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La statua di San Nicola a Bari: interviene l’arch. Mirizzi del Comitato tecnico scientifico

di Giulia Reina

Intervista di Giulia Reina all’architetto Luigi M. Mirizzi, componente del Comitato tecnico scientifico per la realizzazione di una statua monumentale in onore di San Nicola/Santa Claus a Bari.

Luigi Mirizzi ha studio nella città Bari dove opera dal 1970 prevalentemente nel settore delle opere pubbliche Componente di commissioni di concorsi di architettura nazionali e internazionali è stato presidente della Sezione Italiana dell’Unione internazionale degli architetti (U.I.A.), Amministratore Unico dell’Istituto di Cultura Architettura, professore incaricato presso la Facoltà di Architettura di Bari,  presidente dell’Ordine degli Architetti di Bari  e dell’associazione Regionale Ingegneri e Architetti di Puglia, nonché Consigliere Segretario  del Consiglio Nazionale degli Architetti.

Perché ha accettato l’incarico dell’Associazione “Una statua per San Nicola” di far parte del Comitato tecnico-scientifico per la realizzazione a Bari di una statua monumentale di settanta metri in onore di San Nicola/Santa Claus?

dipinto dell’artista Nico Valerio

Da architetto ho sentito in dovere di dare un contributo per un intervento che deve essere il frutto di un confronto e di un dibattito aperto con e tra coloro che sono attenti e sensibili ai problemi urbanistici delle città.

La proposta di approfondire una idea visionaria mi ha particolarmente incuriosito. In un Paese come il nostro dove si è persa l’abitudine ad immaginare “oltre il quotidiano”, legando le riflessioni a contingenze immanenti, ritengo questa iniziativa un’opportunità diversa per confrontarsi sul tema della Città contemporanea e sui limiti progettuali che la Società contemporanea deve porsi nelle modificazioni del territorio costruito e non.

Il successivo dibattito che ne è scaturito ha fatto crescere la mia attenzione su quelle che sono state riflessioni embrionali, parte di quello che oggi verrebbe definito un “processo di democrazia partecipata”: la Città si è interrogata e si interrogherà (più o meno seriamente) sulla possibilità di realizzare un’opera fuori scala, di circa settanta metri, per celebrare il valore simbolico per la pace tra i popoli del suo Santo patrono e il nuovo ruolo di Bari nel Mediterraneo.

Guardando i bozzetti della statua monumentale che abbiamo esaminato, l’impatto urbanistico ed architettonico che ne deriverebbe sarebbe impensabile visto che le emergenze architettoniche della Città consolidata non raggiungono simili altezze.

Ricordo che la nostra Città non ha emergenze significative in termini di volumi edilizi ed è sempre stata refrattaria a confrontarsi con la verticalità, anche se ai margini del suo tessuto urbano. Sarebbe auspicabile, però, che si discuta di questa idea, liberamente e senza preconcetti. 

Lei, come consulente per il bando di gara per il concorso di idee creative, ha partecipato alla stesura del bando e alla selezione dei bozzetti. Che cosa avete cercato esattamente?

Occorre puntualizzare che a tutt’oggi nulla è definito e che il processo per ottenere in seguito dei risultati è solo agli inizi.

Al momento non vi è alcun progetto, ma solo ipotesi racchiuse nei bozzetti selezionati.

L’obiettivo era quello di individuare una proposta che rispondesse al quadro esigenziale alla base dell’iniziativa messa in campo. Occorrerà che il risultato di questa procedura possa contemperare in sé diverse esigenze da quelle celebrative, a quelle funzionali, da quelle ambientali a quelle economiche.

Il risultato dovrà poi essere oggetto di un dibattito pubblico per rendere la Città partecipe delle risultanze di questo processo creativo e sviluppare ulteriori riflessioni.

Il processo, che è stato attivato, è lungo e complesso.

Tadao Ando, un architetto di fama mondiale, in un recente editoriale ha affermato che “l’architettura è creata dalla razionalità dell’uomo ed è sostanzialmente un’entità concettuale e, ancor prima di essere realizzata per essere un’opera fisica, è oggetto di una miriade di vincoli: economici, tecnologici, normativi e temporali”.

Nel nostro caso le condizioni al contorno sono ancor più complesse perché occorre affrontare un tema che vuole coniugare architettura, religiosità, paesaggio, economia, tutte ricomprese in quadro normativo, come quello italiano, che rende la realizzazione di un intervento di questa fattispecie un’opera ardua e complessa.

Quanto l’Associazione intende fare costituisce l’oggetto di un’aspirazione ideale, ma l’utopia spesso è stata il motore d’avvio per l’innovazione.

Il concorso è stato una libera iniziativa dell’Associazione senza condizionamenti, che ha visto la partecipazione di persone di tutte le età e latitudini, con prodotti estremamente liberi nella tecnica e nella modalità di espressione. Oltretutto, date le finalità sociali e religiose, non ha previsto premi in denaro ma solo riconoscimenti e gratitudine della gente verso coloro che vi hanno partecipato.

Il concorso ha favorito la fattibilità dell’intervento e la condivisione con l’opinione pubblica. Solo in seguito, definite le finalità e gli indirizzi, si potranno attivare le altre fasi ben più complesse che dovranno coinvolgere più istituzioni pubbliche e private e procedere secondo i dettami normativi e tecnico architettonici nonché ingegneristici.

Sulla scorta della sua esperienza, crede che la costruzione di un monumento contemporaneo di grandi dimensioni dedicato al Santo di Myra e patrono di Bari potrà costituire un attrattore turistico-economico e un volano occupazionale per Bari e la Puglia?

Si vuole realizzare un’opera artistica e l’arte è diventata innegabilmente attrazione turistica e oggetto di consumo. Molti interventi di rigenerazioni urbane, attraverso la realizzazione di “manufatti simbolo” hanno visto accrescere la loro capacità attrattiva in ambito turistico nel panorama internazionale.

Oltre alla Statua, l’impegno dell’Associazione, che è estremamente importante per la città e direi anche per la Regione Puglia, è quello di poter ottenere il riconoscimento UNESCO, quali patrimonio dell’umanità, della Basilica di San Nicola e del Corteo storico annuale in onore del Santo, e di realizzare un parco tematico da dedicarsi al Santo.

Dall’altro canto un parco a tema, che ovviamente ora non fa parte dell’oggetto del concorso, e solo se correttamente e preventivamente studiato e valutato, anche sotto l’aspetto socio-economico, può diventare un attrattore turistico e volano occupazionale.

Il parco a tema potrà avere finalità ludiche, di socializzazione o di cultura o entrambe. Dipenderà da come sarà realizzato.

Essendo una iniziativa di carattere privatistico è importante che l’impegno a realizzare le opere risulti a costo zero per la Pubblica Amministrazione e che eventuali utili vengano devoluti ai soli fini sociali.

Non c’è il rischio di un impatto ambientale e urbano invasivo? Come fare ad assicurare che il progetto di statua sia di alto livello, armonico con la città, accattivante e originale?

Dobbiamo tuttavia riflettere su alcuni temi che sono da sempre di attualità. Ogni nuova architettura dovrebbe dialogare con il contesto nel quale è ubicata e rispondere con proficuo confronto con il paesaggio fisico, la cultura dei luoghi e la sua storia.

Tuttavia ciò non significa mettersi in subalternità e porsi sempre in conformità passiva con l’ambiente circostante in un atteggiamento di mimesi con il contesto.

Interventi audaci, apertamente in contraddizione con il loro contesto possono generare nuove interpretazioni della Città. Sul tema dell’impatto ambientale mi piacerebbe reintervenire.

Basti pensare alla Piramide progettata dall’architetto PEI realizzata nel cortile del Palazzo del Louvre, una fortezza del XII secolo, più volte ampliata che a suo tempo suscitò polemiche e scandalo: una piramide in ferro e cristallo in un ambito storico artistico di estremo valore.

Ricordo il Centre Pompidou, opera dell’architetto Richard Rogers e dell’allora giovane Renzo Piano, realizzato a seguito della demolizione dei vecchi e storici mercati generali, quale avversa accoglienza abbia ricevuto, mentre oggi risulta essere uno degli interventi più celebrati della architettura contemporanea parigina, con il merito di aver contributo ad essere elemento propulsore della riqualificazione urbana di un’intera area.

Per rimanere ancora a Parigi, vorrei ricordare la grande perplessità che destò il progetto del Grande Arco della Defense, opera dell’architetto danese Otto von Spreckensel, risultato della stagione dei concorsi di architettura voluta dall’ allora presidente Jacques Chirac. L’ opera, altamente moderna, è posta sullo stesso asse stradale con l’arco di Trionfo in sua aperta contrapposizione.

Tutte opere vincitrici di concorso.

Opere criticate agli inizi ma che sono diventate simboli della Città contemporanea.

Personalmente credo che non siano solo le dimensioni, i colori, le forme, i materiali a decretare se un’opera sia di qualità o meno ma anche le emozioni e le sensazioni che l’opera suscita in chi la osserva.

Un’opera di architettura diventa proprietà per chi la guarda in quanto ci impossessiamo della sua immagine.

L’architettura è creata dalla razionalità dell’uomo ed è sostanzialmente un’entità concettuale e, ancor prima di essere realizzata per essere un’opera fisica, è oggetto di una miriade di vincoli: economici, tecnologici, normativi e temporali.

Qualsiasi manufatto (scultura o architettura che sia) che si inserisce in un contesto urbano o extra urbano modifica i luoghi: ma non possiamo e non dobbiamo aver paura di osare.

Ricordiamoci che è un diritto della generazione contemporanea essere espressione responsabile del proprio tempo.

E’ estremamente importante, nel dibattito sulle trasformazioni urbane e del paesaggio, riuscire a comprendere quale possa essere il limite sino al quale spingerci.

Che cosa risponde ai detrattori del progetto che parlano di “sfruttamento commerciale dell’immagine di San Nicola”, oppure di devozionismo neopagano?

Attualmente vi è solo una proposta al Comune di Bari che vuol far scaturire un dibattito il più ampio possibile, far nascere delle idee per concretizzarle in proposte concrete.

Da quello che mi risulta, il fine principale dell’Associazione è quello di celebrare ed esaltare la figura del Santo e rimarcare il forte attaccamento religioso della città, o meglio di tanti uomini e donne di comunità diverse, alla sua icona.

Vuole essere un atto di devozione per il culto di San Nicola, la cui diffusione potrà avere in seguito ancor di più un riverbero internazionale.

Probabilmente nessuno si sarebbe scandalizzato e opposto in maniera così dura se si fosse proposto, invece che una statua, un luogo fisico, un edificio o un vuoto urbano per celebrare il culto del Santo. E non è detto che le proposte concorsuali selezionate non possano andare in questa direzione.

La domanda, poi, sulla devozione neopagana andrebbe rivolta a esperti di speculazione teorica e di dottrina religiosa e non è detto che la risposta possa essere univoca.

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