Le gote rosee e il grembiulino bianco stridono con il nero delle tenaglie strette nei teneri palmi di san Simonino, infante vittima di torture, raffigurato da Giovan Pietro da Cemmo verso la fine del XV secolo nella chiesa di Santa Maria Annunciata di Bienno (provincia di Trento). San Simonino è generalmente dipinto così, cristallizzato nell’eterna fanciullezza, vestito con l’inconfondibile grembiule bianco e con coltello e tenaglie, strumenti del suo martirio, ben stretti nelle mani.
Il suo culto è di origine medievale ed è frutto delle persecuzioni e dei pregiudizi nutriti verso gli ebrei, vittime di maldicenze e congetture infamanti come lo spregio dell’ostia sacra o la presunta tendenza a cibarsi di bambini o torturarli. Tra questi, secondo una fosca leggenda trentina, Simone, fanciullo morto annegato nelle acque di un fossato nel 1475.
Si narra che a ritrovare il corpo del bambino fu Samuele da Norimberga , un ebreo molto autorevole a Trento, il quale, solo per la sua confessione religiosa, fu subito accusato d’aver torturato e ucciso Simone. Condannato a sua volta a supplizi e sevizie, Samuele confessò il presunto delitto, morendo poco dopo a causa delle percosse.
La vicenda, diffusa in tutta la zona, scatenò l’ira dell’opinione pubblica contro la comunità ebraica trentina, soggetta a feroci persecuzioni e roghi indiscriminati.
Simone, invece, fu proclamato santo, diventando il protettore dei bambini, simbolo della persecuzioni e delle sofferenze inflitte agli ebrei.
Bibliografia e immagini:
C. Frugoni, Paure medievali. Epidemie, prodigi, fine del tempo, Il Mulino, 2020