Leo Nisi nasce a Bari nel 1958 dove tutt’oggi vive e lavora. Opera da diversi anni partecipando ad importanti rassegne nazionali ed internazionali, tra le quali il Premio Primavera di Foggia, il Premio Cupra Marittima, Premio Internazionale “Citta di Forlì” e il Premio Nazionale “Mola Marearte”, nonché a numerose collettive. Ha tenuto dal 1975 mostre personali a Bari, Modugno, Margherita di Savoia, Latina, Sabaudia, Berlino, Torino, Bologna, Milano, Soverato, Roma, Lecce, Firenze, Bergamo, Ravello, Napoli e Brindisi. Le sue opere fanno parte di molte collezioni pubbliche e private sia in Italia che all’estero. Attualmente ha una esposizione permanente presso la Galleria Hobby Arte di Bari. Della sua attività si è interessata positivamente la critica militante e la sua “voce” è inserita in importanti pubblicazioni d’arte e riviste specializzate. Hanno parlato di lui Alberto Moravia, Gustavo Delgado, Alberto Castagna, Vinicio Coppola e Angelo Michele Annes.
È considerato uno dei maggiori rappresentanti dell’arte pugliese e più specificatamente della corrente del “nuovo impressionismo poetico ” per la particolare tecnica usata e la personale poetica espressiva. Ho ho avuto l’onore di intervistarlo per il Corriere di Puglia e Lucania.
Com’è nata questa passione e quando ha capito che sarebbe potuta diventare la sua professione?
La passione in me è nata grazie alla mia insegnante di Educazione Artistica nel lontano 1965; poi nel ‘75 ho allestito la mia prima mostra personale al Teatro Petruzzelli e da quel momento in poi iniziarono ad incoraggiarmi a continuare su questa strada. Sono fiero di affermare di essere un autodidatta e questo non è mai stato un problema, anzi. Molto spesso liceali e studenti dell’Accademia vengono a chiedere consiglio a me. Come me lo spiego? A mio avviso la formazione artistica deriva dal cuore, perciò puoi studiare quanto vuoi, ma è tutto inutile se non hai passione per quello che fai. Di conseguenza non considero la mia una professione o un lavoro, ma piuttosto una devozione innata, una sorta di promessa che ho fatto a me stesso di cercare di emozionare la gente. Questo è il mio intento ogni volta che dipingo.
Dove trova ispirazione?
L’ispirazione deriva da dentro di me e questo comporta che nelle mie tele ci sono molti elementi della mia terra di origine e dei miei valori. Ciò dà inevitabilmente riconoscibilità a ciò che faccio e lascia la mia impronta nel tempo.
L’uomo che scrive viene il più delle volte raffigurato collegando il flusso di pensieri del cervello alla penna saldamente impugnata. Dai suoi lavori, invece, si evince nitidamente il collegamento diretto e stretto del pennello con il cuore. La vive così?
Assolutamente sì. Poi l’impulso che viene dal cuore, l’ho affinato con la tecnica. Ho trovato un modo di dipingere molto personale, utilizzando ad esempio, stratificazione, velature, foglio d’oro o rame. L’unico aspetto negativo è che la continua ricerca di originalità e personalizzazione negli anni diventa sempre più difficile (ride, ndr), perché il tutto deve poi asservire al mio obiettivo principale che è quello di emozionare i fruitori. Per me l’Arte va oltre il mero acquisto di un quadro come pezzo di arredamento o design in casa. Cerco di generare un legame eterno con l’opera, legame che poi negli anni viene tramandato di figlio in figlio per generazioni.
Quindi, la sua fase creativa ed esecutiva sono del tutto estemporanee?
Principalmente sì. Io mi siedo davanti a una tela bianca e questa mi dà la libertà infinita di esprimere il mio mondo, un mondo che è, però, tutto da creare poi su di essa. Dunque le fasi iniziali sono senza dubbio estemporanee; anche quando ho raffigurato ad esempio il Teatro Margherita o la Basilica di San Nicola, ossia strutture già esistenti, ho comunque messo del mio, rivisitandole secondo il gusto personale e la tecnica che mi caratterizzano. Chiaramente, ci tengo a specificare, una minima idea di partenza c’è sempre e poi su questa ci lavoro con accuratezza, sino a raggiungere il risultato che più rispecchia ciò che voglio esprimere.
“You want to know my world” si legge su un suo dipinto. Volendoci entrare a parole nel suo mondo, come ce lo presenterebbe?
Il mio mondo è fatto di effetti cromatici, sensazioni, voglia di evasione e soprattutto desiderio di sognare, che è quello che con i miei quadri voglio trasmettere perché ritengo che la gente stia perdendo il valore del sogno vero. Vincent Van Gogh diceva: “Prima sogno i miei dipinti, poi dipingo i miei sogni”. E per me risiede tutto qui, in questa frase che sposo in toto e che, infatti, riporto nei miei lavori scrivendo anche frasi del tipo “E tutti saremo liberi di scegliere i nostri sogni” oppure in lingua inglese “Our dreams will be rebuilt”.
I primi elementi che colpiscono, infatti, sono proprio i colori e le figure oniriche, uniti però a delle geometrie scomposte che, a mio avviso, conferiscono un certo “rigore”. Perché questo connubio sogno-rigore?
In realtà nelle mie tele c’è rigore solo nei colori, che scelgo minuziosamente e applico con tocchi decisi: i più vivaci e forti, ossia rosso e blu, e le loro diverse tonalità quali rosa e azzurro; utilizzo poi l’arancio e anche un giallo tenue, così come il verde bandiera e quello pastello; sullo sfondo il più delle volte un grigio-perla. Al colore ci aggiungo forme più o meno geometriche come casette, balconcini ed elementi propri della tradizione pugliese e del paesaggio agreste o marino, ma non con un intento di rigidità, bensì di lasciare il pubblico in balia di ricordi mediterranei e della loro libera interpretazione.
Lei è appunto un pittore barese, che riporta la sua terra di origine nella personale espressione artistica. Non è però sempre scontato che avvenga. Cosa l’ha spinto verso questa direzione?
Beh, di certo il fatto che sono fortemente legato alla mia Città e alla sua affascinante storia e tradizioni. Quindi, ho cercato – oltre alle finalità predette – di farla rivivere, di stimolarne la memoria su un oggetto di valore come il quadro che, se non distrutto, è destinato a lasciare un segno evidente di ciò che è stato per l’eternità.
Cuore, pesce, gufo, sole e luna sono dei leitmotiv nelle sue opere. Cosa simboleggiano?
Tutte queste figure per me simboleggiano ciò che stiamo perdendo: l’Amore. Il cuore è il sentimento; il pesce rimanda al mare e quindi raffigura le mie radici; il sole è il calore del Sud e la luna – come il gufo – è per antonomasia il sogno, come le dicevo per me fondamentale. D’altronde io mi definisco “un animale notturno” (ride, ndr) e molte mie opere, infatti, richiamano questa preferenza. Penso, ad esempio, alla tela su cui ho scritto “La magia della notte illumina i tuoi sogni…e le stelle ascolteranno i tuoi desideri”.
In merito ai suoi ultimissimi lavori, invece, ho notato un cambio di rotta drastico a livello cromatico. Come mai?
Sì, hai ragione. Gli ultimi quadri che ho realizzato sono più monocromatici, anche se c’è questo cielo notturno che predomina. Sono più geometrici del solito perché riprendono un po’ anche il lato del post moderno che adoro. Li ho modificati in maniera più essenziale, utilizzando forti toni di grigio e ocra, ma mantenendo sempre qualche tocco di colore brillante che mi contraddistingue.
Come lo vede il futuro della pittura in Puglia?
Guarda, quando ho iniziato io a dipingere esistevano le mostre mercato a cui partecipavano un gran numero di giovani artisti pugliesi. Intorno a noi quasi nessuno conosceva cosa fosse un quadro e poco alla volta abbiamo portato la gente a capire, grazie ai mercanti e ai galleristi dell’epoca che organizzavano incontri all’aperto per il pubblico riscuotendo un successo straordinario. Avevamo anche una vera Fiera del Levante con padiglione dedicato all’Arte – lontanissimo da quello che è diventato ora – e c’era anche l’Expo Arte. Con questo voglio dire che Bari era molto sensibile alla questione artistica, ma nel tempo si è perso tutto e attualmente non si riesce più a coinvolgere la popolazione, perché purtroppo l’ideale comune è che la Cultura è l’ultimo dei problemi. In più c’è da considerare che oggi si fa arte digitale, ci sono gli NFT ecc, quindi la tecnologia ha cambiato la nostra società, però il mestiere del pittore tradizionale non morirà, me lo sento. Sono fiducioso ed ottimista!