Ad agosto gli uffici di Eurostat in Lussemburgo hanno confermato una notizia che molti di noi hanno sperimentato direttamente facendo la spesa quotidiana: un significativo aumento del prezzo del pane, bene essenziale nella vita di tutti i giorni. Questo fenomeno richiama alla mente un celebre episodio della letteratura italiana descritto da Alessandro Manzoni ne “I Promessi Sposi”, ossia quando nel 1628 l’incremento del costo del pane, seguito alla revoca del controllo sui prezzi deciso dal governatore di Milano Antonio Ferrer, causò l’assalto al forno delle Grucce.
Gli aumenti che colpiscono l’Europa e stangano tutti gli altri
In Europa, il mese scorso, il rincaro è stato del 18%, da sommare a quel 3% registrato l’anno precedente. La radice di questa situazione sarebbe da rintracciare nel contesto della guerra in Ucraina, secondo quanto riportato da Eurostat, poiché il conflitto avrebbe “disturbato in modo significativo i mercati globali, in quanto la Russia e l’Ucraina sono sempre stati i principali esportatori di cereali, grano, mais, semi oleosi (in particolare di girasole) e fertilizzanti”. Inoltre non si dovrebbe tralasciare il fattore che riguarda l’innalzamento prezzi delle materie prime, direttamente collegato sia ai costi dell’energia che a quelli dell’elettricità.
Questi rincari starebbero colpendo in modo particolarmente pesante alcuni Paesi piuttosto che altri: prima tra tutti l’Ungheria, che ha registrato un aumento del 66% del prezzo del pane; seguono i Paesi dell’Europa orientale (cioè Lituania, Estonia, Slovacchia, Polonia, Lettonia e Croazia), con incrementi superiori al 30%. L’Italia, per ora, si posizionerebbe in questa classifica con il dato del +13,5% tanto che, secondo un’analisi della Coldiretti basata sui valori dell’inflazione ad agosto e sull’esempio regionale pugliese, gli italiani nel 2022 dovranno affrontare una spesa aggiuntiva di oltre 900 milioni di euro rispetto all’anno precedente.
Il bisogno di sovranità alimentare italiano e lo spettro delle carestie globali
L’associazione di categoria degli agricoltori, dopo aver evidenziato come il Bel Paese abbia bisogno di quel 64% di cereali importato per produrre il proprio pane, per bocca del presidente dell’associazione – Ettore Prandini – ha sottolineato soprattutto l’importanza di ridurre questa dipendenza dall’estero, auspicando anche la messa in opera di una serie di accordi tra imprese agricole e industriali di filiera, con obiettivi chiari in termini di qualità, quantità e prezzi (questi ultimi possibilmente equi, ossia tali da non scendere mai sotto i costi di produzione).
L’aumento dei prezzi delle materie prime agricole, unito al rallentamento delle esportazioni di grano, starebbe però avendo ripercussioni non solo sull’economia europea ma anche in altre parti del mondo. In molti Paesi extracomunitari si starebbero addirittura palesando concrete minacce circa la sicurezza alimentare, il che lascia purtroppo intravedere lo spettro di carestie devastanti. A tal proposito a luglio il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, aveva annunciato da Istanbul un accordo con la Russia per consentire alle navi ucraine di trasportare alimenti dai porti del Mar Nero. Da quel momento, come riportato, circa 50 navi avrebbero effettuato spedizioni di cereali e altri prodotti agricoli, contribuendo a esportare circa 1,2 milioni di tonnellate di cibo (quantità, tuttavia, ancora lontana dai volumi degli anni precedenti, fatto che evidenzia la complessità della situazione a livello globale).
Fonti online:
ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Adalberto Gianuario del 20 settembre 2022), Rai News, Eurostat, L’Immediato, Wikipedia, Euronews.
Canali YouTube: Il Sole 24 ORE e Trmh24.
Antonio Quarta
Redazione Corriere di Puglia e Lucania