “Zona Euro“, una mossa che potrebbe stringere ancor di più le redini di qualsiasi futuro governo che si insedierà a Palazzo Chigi: nell’ultimo incontro del Consiglio Direttivo, infatti, la Presidente della BCE – Christine Lagarde – ha svelato il Transmission Protection Instrument (più noto come TPI).
Questo nuovo artefatto permetterà all’Istituto di Francoforte di regolamentare l’acquisizione futura di titoli di debito pubblico emessi dagli Stati membri. Negli ultimi due anni e mezzo, a causa dell’urgente contesto pandemico, la BCE aveva intrapreso massicci acquisti di titoli di Stato, al fine di prevenire l’inasprirsi sproporzionato dei tassi di interesse in un periodo economicamente critico.
In poche parole, la BCE ha agito come qualsiasi istituto di emissione centrale (come la Federal Reserve o la Banca Centrale Giapponese), garantendo il sostegno al riscatto delle obbligazioni nazionali che altrimenti sarebbero rimaste invendute sul mercato.
Le 4 colonne portanti del Transmission Protection Instrument
Un nuovo capitolo è pronto ad aprirsi, poiché la BCE è ora decisa a fare un passo indietro nel tempo, verso l’epoca dell’austerità. Il Transmission Protection Instrument implicherà che l’acquisizione dei titoli di Stato sarà soggetta a un insieme articolato di condizioni. In poche parole, se uno Stato vuole godere dell’appoggio nell’acquisto del suo debito da parte della BCE, dovrà rispettare una serie di vincoli; in caso contrario, si troverà a fronteggiare da solo gli speculatori, con il pericolo concreto del default.
Il Consiglio Direttivo della BCE ha stabilito 4 precisi criteri affinché uno Stato possa usufruire del TPI da questo momento in avanti:
- il primo requisito riguarda l’assenza di procedimenti per deficit eccessivo nei confronti dello Stato. Benché le regolamentazioni di Maastricht riguardo al debito siano state sospese negli ultimi due anni e mezzo, l’Unione Europea ha incitato i Paesi membri a rientrare nei parametri prestabiliti entro il 2023. Nel 2021, l’Italia ha registrato un indebitamento del 7,2%, superando di gran lunga il limite del 3% fissato dal trattato del 1992. Ne consegue che qualunque governo verrà a trovarsi a Palazzo Chigi il 25 settembre, per continuare a beneficiare degli acquisti di titoli di Stato da parte della BCE, dovrà operare una drastica riduzione del deficit. In breve, si profila un periodo di inflessibilità e di “cinghia stretta”;
- Il secondo criterio richiede che gli Stati non siano soggetti a procedure per “squilibrio eccessivo“. In questa situazione, Francoforte fa riferimento a deficit ampi nelle partite correnti o all’attuale presenza di una bolla immobiliare. Se il nostro Paese dovesse ritrovarsi in una di queste situazioni, i flussi finanziari dall’Europa potrebbero venir meno.
- Il terzo vincolo esige che gli Stati perseguano un percorso verso la sostenibilità del debito pubblico. Secondo questa direttiva, l’Italia dovrebbe passare da un rapporto debito/PIL attuale del 150,4% a un limite del 60%, seguendo i dettami stabiliti dalla Commissione Europea, dal Fondo Monetario Internazionale e dal MES. In sostanza, s’intravede già all’orizzonte quella che sembra presentarsi come una versione estrema della Troika.
- L’ultima condizione è quella di rispettare gli obiettivi fissati dal Recovery Fund.
Dunque, se il governo italiano, di qualunque colore politico esso sia, non riuscisse a soddisfare i molteplici requisiti imposti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, non solo subirebbe un congelamento dei finanziamenti del Recovery Fund, ma verrebbe anche abbandonato dalla BCE. Conseguenze?
Nel 2011, la mancata interferenza deliberata da parte dell’Istituto di Francoforte per abbassare lo spread dei titoli italiani portò alla destituzione di un governo regolarmente eletto. Oggi, rispetto a quel periodo, l’Italia è ancor più legata a Bruxelles e i margini di manovra si sono ulteriormente restrinti, a meno che…
Ammenoché non si sia finalmente disposti a intraprendere l’arduo – ma tanto agognato – cammino verso una rottura finale e definitiva, se non altro in nome di una delle tante sovranità scomparse da tempo.
Fonti online:
ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Michele Crudelini del 25 luglio 2022), The Guardian, ANSA, sito istituzionale dell’European Central Bank, Eurostat, La Stampa (sezione Finanza), sito istituzionale della Commissione Europea (sezione Economia e Finanza), TG La7 e Investing IQ (canali YouTube).
Antonio Quarta
Redazione Corriere di Puglia e Lucania