Principale Cultura & Società Cassano delle Murge,”IntratteniMenti”: cultura femminile nel Medioevo a cura di Stupor Mundi

Cassano delle Murge,”IntratteniMenti”: cultura femminile nel Medioevo a cura di Stupor Mundi

Tra le ipotesi ricostruttive presenti durante l’evento “IntratteniMenti”  – organizzato da AssoConsum, con la collaborazione dall’Ass. La Fabbrica Creattiva, e patrocinato dalla Regione Puglia e dal Comune di Cassano delle Murge – vi sarà quella dedicata all’amanuense.

La sapiente figura verrà rappresentata dal team Stupor Mundi – Historia Magistra Vitae, e vedrà una monaca benedettina, amanuense, raccontare la preziosa figura del cenobio adibita alla produzione e diffusione dei saperi, mediante la copiatura a mano di tomi e pergamene.

L’emblema della sapienza femminile è, storicamente, attribuita a Caterina d’Alessandria, martire natia di Alessandria d’Egitto a cavallo tra il III ed il IV secolo. 

Figlia prematuramente orfana di re Costa – così come emerge dalla raccolta biografica medievale, “Legenda Aurea” (1260-1298) – ricevette un’accurata istruzione alle arti liberali e fu chiesta in sposa da molti uomini di alto rango; Caterina declinò ogni offerta di matrimonio poiché, leggenda narra, le apparve in sogno la visione della Madonna con il Bambino la quale, infilandole l’anello al dito, la rese sponsa Christi. Gli studi storici denotano una forte depressione dell’alfabetismo femminile che connota l’Alto Medioevo nella quale era registrata una generale incapacità di leggere e scrivere che colpiva maggiormente le donne, soprattutto di basso rango sociale. 

Tuttavia quest’analisi trova una forte antitesi nella certezza di donne letterate assai note. Tra i nomi risaltano, senza alcun dubbio, quello della nobildonna Dhuoda (800 -843 ca.), della monaca e poetessa Rosvita di Gandersheim (935-974 ca.), il medico salernitano Trotula de Ruggiero (1050-1097) quello della monaca, scrittrice e teologa  Ildegarda di Bingen (1098-1179).

In un epoca durante la quale il cenobio rappresentava una “scuola al femminile”, l’eredità culturale proveniva indubbiamente dalla tradizione più arcaica ereditata proprio dai monasteri, centri di produzione e diffusione dei saperi. A tal proposito, come primo cenobio femminile si ricorda il monastero fondato a Piumarola da Santa Scolastica da Norcia, sorella di San Benedetto e capostipite dell’ordine delle monache benedettine; in questi centri di cultura, diffusi dalla nascita del monachesimo occidentale, entro i quali si svolgeva la vita monastica di coloro che abbracciavano la Sancta Regula, le donne alternavano alla preghiera momenti di studio e lavoro dedicato anche alla copiatura e produzione dei volumen

Le fonti, tuttavia, ci rivelano che la sapienza femminile ha origini assai più remote: studiosa di massima competenza è Macella di Roma la quale, in stato di vedovanza divenne discepola di san Girolamo. Il suo nome fu noto non soltanto per la vita spirituale condotta dalla nobildonna romana ma di ella si rammenta la partecipazione alle contese a sostegno dell’ortodossia, rivelando, nel corso di tutta la vita, capacità poco comuni; un ruolo importante ebbe la personalità di Santa Marcella di Roma la quale, durante il sacco di Roma del 410, riuscì a convince i soldati di Alarico a rispettare la sua persona e ad esser scortata fuori dalle mura, alla Basilica di San Paolo, assieme alle altre discepole.

La figura di Marcella sarà attorniata da quella di Santa Asella, considerata una vera musa per San Girolamo; dal rapporto epistolare intrattenuto tra il Santo e le donne, nonché dai frammenti di esse rinvenuti, con quanto segue ne deduciamo la stima nutrita da Girolamo verso la figura di Asella: 

Nulla è più gioioso della sua serietà, nulla più composto della sua allegria. Più mesto del suo sorriso? Nulla; ma non c’è altra espressione più dolce della sua mestizia. Il pallore del volto fa rimarcare la sua continenza, eppure non sa di ostentazione. Il suo parlare è silenzioso e quando tace è eloquente. Nel muoversi non è precipitosa né troppo lenta; il suo contegno non varia mai. Non ricerca l’apparenza o l’eleganza nel vestire, ma la sua mancanza di ricercatezza è una vera eleganza. In una città di lusso, di scostumatezza, di piaceri, dove vivere modestamente è una umiliazione, solo col suo tenore di vita s’è meritata l’entusiasmo dei buoni. E neppure i maligni osano calunniarla. Le vedove e le vergini la imitano, le donne sposate l’onorano, è temuta dalle perverse, guardata con venerazione dai sacerdoti.”

Le nobili patrizie romane che, in Palestina, avevano fondato il primo cenobio di cultura di cui lo stesso Girolamo diventerà discepolo, sono l’emblema della più arcaica sapienza femminile. Il Medioevo vede tuttavia la personalità di spicco della nobildonna d’età carolingia, Dhuoda. Figlia del duca Sancho I di Guascogna e sposa del duca Bernardo di Settimania, Dhuoda fu autrice del Liber Manualis, trattato pedagogico dedicato e destinato all’educazione del figlio Guglielmo, come si può denotare dal suo incipit: 

Molte cose che ci restano nascoste sono chiare per molti, e se i miei simili dalla mente ottenebrata mancano d’intelligenza, il meno che si possa dire è che io ne manco ancora di più… Ma sono tua madre, figlio mio Guglielmo, e le parole del mio manuale sono rivolte a te”

Non vi sono molte notizie in merito alla vita della nobile intellettuale, tuttavia, del destinatario dell’opera – suo figlio Guglielmo – si è a conoscenza che sia stato condannato alla pena capitale nel 489. Il trattato pedagogico Liber Manualis, composto da 73 capitoli, è stato redatto nel periodo intercorrente tra il 30 novembre 841 ed il 2 febbraio 843, date indicate con estrema precisione dalla sua autrice.

Dhuoda, nel suo trattato in latino esalta l’amore verso Dio, il fratello minore Bernardo, il padre, gli amici, i compagni, i poveri e gli infelici;  i precetti essenziali del tomo vengono facilitati alla memorizzazione con il sussidio di un’aritmetica simbolica. La grande cultura della donna dal pennino pedagogico si evince dai numerosi riferimenti alle Sacre Scritture, a Gregorio Magno e Sant’Agostino nonché alla Sancta Regula che dovrebbero scandire per suo figlio, le ore di canoniche di preghiera che occuperebbero la sua giornata. L’opera si presenta, altresì, ricca di riferimenti a grammatici romani ed altri teologi e filosofi di epoche antecedenti.

Hildegard von Bingen, Santa ed investita del titolo di “Dottore della Chiesa” per volere di papa Benedetto XVI, è ricordata come una donna tra le più talentuose della sua epoca. Ella fu profeta della fede, guaritrice, erborista, naturalista, cosmologa, filosofa, artista, poetessa, drammaturga, musicista, linguista e consigliera politica. Fondatrice del monastero di Bingen am Rhein, viene ricordata per i suoi contribuiti in ambito scientifico con il trattato “Physica”, conosciuto con il nome di “Libro delle medicine semplici” ed il trattato “Causae et cura”  riguardante la c.d. “medicina composta”, le sue cause ed i suoi rimedi.

Ildegarda, in una missiva del 1146 indirizzata a San Bernardo di Chiaravalle, descrisse i suoi saperi con toni di modicità e di altrettanta elevatezza spirituali con le seguenti parole: 

«Io sono un essere senza istruzione, e non so nulla delle cose del mondo esteriore, ma è interiormente nella mia anima che sono istruita.»

Monaca dai molteplici interessi, si dedicò altresì alla musica: famosa è la sua opera “Symphonia harmoniae celestium revelationum” la quale si presenta suddivisa in due parti: i Carmina (Canti) e l’Ordo Virtutum (La schiera delle virtù, opera drammatica musicata).

Ildegarda fu anche un’abile sperimentatrice della cosiddetta “lingua artificiale” od ignota la quale venne da lei adoperata per fini mistici; la lingua da essa adoperata è stata, in parte, descritta nell’opera a sua firma “Lingua Ignota per hominem simplicem Hildegardem prolata”. Nei suoi trattati “Lingua ignota” e “Litterae ignotae”,  compaiono parole in una lingua sconosciuta di sua invenzione, ma composta prevalentemente di fonemi presenti nella lingua tedesca. Esso prosegue con una citazione delle sue parole:

«Homo autem ad imaginem et similitudinem Dei factus est, ut quinque sensibus corporis sui operetur; per quos etiam divisus non est, sed per eos est sapiens et sciens et intellegens opera sua adimplere. […] Sed et per hoc, quod homo sapiens, sciens et intellegens est, creaturas conosci; itaque per creaturas et per magna opera sua, quae etiam quinque sensibus suis vix comprehendit, Deum cognoscit, quem nisi in fide videre non valet.»

[«L’uomo infatti è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, affinché agisca tramite i cinque sensi del suo corpo; grazie ad essi non è separato ed è in grado di conoscere, capire e compiere quello che deve fare […] e proprio per questo, per il fatto che l’uomo è intelligente, conosce le creature, e così attraverso le creature e le grandi opere, che a stento riesce a capire con i suoi cinque sensi, conosce Dio, quel Dio che non può essere visto se non con gli occhi della fede.»]

I suoi scritti portano all’attenzione un’esperienza divina che vede coinvolta, non solo la razionalità, bensì tutti i sensi, esterni ed interni, che caratterizzano l’essere umano, figlio di Dio. 

Ritenuta una donna ed una ecclesiastica dall’inestimabile profilo intellettuale, nel 2012 papa Benedetto XVI la nominò “dottore della Chiesa” ricordando la stima che verso ella nutrirono anche i suoi predecessori.

 

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