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“La Storia nascosta” degli Uhlfelder, il libro sulla famiglia ebraica berlinese a Bari durante la persecuzione

27 GENNAIO 2023 – Il miglior modo per celebrare la Giornata della Memoria l’ha offerto il Caffè du monde di Boccia, il quale ha organizzato nella sua saletta intima ed essenziale la presentazione del volume “La Storia nascosta” (ed. Gelsorosso, 2015).

Questo libro incarna la rara possibilità in cui, per opera del destino, la memoria bussa inaspettatamente alla porta, riesumando dal passato della propria infanzia una storia celata per settant’anni dietro una fredda lapide marmorea nel Cimitero di Bari. È quello che è successo all’autore, Pasquale B. Trizio, studioso di storia moderna e contemporanea e ricercatore di storia del Commercio Marittimo e della navigazione. Con la curiosità tipica di un bambino, l’entusiasmo e l’eccitazione mista ad ansia per un lavoro di ricerca che pian piano si traduce quasi in una ossessione irrefrenabile e con la maturità di un uomo forgiato di sentimenti profondi e di coraggio, Trizio è riuscito a portare alla luce e a riscostruire le vicende di una prestigiosa famiglia ebraica berlinese, trasferitasi a Bari negli anni della persecuzione nazista. Tutto merito di una destrezza e una profondità d’indagine di chi sa di dover guardare al passato per comprendere meglio il presente e agire diversamente in futuro.

Mentre rovistava tra i documenti istituzionali della Regia Questura di Bari, riguardanti un argomento di tutt’altro interesse, l’autore si imbatté per pura casualità nell’elenco di tutti gli ebrei stranieri residenti in Puglia (circa una ventina) e il suo occhio venne catturato da un nome che subito gli risultò noto: lo aveva letto molte volte, sin dalla sua fanciullezza, in quanto apposto su una lapide situata proprio accanto a quella dei suoi genitori. “Mi sentii immediatamente parte della storia” – ha raccontato durante l’incontro – “Era una fortuita coincidenza che non ho potuto ignorare, che mi provocava impetuose emozioni e che ero certo mi avrebbe condotto a una scoperta incredibile”.

Poi attraverso l’Archivio di Bari, Roma e dell’Aquila, i Municipi di Norimberga e Monaco di Baviera e infine quello statunitense di YIVO, oltre che mediante fonti dirette di lontani parenti, Trizio scoprì che il protagonista della storia è Berthold Uhlfelder (1880-1946), un affermato avvocato bavarese nato a Norimberga, laureatosi presso l’Università di Wurzburg e diventato Justizrat – Consigliere di Corte d’Appello – a Berlino nel 1928, dove incontrò l’amore della sua vita, Helena. Nel momento in cui le prime malvage manifestazioni del nazismo si abbatterono in Germania sulla popolazione di razza ebraica, con l’abrogazione dell’uguaglianza legale degli ebrei come cittadini e con la conseguente esclusione dei medesimi dalle funzioni pubbliche come dalla vita culturale e dalle professioni, Berthold ed Helena, insieme al loro giovane figlio Fritz, in seguito alla Notte dei cristalli fuggirono dal loro Paese – vendendo ogni bene – per recarsi in Italia a Bari nel ’36 e iniziare una nuova esistenza.

Arrivata nel capoluogo pugliese, dove vi rimarrà per un decennio, la famiglia Uhlfelder venne accolta in una residenza presso Villa Romanazzi Carducci e Berthold – non potendo esercitare neanche in Italia l’avvocatura – decise di sostenere il figlio nell’attività commerciale del mercato dell’automobile (via Brigata Regina, 96 – oggi Parrocchia Santa Maria del Monte Carmelo). Ma il sopraggiungere delle sprezzanti leggi razziali nel ‘38, emanate dal regime fascista ad imitazione dell’alleato tedesco, e la conseguente deflagrazione della seconda guerra mondiale, lo costrinsero inizialmente alla reclusione nel campo di concentramento di Campagna (SA) lontano da sua moglie e poi a ricongiungersi con lei per un lungo periodo di internamento negli sperduti paesini abruzzesi di Alfedena e Ateleta. Fu il periodo più drammatico per loro, in quanto subirono le conseguenze che erano riusciti ad evitare in Germania, ossia umiliazioni, privazioni, vessazioni e condizioni di vita disagevoli, fino a quando l’8 settembre del 1943 venne proclamato l’armistizio e gli internati furono sfollati dapprima a L’Aquila e l’anno dopo liberati. Berthold ed Helena fecero ritorno subito a Bari, cercando di recuperare i beni che avevano dovuto lasciare (tappeti, porcellane, argenteria, mobilia e cause giuridiche) e trasferendosi in un modesto appartamentino in via Dalmazia.

La loro nuova abitazione costituisce un’altra strana coincidenza, in quanto proprio sulla stessa strada a pochi civici di distanza vi aveva riseduto da bambino Pasquale Trizio. “Ho assaporato la sensazione angosciosa di essere stato prescelto dal destino per narrare questo rivolo di storia sconosciuta”, ha affermato ancora incredulo prima di avviare con il videoproiettore il cortometraggio realizzato dal regista Michele Giannini, il quale ripercorre tutte le tappe che hanno portato alla nascita del libro.

Accostando immagini d’epoca e documenti ufficiali comprovanti la ricerca condotta con pazienza e tenacia, insieme a voci intense e musiche delicate, la storia è come se avesse preso davvero vita e fosse giunta a lasciare un piccolo ma sentito segno in ognuno dei presenti al Caffè.

Conclude il corto, l’incontro di presentazione ma soprattutto la vita stessa di Uhlfelder la poesia d’amore dedicata poco prima di morire nel ‘46 a sua moglie, che rappresenta non solo un vero e proprio manifesto della tragedia vissuta dagli ebrei in tutta Europa negli anni della persecuzione nazifascista, ma anche – se non principalmente – un testamento morale rivolto ai giovani di ogni razza“…talmente forte che i nostri figli, i nostri nipoti, possano ascoltare, e prendere in eredità, e tramandarla come un grande tesoro, la piccola canzone del nostro Grande amore”.

I fiumi di ricordi lontani, annebbiati dal tempo ma vividissimi dell’autore aiutano oggi a compiere un’ulteriore riflessione: sulla lapide di Berthold, sia il nome che il luogo di nascita sono scritti in tedesco, non è apposta alcuna fotografia del suo volto e non c’è un vaso per i fiori perché gli ebrei depongono al loro posto le pietre, simbolo del legame e della memoria attraverso la continuità delle generazioni, della trasmissione della tradizione, da padre in figlio e del perdurare di essa oltre la morte. È come se il nostro protagonista avesse voluto in tutti i modi possibili rimarcare orgogliosamente la sua origine germanica e la sua appartenenza alla religione ebraica, sopperendo all’impossibilità di essere sepolto in un cimitero per ebrei.

Purtroppo il tempismo non fu dalla sua parte, in quanto il cimitero venne costruito soltanto qualche anno dopo la sua scomparsa – sebbene la terra fosse già stata donata e destinata a quel fine – ma se non riposasse lì vicino alla tomba di Michele Trizio, padre dello scrittore, Pasquale non avrebbe mai potuto risalire a una tanto profonda e toccante storia di vita da monito nel presente e ai posteri. Ed è grazie a questi racconti che la Giornata della memoria avrà per sempre modo di essere onorata come merita.

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