Nasce “Diritto è vita”, l’Associazione in ricordo dell’Agente e Ispettore capo della Polizia Penitenziaria barese, Umberto Paolillo. Era la notte tra il 17 e il 18 febbraio 2021 quando il 56enne si tolse la vita con la pistola d’ordinanza, per evidenti problematiche insorte sul luogo di lavoro.
In seguito alla raccolta di documenti e testimonianze da parte dei Carabinieri su incarico della Procura di Bari, è stato aperto un fascicolo di indagine per istigazione al suicidio. Le ipotesi avanzate dai legali della vittima rimandano ad atti di bullismo a sfondo sessuale che Paolillo per dieci anni avrebbe subìto a causa del suo status di celibe e residente ancora con i genitori, nonostante l’età ormai avanzata. La veridicità e l’attendibilità di quanto asserito sarà accertata dalla Magistratura, ma ciò che emerge con chiarezza è la testimonianza della madre del povero poliziotto, la signora Rosanna Pesce, la quale ha sin da subito addebitato tutte le responsabilità della vicenda all’amministrazione penitenziaria della Casa di Reclusione di Turi, dove il figlio ha prestato servizio e che – a sua detta – avrebbe reso la vita di quest’ultimo un inferno.
«A stare con i detenuti, anche loro sono diventati cattivi. – ha dichiarato la signora qualche tempo fa – Lo Stato deve fare qualcosa. Il mio cuore ormai è distrutto, ma io non mi arrendo: voglio sapere tutta la verità e soprattutto voglio giustizia per mio figlio».
Umberto, infatti, si era sfogato più volte negli anni con sua mamma e con i sindacati per i disagi e le angherie che era costretto a patire durante le ore lavorative, tanto che Rosanna ha affermato di essere a conoscenza addirittura dei nomi di coloro che per anni hanno vessato il figlio in carcere.
Dalla grande sofferenza e dalla inarrestabile tempra di tale donna nasce perciò il forte desiderio di creare, insieme a Ernesto Paolillo, l’Avv. Antonio La Scala e l’Avv. Laura Lieggi, l’Associazione “Diritto è vita”, affinché la morte di Paolillo e di altre forze dell’ordine o personale in divisa non sia per l’ennesima volta archiviata come conseguenza del gesto estremo, dovuto al cosiddetto “mal di vivere”, perché «dietro il gesto estremo c’è sempre altro, una motivazione assurda ma prevedibile», è scritto nella nota divulgata dai succitati avvocati fondatori.
A tal fine l’Associazione si propone di dare ascolto e voce a coloro che, nel corso dell’espletamento lavorativo, chiedano aiuto o supporto in quanto incapaci di arginare l’ansia e lo stress, derivanti da comportamenti illeciti o situazioni di sopraffazione. Avvalendosi di esperti psicologi e legali specializzati nella materia lavoristica e militare, verrà dato supporto a chi ne abbia necessità e ne faccia richiesta.
Nonostante la copiosa normativa che disciplina e controlla le istituzioni lavoristiche delle organizzazioni militari, dei corpi e delle armi si prefigga di prevenire e contenere qualsiasi fenomeno di illegittimità e abuso, è purtroppo chiaro a tutti che – anche in questo ambito, come in tantissimi altri – le relazioni interindividuali possono divenire insostenibili e sfociare in vessazioni, maltrattamenti e violenze di vario genere, per le quali il sottrarsi alla vita risulta nella mente del soggetto leso l’unica apparente soluzione.
“Il problema dei suicidi, per quanto già presente, sta ora assumendo dimensioni paurose e, mai come in questo momento, occorre un intervento immediato ed efficace. L’Associazione si ripromette non solo di raccogliere i numeri e le testimonianze, ma anche di avanzare proposte per la modifica o l’introduzione di leggi che si occupano del fenomeno. Ci doteremo di un numero verde al quale chiunque potrà chiedere aiuto, chiarimenti, interventi e fondamentale sarà la collaborazione anche con i sindacati. Ora ci aspettiamo solo che l’iniziativa abbia la massima condivisione e divulgazione perché “insieme tutto è possibile”, si legge in conclusione sulla nota.