Proveniente dal termine greco spathe, la spada è un’arma bianca tra le più antiche al mondo.
Circa il suo utilizzo relativo all’epoca medievale ci vengono in aiuto alcuni trattati provenienti da tutta Europa ma tra le fonti più autorevoli si annovera la più antica del mondo occidentale, che illustra quella che è definita “Ars Dimicatoria“: è, questo, il manoscritto denominato “I.33” e conservato presso l’Armeria Reale di Leeds.
L’opera, redatta presumibilmente tra la fine del Duecento e l’inizio del Trecento, si ritiene essere stata scritta da un monaco di origine germanica, Lutegerus, nome che compare all’interno dell’opera stessa.
La lingua utilizzata per descrivere le azioni presentate ed illustrate è il latino, ma, quella adoperata per chiamare i colpi è la lingua tedesco: ciò farebbe collocare la sua area d’origine in Germania dove lo stesso nome “Lutegerus” risulta assai diffuso.
In realtà, a quanto sembra, alla stesura del manoscritto hanno partecipato almeno tre mani amanuensi diverse, di cui si presume nessuna di esse sia l’autrice delle miniature che illustrano i movimenti riportati.
Il manoscritto venne custodito in terra d’origine fino al XVI secolo, ove giunse nelle mani di Johannes Herbart von Wurzburg; a seguito di vari passaggi di mano, comparve in Inghilterra, dove fu acquistato dalla Royal Armouries of Leeds nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale.
Appare doveroso aggiungere che il manoscritto, nel corso del tempo, subì diverse correzioni e integrazioni, che diedero all’opera un aspetto tutt’altro che lineare.
Circa i tratti “tecnici” bisogna affermare che il trattato illustra due monaci, un maestro -rappresentato a capo scoperto-, ed uno scolaro od allievo -rappresentato a capo coperto;
questi sono intenti a descrivere, tavola dopo tavola, l’utilizzo della spada accompagnata dal brocchiere, ovvero un piccolo scudo dal diametro non superiore
ai 30 centimetri, il quale aveva la funzione di difendere la mano che impugna la spada estendendo la superficie di parata.
L’opera è composta da trentadue fogli di pergamena, rilegati in epoca recente: a causa di ciò alcune parti dell’opera sono andate perdute così come il titolo attribuito al manoscritto dal suo autore.
L’ I.33 sorvola sui concetti fondamentali della scherma dando essi per scontati: tra questi si annoverano i passi o la portata dei colpi; esso, infatti, inizia con l’illustrazione delle sette “custodie”, conosciute anche con il nome di “guardie”, comunemente impiegate.
A queste ultime, talvolta, aggiunge, critiche e suggerimenti che lascerebbero intuire come le guardie illustrate siano conoscenze comuni e ben radicate nella società del tempo.
Dopo aver illustrato le guardie l’autore illustra il proprio sistema di parate, risposte e contrarie, quest’ultime chiamate “obsessio“(assedio).
I colpi portati alle gambe sono pochi, evitando di scoprire i bersagli alti come la testa, preferendo tagli e affondi al volto e al busto.
Sono presenti, inoltre, alcune azioni di lotta come le prese, sia sulle braccia dell’avversario che sulla sua lama, da cui ne deriva il conseguente blocco o addirittura il disarmo.
Circa il suo studio e la sua applicazione pratica, è doveroso affermare che questo manoscritto è ritenuto tra i più autorevoli, nonché il manuale fondamentale della scherma occidentale: esso è, infatti, oggetto di studio da parte di coloro i quali si approcciano alla scherma storica, sia essa dilettantistica che agonistica.