Il caso Qatargate, dopo aver alzato un polverone (e mezzo…), sembra dirigersi verso una conclusione inaspettata e, sicuramente, poco soddisfacente. A sorpresa, infatti, Antonio Panzeri, ex parlamentare europeo affiliato al Partito Democratico, è recentemente giunto ad un accordo sorprendentemente conveniente con le autorità giudiziarie belghe.
Procura belga tra strategia investigativa, calo di interesse o, semplicemente, altro
Pare che il politico affronterà una pena detentiva di appena dodici mesi circa, gran parte dei quali da trascorrere agli arresti domiciliari con un dispositivo elettronico al polso. In cambio, si dice, che abbia fornito alcuni nomi di soggetti coinvolti nello scandalo delle tangenti versate dal Qatar – si parla di personaggi che avrebbero avuto, comunque, ruoli abbastanza marginali nell’affare, come l’eurodeputato di scuola socialista Marc Tarabella -, mentre l’indagine sembra aver perso interesse nel risalire alle radici dei reati più importanti, probabilmente da ricercare con maggiore accuratezza, invece, tra i meandri degli organi decisionali che hanno avuto da sempre un impatto legislativo significativo sul “Vecchio Continente”, quali la Commissione europea e la Banca Centrale, piuttosto che nelle stanze parlamentari di Bruxelles.
A far pensare e ripensare è il fatto che i giudici belgi avevano persino rilevato chiari indizi di coinvolgimento di queste strutture e di molte loro figure amministrative, in particolare dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell, indicato dagli avvocati di Eva Kaili come il “negoziatore” principale nei rapporti con il Qatar.
Tuttavia, sembra che l’inchiesta della Procura belga abbia deciso di non perseguire ulteriormente questa strada ma di concentrarsi su altre piste. Solo che la condanna abbastanza “leggera” inflitta a Panzeri, ora, starebbe già sollevando non pochi sospetti sul fatto che si stia cercando di proteggere innanzitutto l’immagine istituzionale europea (oramai, comunque, più che compromessa), a scapito della verità e, soprattutto, della giustizia.
Fit for 55: e se i “pollici verdi” toccassero i grossi portafogli dei lobbisti?
Quando parliamo di “altre piste” che gli inquirenti avrebbero deciso di percorrere, non possiamo non riflettere sul fatto che, da tempo, l’UE sembra ormai essere (e – salvo “rivoluzionarie ristrutturazioni interne” che, per ora, difficilmente avverranno – così pare destinata a rimanere) un organismo internazionale in cui il lobbismo, sia di aziende che di nazioni straniere, riesce ad infiltrasi con relativa facilità. Le ultime discutibili posizioni assunte da Bruxelles in materia di tutela del patrimonio nazionale degli Stati membri, quindi, potrebbero anche essere state ipoteticamente influenzate persino dagli interessi di entità il cui peso finanziario è riconosciuto come più che considerevole.
Ad esempio, prendiamo in considerazione la controversa direttiva che impone gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici comunitari, con l’obiettivo di raggiungere ovunque la certificata “classe D” entro il 2030. Questa normativa, che ha già innescato il processo di svalutazione del 70% delle proprietà in tutta Italia, è parte dell’iniziativa ecosostenibile denominata “Fit for 55“, spinta con vigore sempre maggiore a partire dal 2019, esattamente poco prima che il Co.Vi.d./19 dilagasse.
Ma il fine della “Fit for 55”, cioè quello di fissare in Europa la ormai famosa neutralità climatica entro il 2050, sembra essere influenzato (e a breve, sotto, vedremo il perché) più dal portafoglio dei “soliti noti” gruppi finanziari che dai pollici verdi dei vari commissari europei che si susseguono con gli anni.
“Tutti nel letto di Lucia…” (ovvero, quando investire premia)
È risaputo che nel 2015 l’onnipresente (quando si parla di capitalizzazione) Bill Gates abbia fondato “Breakthrough Energy“, un’associazione globale di investitori – di cui fanno parte BlackRock, George Soros, Jeff Bezos, Mark Zuckerberg e altri ancora – la cui filosofia è stata quella di finanziare massicciamente il settore “verde”. E che – nel 2021 – sia stata proprio l’Unione Europea a incaricare BlackRock Investment Management di condurre uno studio (o un resoconto?) sull’integrazione tra gli obiettivi socio-ambientali e i risultati raggiunti dalle varie strategie governative. Un’assegnazione “contrattuale” che sarebbe stata ottenuta senza alcuna gara d’appalto pubblica e che potrebbe aver consentito a BlackRock di “suggerire” scelte a favore dei propri interessi finanziari – viceversa sarebbe solo una formidabile casualità il fatto che un soggetto finanziario, che nel mercato italiano delle case ha investito da tempo svariate risorse (cioè BlackRock), fornisca questo tipo di “servizi“ ad un organismo istituzionale come l’UE e che, sempre per mera coincidenza, nel giro di due anni si verifichi una repentina svalutazione del nostro reparto immobiliare, fortuitamente proprio in nome del “green” -.
Volendo anche credere al fato o alle congiunzioni astrali, il fondo americano avrebbe potuto direttamente “spingere” l’Unione Europea a promuovere queste politiche “green”? Difficile da dirsi.
Ma pare che, dai registri sulla trasparenza parlamentare europea, risulterebbero cifre d’incasso pari a circa 1 milione di euro annui, elargite dagli statunitensi a Bruxelles a titolo di “lobbying“. Soldi che, essendo versati tra gli “investimenti a lungo termine” di “finanza sostenibile”, potrebbero finire con l’aiutare probabilmente anche il comparto degli edifici da sottoporre a transizione energetica. Un’attività lobbistica legale e registrata, occorre dirlo. A cui si potrebbero affiancare parallelamente delle schegge di “sommerso“, di che entità (bisognerebbe domandarsi)?
Se il “fenomeno Qatargate” avrebbe potuto essere quella scintilla, caduta nel posto giusto e al momento giusto, per accendere definitivamente le torce sulla probabile corruzione presente all’interno di una parte delle istituzioni comunitarie, pare che occorra attendere il prossimo scandalo, visto che la Procura belga sembra aver scelto decisamente un approccio diverso al momento.
Ma, vista l’aria che tira, forse non ci sarà da aspettare a lungo…
Fonti online:
ByoBlu (testata giornalistica ed emittente televisiva nazionale; articolo di Michele Crudelini del 18 gennaio 2023), Cronache di, TGCOM24, Rai News, L’Opinione, sito istituzionale del Consiglio europeo, LifeGate, AP News, CNBC, Wikipedia, Breakthrough Energy, Investinitalyrealestate.com, sito istituzionale dell’UE (sezione Registro per la trasparenza), Il Caffè Geopolitico.
Canali YouTube: Euronews (in Italiano), Corriere della Sera, European Commission.
Antonio Quarta
Redazione Corriere di Puglia e Lucania