Sin dall’epoca più arcaica, l’uomo è guidato da un’esigenza “primordiale”, che lo ha accompagnato nei secoli e ne ha caratterizzato l’evoluzione sociale.
Le teorie dell’antropologo scozzese James George Frazer si pongono in armonia con quanto già affermato nel trattato “Il ramo d’oro” – la cui prima versione è edita nel 1890 – l’antropologo ha sostenuto che le società umane, nel corso della loro evoluzione, avrebbero attraversato tre stadi fondamentali: lo stadio della magia, lo stadio della religione ed, infine, lo stadio della scienza.
Il termine religione trova le proprie origini etimologiche nel latino “religio” che, secondo quanto affermato da Marco Tullio Cicerone nell’opera del 44 a.C “De Natura Deorum” risiederebbe nei verbi “ripercorrere” e “rilegare”.
Il termine, nei suoi significati polivalenti, è risultato correlato a quello di “superstitiònis”.
Il culto del divino, sin dalle più lontane origini dell’uomo, troverebbe la sua ratio nella ricerca di una spiegazione esaustiva alla fenomenologia naturale che – secondo le più remote concezioni – risulterebbe essere espressione diretta della divinam voluntatem;
è proprio in armonia con questa visione che si collocano i rituali di matrice magica e religiosa che possono culminare con il momento dedicato al sacrifizio.
La pratica del “sacrificium”, termine che ha la sua etimologia nell’aggettivo săcĕr e nel verbo fàcere (“rendere sacro”), è stata testimonata da antichissime fonti tra le quali si annoverano gli “Appunti di Viaggio” del Geografo Posidonio di Apamea (150-30 a.C), i commentari “De Bello Gallico” (58-56 a.C) di G.I. Cesare e le testimonianze riportate dallo stesso conquistadores spagnolo H. Cortés a seguito della sua spedizione del 1519, che ne testimoniò l’usanza da parte delle civiltà precolombiane ed il richiamo di esso ai Miti dell’Origine; secondo quanto riportato dal conquistatore, a seguito della sua spedizione, le pratiche sacrificali poste in essere dalla civiltà stanziata nella regione mesoamericana prevedevano un numero di vittime che si aggirava tra i 15.000 ed i 250.000 annui ed erano considerati “prescelti” i bambini, le donne e gli schiavi i cui corpi e le cui anime venivano omaggiate alla divinità della pioggia e della fertilità Taloc.
Allo stesso modo, in uno scenario completamente rurale, venivano officiati i rituali per le civiltà indoeuropee di stirpe germanica: i Celti.
La civiltà celtica risulta avere una vasta simbologia che sopravvive ancor’oggi, nonostante il decorrere del tempo, ed è oggetto di adozione – seppure con significati talvolta differenti – da parte di quei culti che vengono annoverati nelle minoranze riconosciute e definite “nuove religioni” dal Ce.S.Nu.R. e tra i quali si collocano anche il Neopaganesimo, la Wicca ed i movimenti esoterici ed edonisti.
Il termine “Esoterico” riferito alla scienza è, oggi, oggetto di errori assai frequenti poiché spesso esso viene collegato a quello di “occulto”, alterandone così il significato autentico:
la parola francese “occultisme” fu coniata nel XIX secolo dallo studioso Eliphas Lévi assumendo il significato di “conoscenza nascosta”, differendo così – nel sostanziale significato – dal termine esoterismo (ἐσωτερικός), coniato nella Francia settecentesca e derivante dal greco “esotericòs”, parola con la quale Aristotele indicava l’insegnamento destinato ai suoi soli discepoli o destinato a pochi iniziati e che trova la sua contrapposizione nella locuzione latina “exoteros” che designa perlopiù una conoscenza accessibile a tutti.
Il termine “occulto” era, tuttavia, già stato impiegato nel secoli del Basso Medioevo allo scopo di designare le arti quali la magia, l’astrologia e l’alchimia.
In passato, una scuola dottrinale di matrice religiosa poteva essere indicata con il termine “setta”.
La parola, derivante dal latino “secta”, da “sequi” e dal verbo “secare”, nel suo significato di “tagliare” e “disconnettere” trova un’analogia di significato nei verbi inglesi cut e sect e veniva adoperato in passato per indicare i movimenti ereticali.
Attualmente con questo termine si vuole indicare un cenacolo di persone che, accomunate dalla stessa ideologia, da una scuola di pensiero o da affinità religiose, si aggregano per perseguire uno scopo comune.
Nel linguaggio comune, tuttavia, alla parola “setta” è stata attribuita un’accezione negativa che le ha fatto assumere un significato differente rispetto a quello originario.
Le sette si contraddistinguono in base al fine che conseguono: essenzialmente potremmo distinguerle in due filoni principali: sette religiose e sette non-religiose, seppure tutte, nella loro sostanza, sono accomunate da ideologie dottrinali e presentano connotati analoghi nella loro struttura gerarchicamente organizzata.
Tra i movimenti “religiosi” si annoverano principalmente quelli magici, occultisti, spiritisti e filo-satanici;
le sette non-religiose sono, invece, quelle di matrice filosofica, parapsicologica, economica, politiche o quelle sostenitrici di teorie psicoterapeutiche.
Indipendentemente dalla loro natura, molte sono le sette che agiscono esercitando un controllo sull’adepto condizionandone il pensiero, l’azione ed arrivando, in taluni casi, a compromettere l’esercizio delle libertà inviolabili e fondamentali della persona fisica di cui la stessa Costituzione della Repubblica italiana è garante;
A questo fine risulta essenziale un’efficace prevenzione a tutela della persona fisica che, oggigiorno, si ritrova sempre più spesso vittima di dinamiche e contesti che adottano un modus operandi mirato ad annullare la personalità, privando l’individuo della propria dignità umana e del libero arbitrio