Tra XI e XIII secolo l’economia silvo – pastorale cede il posto ad un nuovo trend di tipo boschivo, molto simile all’attività agricola in virtù della cura riservata nei confronti di alcune piante ed alberi specifici.
In primis, il castagno. Presente in una larga fascia dell’area climatica mediterranea, elogiato da Plinio e Galeno per le proprietà nutritive dei suoi frutti, nei secoli centrali del Medioevo, fu maggiormente coltivato e apprezzato non solo in Italia ma anche in alcune zone d’Europa e nell’area balcanica.
L’impianto e la manutenzione dei castagneti , trasmesse con la pratica o trascritte, divengono di primaria importanza: infatti, i frutti sostituivano il pane. Il castagno, risorsa prelibata per i ricchi e di primaria sussistenza per le comunità povere o di montagna, era chiamato “l’albero del pane” proprio per questo motivo.
Simbolo di civiltà, cultura e società, era protetto dagli Statuti delle comunità rurali. Preparate con grande cura e attenzione, ridotte in farina per realizzare alimenti di sussistenza o dolci, come gustose torte, le castagne erano apprezzate per la lunga conservazione, per la varietà e l’efficacia nel combattere la fame.
Le castagne si consumavano fresche o arrostite, lessate e fritte. Insaporite con succo d’arancia, potevano essere mangiate anche nel vino dolce, cotte in abbinamento alla carne porcina o nelle minestre di legumi, specialmente fagioli.