Il continente è caratterizzato da un’ampia disponibilità di risorse minerarie, ma anche di potenziali risorse verdi: idroelettrico per i grandi fiumi, fotovoltaico nelle ampie zone desertiche, eolico e anche geotermico
di Angelo Ferrari
AGI – L’Africa è un grande serbatoio di risorse energetiche, ma non ancora un mercato “interessante” per chi vende energia. Gi investimenti in infrastrutture non sono ancora adeguati e molta parte del continente rimane al buio. Ecco perché occorre trovare un bilanciamento. Il continente africano è caratterizzato da un’ampia disponibilità di risorse minerarie, ma anche di potenziali risorse verdi: idroelettrico per i grandi fiumi, fotovoltaico nelle ampie zone desertiche, eolico e anche geotermico.
La grande disponibilità di risorse rinnovabili, se ben valorizzata politicamente può mitigare la competizione tra l’esigenza di vendere energia e quella di usarla per il proprio sviluppo. C’è da aspettarsi che i paesi africani cercheranno di farsela pagare, l’energia, sempre di più e non disponendo delle competenze tecniche che ha l’occidente sviluppato, ma che diventeranno progressivamente meno esclusive, cercheranno dei partner con cui stabilire un rapporto sempre più equo.
Questo il patrimonio con il quale l’Africa si presenta alla Cop27 che si apre in Egitto il 6 novembre. E i riflettori, in quell’occasione, saranno puntati proprio sul continente africano, ancora centrale sia per lo sviluppo del mondo ricco sia per sé stesso. L’Africa ha un forte peso demografico, e lo avrà ancora di più nei decenni a venire, e per questo ha la necessità di avviare industrie, costruire infrastrutture, aumentare la sua capacità di produzione agricola. Gli africani, tuttavia, avanzano legittime richieste a quella parte di mondo che finora ha inquinato e che si è arricchita. L’Africa conta per il 3,8% del totale delle emissioni inquinanti a livello mondiale a fronte del 23% della Cina, del 19% degli Stati Uniti e del 13% dell’Unione europea.
Il continente, però, ha almeno 600 milioni di persone che non hanno accesso alla corrente elettrica. All’Africa si chiede di non gravare sul surriscaldamento globale e nello stesso tempo il mondo occidentale fa leva sulle risorse africane per mettere in atto la propria rivoluzione verde. Con questo schema l’Africa rimane un serbatoio di risorse e non un mercato. Il paradigma deve cambiare.
L’Africa, alla Cop27, spingerà su due punti fondamentali: il primo sono i finanziamenti, il secondo è il tempo. Harsen Nyambe, direttore dell’ambiente sostenibile presso la Commissione dell’Unione africana, ha osservato che l’impegno preso dai paesi più ricchi tredici anni fa, durante la Cop15 di Copenaghen, di versare cento miliardi di dollari ogni anno per sostenere l’azione climatica dei paesi più poveri, non è mai stato pienamente rispettato. La media è stata di 70 miliardi. L’Africa, secondo un rapporto dell’Ocse, ha ricevuto il 26% del totale erogato. L’Asia ha ricevuto il 42% dei miliardi erogati.
L’altro fattore è il tempo. E qui il divario tra nord e sud del mondo resta sempre enorme. Nyambe, senza giri di parole, ha spiegato che l’Africa “deve avere il tempo necessario per la transizione e la trasformazione delle sue infrastrutture energetiche. Non possiamo trasformarci all’improvviso. Abbiamo bisogno di risorse, capacità, trasferimento tecnologico e finanziamenti per alimentare il nostro sviluppo”.
Durante l’Africa Oil week che si è svolto nel mese di ottobre a Città del Capo, in Sudafrica, la commissaria per le infrastrutture e l’energia dell’Unione Africana, Amani Abou-Zeid, ha spiegato che il continente dovrà utilizzare tutte le risorse energetiche senza distinzioni, perché ha bisogno di raggiungere il proprio sviluppo sociale ed economico, sottolineando che non “è questo il momento di fare gli schizzinosi”.
Secondo la commissaria della Ua, il continente africano potrebbe aver bisogno di triplicare o addirittura quadruplicare la sua produzione di elettricità per soddisfare le sue esigenze. Utilizzare tutte le fonti energetiche dell’Africa per ottenere l’accesso universale all’elettricità, significherebbe che il contributo del continente alle emissioni globali di gas serra non supererebbe, comunque, il 3,5%, sempre secondo l’Unione africana. Detta in altre parole: abbiamo bisogno di tempo. La Zeid spiega che l’Africa non è “una negazionista del clima, ma “non può essere vincolata a scadenze applicabili ad altre regioni. Le nostre risorse devono funzionare per noi”.
Le carte, però, negli ultimi mesi si sono sparigliate con la guerra in Ucraina. Una crisi, secondo alcuni osservati anche dell’Unione africana, che potrebbe diventare una opportunità e si sta già rivelando tale per tutti quegli stati produttori di gas naturale di cui il mondo ricco, oggi, ha bisogno più che mai. La crisi ucraina sta spingendo l’Europa a valorizzare le riserve di idrocarburi del continente. Secondo quanto riportato dal “The Guardian”, i leader dei paesi africani utilizzeranno la Cop27 per spingere verso nuovi e massicci investimenti nei combustibili fossili in Africa.
Il quotidiano inglese, inoltre, è venuto in possesso di un documento tecnico dell’Unione africana nel quale viene messo nero su bianco che nel “breve e medio termine, i combustibili fossili, in particolare il gas naturale, dovranno svolgere un ruolo cruciale nell’espansione dell’accesso all’energia moderna, oltre ad accelerare l’adozione di energie rinnovabili”. L’Africa continuerà a rimanere un serbatoio di fonti energetiche, ma ci vorranno ancora molti decenni prima che diventi un mercato interessante.